IV Domenica

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IV Domenica (Mt 5,1-12°) "Beati i poveri in spirito" Le Beatitudini, primo discorso di evangelizzazione di Gesù, sono come una Sua nascosta biografia interiore, un ritratto della sua figura che attira 

 

In questa quarta domenica del Tempo Ordinario, il Vangelo presenta il primo grande discorso che il Signore rivolge alla gente, sulle dolci colline intorno al Lago di Galilea. «Vedendo le folle – scrive san Matteo –, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro» (Mt 5,1-2). Gesù, nuovo Mosè, «prende posto sulla "cattedra" della montagna» (Gesù di Nazaret, Milano 2007, p. 88) e proclama «beati» i poveri in spirito, gli afflitti, i misericordiosi, quanti hanno fame della giustizia, i puri di cuore, i perseguitati (cfr Mt 5,3-10). Non si tratta di una nuova ideologia, ma di un insegnamento che viene dall'alto e tocca la condizione umana, proprio quella che il Signore, incarnandosi, ha voluto assumere, per salvarla. Perciò, «il Discorso della montagna è diretto a tutto il mondo, nel presente e nel futuro … e può essere compreso e vissuto solo nella sequela di Gesù, nel camminare con Lui» (Gesù di Nazaret, p. 92). Egli, che non ha dove posare il capo (Mt 8,20), è il vero povero; Egli che può dire di sé: venite a me perché sono mite e umile di cuore (Mt 11,29), è il vero mite; è il vero puro di cuore e per questo contempla senza interruzione Dio. È l'operatore di pace, è Colui che soffre per amore di Dio: nelle Beatitudini si manifesta il mistero di Cristo stesso, ed esse ci chiamano alla comunione con Lui. Comunione con Lui sacramentalmente presente e operante. Le Beatitudini sono un nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri. Quando, infatti, Dio consola, sazia la fame di giustizia, asciuga le lacrime degli afflitti, significa che, oltre a ricompensare ciascuno in modo sensibile, apre il Regno dei Cieli. «Le Beatitudini sono la trasposizione della croce e della risurrezione nell'esistenza dei discepoli» (ibid., p. 97). Esse rispecchiano la vita del Figlio di Dio che si lascia perseguitare, disprezzare fino alla condanna a morte, affinché agli uomini sia donata la salvezza. Esse indicano la strada anche alla Chiesa, che in esse deve riconoscere il suo modello, indicazioni per la sequela che interessano ogni fedele, benché in modo diverso a seconda della molteplicità delle vocazioni.

Qualche volta le Beatitudini vengono presentate come l'antitesi neotestamentaria al Decalogo, come, per così dire, l'etica più elevata dei cristiani nei confronti dei comandamenti dell'Antico Testamento. Questa interpretazione fraintende completamente il senso delle parole di Gesù. Gesù ha sempre dato per scontata la validità del Decalogo (Mc 1019; Lc16,17); il Discorso della Montagna riprende i comandamenti della Seconda tavola e li approfondisce, non li abolisce (Mt 5,21-48); ciò si opporrebbe diametralmente al principio fondamentale premesso a questo discorso del Decalogo; "Non pensate che io sia venuto per abolire la Legge i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla Legge neppure uno iota o un segno, senza che tutto sia compiuto" (Mt 5,17s). Gesù non pensa di abolire il Decalogo, al contrario: lo rafforza. I dieci comandamenti sono solo un'esposizione delle vie dell'amore e li leggiamo correttamente solo se li sillabiamo insieme con Gesù Cristo cioè con le Beatitudini.

Afferma un antico eremita: «Le Beatitudini sono doni di Dio, e dobbiamo rendergli grandi grazie per esse e per le ricompense che ne derivano, cioè il Regno dei Cieli nel secolo futuro, la consolazione già qui in terra nella sua attesa, la pienezza di ogni bene e misericordia da parte di Dio … una volta che si sia divenuti con le Beatitudini immagine umana del Cristo, di Dio sulla terra» (Pietro di Damasco, in Filocalia, vol. 3, Torino 1985, p. 79). Il Vangelo delle Beatitudini si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana, perché – come scrive san Paolo – «quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono» (1 Cor 1,27-28). Per questo la Chiesa non teme la povertà, il disprezzo, la persecuzione in una società spesso attratta dal benessere materiale e dal potere mondano. Sant'Agostino ci ricorda che «non giova soffrire questi mali, ma sopportarli per il nome di Gesù, non solo con animo sereno, ma anche con gioia» (De sermone Domini in monte, I, 5,13: CCL 35, 13).

Cari fratelli e sorelle, invochiamo la Vergine Maria, la Beata per eccellenza, chiedendo la forza di cercare il Signore (cfr Sof 2,3) e di seguirlo sempre, con gioia, sulla via delle Beatitudini.

 

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