1º gennaio

 

L'odierna liturgia contempla, come in un mosaico, diversi fatti e realtà messianiche, ma l'attenzione si concentra particolarmente su Maria, Madre di Dio, su Gesù, Figlio del Padre, e per la natura umana nato "da una donna" mostrando come questa donna sia inserita nelle relazioni trinitarie.

Otto giorni dopo la nascita verginale di Gesù, ricordiamo, nella celebrazione liturgica, la Madre, la Theotòkos, colei che "ha dato alla luce il Re che governa il cielo e la terra per i secoli in eterno (Antifona d'ingresso). La liturgia medita oggi sul Verbo fatto uomo, e ripete che è nato dalla Vergine. Riflette sulla circoncisione di Gesù come rito di aggregazione alla comunità ebraica, e contempla Dio che ha dato il suo Unigenito Figlio come capo del "nuovo popolo" per mezzo di Maria. Ricorda il nome dato al Messia, e lo ascolta pronunciato con tenera dolcezza da sua Madre. Invoca per il mondo la pace, oggi Giornata mondiale dipreghiera per la pace, la pace di Cristo nel suo perdono, e lo fa attraverso Maria, mediatrice e cooperatrice di Cristo (Lumen gentium, 60-61).

Nella liturgia di oggi grandeggia la figura di Maria, vera madre di Gesù, Uomo-Dio. L'odierna solennità non celebra pertanto un'idea astratta, bensì un mistero cioè un evento storio divino-umano così concreto anche nelle apparizioni riconosciute o presunte: Gesù Cristo, persona divina, come il Credo apostolico ci ricorda, è nato da Maria Vergine, la quale è, nel senso più vero, sua madre attraverso la natura umana. Oltre alla maternità oggi viene messa in evidenza l'origine divina non da uomo cioè la verginità di Maria nel concepimento e nel parto. Si tratta di due prerogative che vengono sempre proclamate insieme ed in maniera indissociabile, perché si integrano e si qualificano vicendevolmente. Maria è Madre, madre vergine; Maria è vergine, ma vergine madre. Se si tralascia l'uno e l'altro aspetto non si comprende appieno il mistero di Maria cioè le fonti originarie della nostra fede, come i Vangeli ce le presentano. Madre di Cristo Maria è anche Madre della Chiesa, come san Paolo VI volle proclamare il 21 novembre del 1964, durante il Concilio Vaticano II. E il primo gennaio del 1967 la proclamò Madre spirituale dell'intera umanità istituendo la Giornata mondiale di preghiera per la pace, perché per tutti Gesù ha dato il suo sangue sulla Croce e attualizza sacramentalmente il suo sacrificio in ogni Messa, e tutti dalla Croce ha affidato alle sue materne cure.

La prima lettura è stata scelta per abbinare la Madre di Dio con il primo giorno dell'anno. Mosè, per incarico di Dio, consegna ai sacerdoti ebrei la formula con cui dovranno benedire il loro popolo, ministero che continua anche oggi nel ministero sacerdotale. "Benedire" vuol dire istituire una relazione favorevole con Dio.

Leggiamo nel testo: "Così porranno il mio nome sugli israeliti e io li benedirò". La relazione con Dio è la sorgente di ogni bene, quindi è una benedizione. È sorgente di prosperità, fecondità e felicità.

La formula di benedizione ripete tre volte il nome del Signore. Nel testo ebraico abbiamo il none di YHWH, rivelato da Dio a Mosè, che gli ebrei non pronunciano per rispetto profondo e sostituiscono con il termine "Adonai", che significa "Signore" cioè datore di ogni bene.     

La benedizione consiste nell'imporre il nome del Signore sulle persone, in modo che avvenga una relazione personale tra loro e Dio.

"Il Signore ti benedica e ti protegga" Qui il nome del Signore viene menzionato per la prima volta.

"Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio". Qui viene pronunciato per la seconda volta il nome del Signore, a cui si chiede di far "brillare il suo volto", cioè di mostrarsi benevolo anche verso gli uomini colpevoli.

"Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda la pace". Per la terza volta viene invocato il nome del Signore.

Il fatto che il nome di Dio venga menzionato tre volte indica l'intensità e la forza della benedizione del vescovo, del sacerdote.

L'ultima parola della benedizione è "pace". In ebraico il termine shalom (pace) non significa soltanto un'assenza di guerra, ma più profondamente prosperità, buon andamento di tutte le cose.

All'inizio di questo nuovo anno preghiamo anche noi per la pace a rischio per la crescita delle armi nucleari e per le tensioni sociali nel mondo.

Chi ci porta la pace è Gesù salvatore, il "Principe della pace". E san Paolo, nella seconda lettura, parla di Gesù come della "nostra pace" (Ef 2,14), di Gesù nato verginalmente "da una donna", inserita nelle relazioni trinitarie. "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli" Paolo ci presenta qui una sintesi del progetto di Dio, che si realizza nel mistero del Natale che stiamo celebrando. La nostra figliolanza divina è testimoniata dal fatto che "Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre". Il dono dello Spirito nel nostro cuore. In una presunta apparizione del 25 dicembre: "E, in questo tempo, vi chiedo confessione, santa comunione … E, siate obbedienti a quello che vi dico: non accostatevi ai sacramenti senza aver fatto la confessione".

Maria è inserita nelle relazioni trinitarie: ha concepito verginalmente Gesù per opera dello Spirito Santo, in un atteggiamento di docilità filiale verso il Padre e di amore materno verso il Figlio.

Sempre nella presunta apparizione: "Molti, troppi, dei miei figli si sono lasciati travolgere dal maligno; ma Noi, con il vostro aiuto, con le vostre preghiere, offrendo le vostre sofferenze, assieme ce la faremo. Abbiate fiducia, non sarà breve, ma ce la faremo".

 

II Domenica dopo Natale (Gv 1,18) "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi"

Ecco, con il Vangelo natalizio secondo Giovanni, la novità inaudita e umanamente inconcepibile: "Il Verbo (il Figlio del Padre nello Spirito Santo) si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14°). Non è una figura retorica, ma un'esperienza vissuta! A riferirla, per ispirazione dello Spirito santo, è Giovanni, testimone oculare: "Noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e verità" (Gv 1,14b). Non la parola dotta di un rabbino o di un dottore della legge, ma la testimonianza appassionata di un umile pescatore, attratto giovane da Gesù di Nazareth, nei tre anni di vita comune con Lui e con gli altri apostoli ne sperimentò l'amore – tanto da definirsi "il discepolo che Gesù amava" -, lo vide morire in croce e apparire risorto, e ricevette poi con gli altri il suo Spirito. Da tutta questa esperienza, meditata a lungo nel suo cuore. Giovanni trasse un'intima certezza: Gesù è la sapienza di Dio incarnata, è la sua parola eterna fattasi uomo, volto umano mortale. Per un vero Israelita, che conosce le Scritture, questo non è un controsenso, anzi, è il compimento di tutta l'antica Alleanza, l'antica storia di Amore: in Gesù Cristo giunge a pienezza il mistero di un Dio che parla agli uomini come ad amici, che si rivela a Mosè nella Legge, ai sapienti e ai profeti.  Conoscendo Gesù, stando con Lui, ascoltando la sua predicazione, poggiando il suo capo sul petto nell'ultima cena e vedendo i segni che Egli compiva, i discepoli hanno riconosciuto che in Lui si realizzavano tutte le Scritture. Ogni uomo e ogni donna ha bisogno di trovare un senso profondo per la propria esistenza. E per questo non bastano i libri pur utili, nemmeno le Sacre Scritture. Il Bambino di Betlemme ci rivela e ci comunica il vero "volto" di Dio buono e fedele, che ci ama con un amore, peccatori pentiti, più grande di ogni peccato e non ci abbandona nemmeno nella morte. La prima ad aprire il cuore e a contemplare "il Verbo che si fece carne" verginalmente è stata Maria, la VERGINE Madre di Gesù. Un'umile ragazza quindicenne di galilea è diventata così la "sede della Sapienza"! Come l'apostolo Giovanni, ognuno di noi è invitato ad "accoglierla con sé" (Gv 19,27)., per conoscere profondamente Gesù e sperimentare l'amore fedele e inesauribile.

 

 

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