Domenica XVII°
Cristo non è sceso dalla Croce per ottenere il perdono dei suoi crocifissori e quindi senza misura la disponibilità ad accogliere il peccatore pentito ma guai ai sacerdoti, ai genitori e ai catechisti che lo presentano disponibile a giustificare il peccato di non partecipare alla Messa della domenica
Il Vangelo di questa domenica si chiude con un monito di Gesù particolarmente severo, rivolto ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: "A voi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato ad un popolo che ne produca i frutti" (Mt 2143). Sono parole che fanno pensare alle grandi responsabilità di chi, in ogni epoca, è chiamato a lavorare nella vigna del Signore, specialmente con ruolo di autorità come noi sacerdoti, genitori, educatori e ci spingono a rinnovare la piena fedeltà a Cristo che attualizza tutta la sua vita, in particolare la sua Croce attualizzandola nel sacrificio dell'Eucaristia almeno domenicale.
E penso che il Signore mi chieda di annunciarvi il dogma di quello che stiamo celebrando come san Tommaso lo ha esposto sotto forma di poesia nel Lauda Sion del Corpus Domini. Ecco alcuni passaggi di questo celebre cantico che ci ricordano cos'è per noi la Messa almeno di ogni domenica cioè Lui che non è disceso dalla Croce come crocefisso per amore, Lui Figlio di Dio lo poteva, ma per togliere i nostri peccati. Quindi quanto è severo con i sacerdoti, i genitori i catechisti che non richiamano la gravità del peccato di non partecipare alla Messa almeno ogni domenica.
Sion, loda il Salvatore, la tua Guida, il tuo Pastore, chiunque ci guida con autorità, con inni e cantici.
Le parole costituiscono il primo verso del Lauda Sion. È l'espansione del cuore di un vero sacerdote, avvolto dalla grazia mistica di incanto verso il Santissimo sacramento, che chiede a Sion, cioè, al popolo eletto dal Nuovo Testamento, che convenendo inizi con la Messa a lodare il Salvatore. Tommaso, il più grande teologo della storia della Chiesa – "il più saggio dei santi, e il più santo dei saggi" – era un così fervoroso devoto di Gesù Eucaristico che nelle ore in cui sentiva la difficoltà nei suoi studi, poneva la testa davanti al tabernacolo, procurando di essere illuminato da Dio stesso, e lì rimaneva finché non avesse trovato la soluzione.
"La Santa messa è il dono più prezioso e più gradevole, anche se non sensibilmente, che possiamo offrire alla Santissima Trinità; vale più del cielo e della terra; vale Dio stesso" (Il Santo Curato d'Ars).
Egli continua ad esortare i fedeli a "lodare la guida e il pastore con inni e cantici". Ma come lodare in modo adeguato questa Santo sacramento? Come lodare in modo sufficiente Dio stesso? È il sacramento più elevato e sostanzioso di tutti, poiché in esso è presente, si fa attuale tutta la vita terrena dell'Uomo-Dio, in Corpo, in Sangue, in Anima e Divinità. Non vi sono parole, non vi sono gesti, non vi è nulla che possa essere offerto degno di Lui.
Per questo motivo san Tommaso pare quasi gemere nel dire. "Impegna con la volontà tutto il tuo fervore: egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno".
E spiega sia il compito che ha ricevuto dal papa Adriano IV per comporre il cantico del Corpus Domini: "Pane vivo, che dà vita: questo è il tema del tuo canto, oggetto della lode".
"Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena. Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito", convenendo a Messa.
Il santo si preoccupa di incentivare nella nostra anima una lode, la più perfetta di cui siamo capaci, affinché possiamo avvicinarci al Santissimo sacramento nella Comunione adorando Gesù, che si trova realmente dietro il "velo" del pane e del vino.
Perché celebriamo il giorno solenne che ci ricorda l'istituzione di questo banchetto?
"E il banchetto del nuovo re, Nuova Pasqua, Nuova Legge; e l'antico è giunto al termine". Il rito della Chiesa Apostolica Romana, attuale in questa Messa, aveva posto fine a quello dell'Antica Legge, che era una prefigurazione di esso. Perciò completa San Tommaso: Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra".
Sì, una volta venuto al mondo colui che era simbolizzato, non ha più alcun senso celebrare il simbolo. Il culto della Sinagoga nell'Antico testamento era rivoto all'attesa del Salvatore, e ed i suoi riti lo simbolizzavano. Nel Nuovo rito, oggi nella celebrazione Eucaristica, Nostro signore Gesù Cristo in persona si immola. Ora, essendo qui presente colui che è simbolizzato, perché il simbolo come le letture dell'Antico testamento, perché ricordare il simbolo? Qual è il senso dell'immolare un agnello? Il rito nuovo rifiuta quello vecchio… "Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo, lo rendiamo attuale per noi venendo a Messa".
Qui San Tommaso ricorda le parole di Gesù nella cena del Giovedì Santo. "Fate questo in memoria di me", che risentiamo alla consacrazione.
"Obbedienti al suo comando, consacriamo, attraverso il sacerdote che agisce in sua persona, il pane e il vino, ostia, sacrificio di salvezza".
San Tommaso, sacerdote, poteva dire con molta proprietà, "obbedienti al suo comando". È un riferimento al sacramento dell'ordine, che conferisce a colui che lo riceve la grande gloria di poter dare in prestito la propria laringe e le proprie mani rendendo visibile il Divino Maestro invisibile. Affinché sull'altare si operi il più grande dei miracoli – e il più frequente di essi – della Storia dell'umanità: la transustanziazione. Cioè, la sostanza del pane e del vino cede il posto alla sostanza del Corpo, del Sangue, dell'Anima e della Divinità di Nostro Signore.
È dogma cioè verità di fede per i cattolici che il pane si converte nella carne e il vino nel sangue del salvatore, sacramentalmente quindi come sacrificio.
"Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura". Realmente, attraverso la nostra intelligenza non potremmo mai arrivare a penetrare questo mistero così sacro cioè divino. E neppure i demoni, che nonostante decaduti sono di natura e intelligenza angelica, e pertanto superiore alla nostra, riescono a discernere nelle apparenze del pane e del vino presente l'Uomo- Dio, Crocefisso- Risorto. Soltanto la fede ci fa penetrare in questo mistero sacro cioè divino.
"È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi" San Tommaso insiste nella consapevolezza che i "veli" del vino e del pane nascondo realtà divine. "Mangi carne, bevi sangue: ma rimane Cristo intero in ciascuna specie." Questa è una realtà di Fede, che la Teologia, il Catechismo ci spiega. Guardando il vino e l'ostia consacrati, potremmo essere portati a immaginare che la carne sta soltanto nell'eucaristia pane, e il vino soltanto nell'eucaristia vino. Tuttavia, la dottrina ci dice e la nostra Fede lo assimila che il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità di Cristo si trovano pienamente tanto nell'ostia quanto nel vino consacrati distintamente per rendere presente sacramentalmente il sacrificio.
"Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve".
Un'altra delle impressioni erronee che possono pervadere un'anima è questa: nel vedere il ministro dividendo un'ostia si può pensare che Nostro Signore non sia più intero on ciascuna delle parti. Non è vero; da un misterioso sacro, divino, Nostro signore Gesù Cristo si trova in modo integrale in tutte le frazioni e i pezzettini visibili.
"La Santa Comunione è l'ultima grazia di amore, ed in esso Gesù Cristo si unisce in modo spirituale e veramente al fedele, per produrre la perfezione della sua Vita, della Sua Croce e della Sua Santità".
"Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato".
Un'altra verità di Fede: se un milione di persone comunicassero allo stesso tempo, come già accaduto in alcune Messe presiedute dal santo Padre nei suoi viaggi per il mondo, tutti riceveranno uno soltanto e lo stesso Gesù, senza qualsiasi frazione del suo Corpo, del suo Sangue, della sua Anima e della sua Divinità. Tutti lo ricevono per intero. Ed ecco ancora un mistero: nel ricevere in bocca adorando, possibilmente in ginocchio, Nostro Signore Gesù Cristo, non possiamo consumarLo, poiché quando si disfanno le specie sacre nel nostro organismo, Egli lascia il nostro corpo senza toccarlo, santificando la nostra anima e concedendoci vigore persino nella salute del corpo.
"Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l'esito".
Colui che si comunica in stato di grazia, riceve un influsso di vita e forza spirituale e persino corporale. Tuttavia, poveri coloro che si avvicinano a questo Saramento in stato di peccato mortale". L'odore della morte si impadronisce ancor più dell'anima e dell'organismo stesso. Quanta cura dobbiamo avere al fine di non avvicinarci all'eucaristia senza essere completamente preparati. Cerchiamo prima il confessionale, che si trova a nostra disposizione, sappiamo inginocchiarci con umiltà e chiediamo perdono dei nostri errori.
"Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell'intero. È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona".
San Tommaso riprende ciò che aveva già insegnato prima. Per solidificare nelle anime la dottrina cattolica riguardo l'Eucaristia.
"Ecco il pane degli angeli, pane di noi pellegrini".
Il santo ricorda in queste frasi che il sacramento dell'Altare è la realizzazione di antichi segni: "Vero pane dei figli: non deve essere gettato. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell'agnello della Pasqua annuale, nella manna data ai padri.
Le ultime strofe lodano il Buon pastore che ci nutre e ci custodisce, e ci fa futuramente partecipi del Banchetto celeste. In questo passaggio finale, tetso e melodia si uniscono n una somma bellezza, di irresistibile dolcezza.
"Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni ella terra dei viventi". "Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi. Amen".
Termino ricordando mia mamma, una contadina che aveva fatto solo fino alla terza elementare, ma sapeva a memoria il Piccolo catechismo di san Pio X mi ha spiegato questo e il parroco mi ha fatto la comunione a sei anni, con il servizio della Messa. A 86 anni è il ricordo più bello.
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