La Parola di Dio nella vita dei pastori
La Parola di Dio nella vita e nell’amore dei pastori
“Naturalmente la Bibbia, nella sua integralità, è una cosa grandissima e da scoprire mano a mano. Perché se prendiamo solo le singole parti spesso può essere difficile capire che si tratta di Parola di Dio (fino al suo oggi): penso a certe parti dei Libri dei Re con le cronistorie, con lo sterminio dei popoli esistenti in Terra Santa. Molte altre cose sono difficili. Anche proprio il Qoelet può essere isolato e può risultare molto difficile: sembra proprio teorizzare la disperazione perché niente rimane e anche il saggio alla fine muore con gli stolti. Un primo punto (perché accada oggi per me, per noi Dio che mi, ci parla) mi sembra proprio quello di leggere la Sacra Scrittura nella sua unità e integralità. Le singole parti sono di un cammino e solo vedendole nella loro integralità come un cammino unico, dove una parte spiega l’altra, possiamo capire questo. Rimaniamo per esempio nel Quoelet. Vi era in precedenza la parola della saggezza secondo cui chi è buono vive anche bene. Cioè Dio premia chi è buono. E poi viene Giobbe e si vede che non è così e che proprio chi vive bene soffre di più. Sembra proprio dimenticato da Dio. Vengono i salmi di quel periodo dove si dice: ma che cosa fai Dio? Gli atei, i superbi vivono bene, sono grassi, si nutrono bene e ridono di noi e dicono: ma dov’è Dio? Non si interessa a noi e noi siamo venduti come pecore da macello. Che cosa fai con noi, perché è così? Arriva il momento dove il Qoelet dice: ma tutta questa saggezza alla fine dove rimane? E’ un Libro esistenzialista, in cui si afferma: tutto è vano. Questo primo cammino non perde il suo valore, ma si apre alla nuova prospettiva che, alla fine, guida alla croce di Cristo, “il Santo di Dio”, come dice san Pietro nel capitolo sesto del Vangelo di Giovanni. Finisce con la Croce. E proprio così si dimostra la saggezza di Dio, che poi ci descriverà San Paolo.
E quindi, solo se prendiamo tutto come un unico cammino, passo dopo passo, e impariamo a leggere la Scrittura nella sua unità, possiamo anche realmente trovare l’accesso alla bellezza e alla ricchezza della Sacra Scrittura. Leggere quindi tutto, ma sempre tener presente la totalità della Sacra Scrittura, dove una parte spiega l’altra, un passo del cammino spiega l’altro. Su questo punto l’esegesi moderna può anche aiutare molto. Prendiamo, per esempio, il Libro di Isaia, quando gli esegeti scoprirono che dal capitolo 40 l’autore è un altro – il “Deutero – Isaia”, come si disse in quel tempo. Per la teologia cattolica vi fu un momento di grande terrore. Qualcuno pensò che così si distruggeva Isaia e alla fine, nel capitolo 53, la visione del servo di Dio non era più dell’Isaia che era vissuto 800 anni prima di Cristo. Che cosa facciamo, ci si domandò? Adesso abbiamo capito che tutto il Libro è un cammino di sempre nuove riletture, dove sempre più si entra nel mistero proposto all’inizio e si apre sempre più quanto era inizialmente presente, ma ancora chiuso. Possiamo capire proprio in un Libro tutto il cammino della Sacra Scrittura, che è un permanente rileggere, un ricapire meglio quanto è stato detto prima. Passo per passo la luce si accende e il cristiano può capire quanto il Signore ha detto ai discepoli di Emmaus, spiegando loro che tutti i profeti avevano parlato di Lui. Il Signore ci apre l’ultima rilettura, Cristo è la chiave di tutto e solo unendosi nel cammino ai discepoli di Emmaus, solo camminando con Cristo, rileggendo tutto nella sua luce, con Lui crocifisso e risorto, entriamo nella ricchezza e nella bellezza della Sacra Scrittura” (Incontro con i parroci di Roma 22 febbraio 2007).
L’esegesi moderna ha mostrato come le parole trasmesse nella Bibbia divengono Scrittura attraverso un processo di sempre nuove riletture. Chi osserva questo processo – certamente non lineare, spesso drammatico e tuttavia in progresso – a partire da Gesù Cristo può riconoscere che nell’insieme c’è una direzione fino al suo oggi della Parola di Dio, che l’Antico e il Nuovo Testamento sono intimamente collegati tra loro e con essi la viva tradizione di tutta la Chiesa e l’analogia della fede (le corrispondenze interiori della fede). Certo, l’ermeneutica cristologia, che in Gesù Cristo vede la chiave del tutto e, partendo da Lui, apprende a capire la Bibbia come unità, presuppone una scelta di fede e non può derivare dal puro metodo storico. Vedere, però, l’intima unità della Scrittura e capire così in modo nuovo anche i singoli tratti di strada non toglie loro la propria originalità storica da cogliere con il necessario metodo storico.
La Sacra Scrittura: una lettura nella luce di Cristo
“Il punto importante è non frammentare la Sacra Scrittura. Proprio la moderna critica ci ha fatto capire che è un cammino permanente. E possiamo anche vedere che è un cammino che ha una direzione e che Cristo realmente è il punto di arrivo. Cominciando da Cristo possiamo riprendere tutto il cammino ed entrare nella profondità della Parola.
La lettura della Sacra Scrittura deve essere sempre una lettura nella luce di Cristo. Solo così possiamo leggere a capire, anche nel nostro contesto attuale, la Sacra Scrittura e avere realmente luce (oggi) dalla Sacra Scrittura. Dobbiamo comprendere questo: la Sacra Scrittura è un cammino con una direzione. Chi conosce il punto di arrivo può anche, adesso di nuovo, fare tutti i passi e imparare così in modo più profondo il mistero di Cristo. Comprendendo questo abbiamo anche capito l’ecclesialità della Sacra Scrittura, perché questi cammini, questi passi del cammino, sono passi di un popolo. E’ il popolo di Dio che (in continuità dinamica) va avanti (fino a noi qui oggi).
Il vero proprietario della Parola è sempre il popolo di Dio, guidato (in continuità) dallo Spirito santo, e l’ispirazione è un processo complesso: lo Spirito santo guida avanti, il popolo riceve. E’, quindi, il cammino di un popolo, del popolo di Dio. Sempre la Sacra Scrittura va letta bene. Ma ciò può avvenire solo se camminiamo all’interno di questo soggetto che è il popolo di Dio che vive, è rinnovato, è rifondato da Cristo, ma rimane sempre nella sua identità Quindi, direi che vi sono tre dimensioni in rapporto tra loro. La dimensione storica, la dimensione cristologia e la dimensione ecclesiologica - del popolo in cammino – si compenetrano. Una lettura completa è quella in cui le tre dimensioni sono presenti. Perciò la liturgia – la lettura comune, orante, del popolo di Dio – rimane il luogo privilegiato per la comprensione della Parola (fino ad oggi qui e ora), anche perché proprio qui la lettura diventa preghiera e si unisce con la preghiera di Cristo nella Preghiera eucaristica.
(Incontro con i parroci di Roma 22 febbraio 2007).
Come hanno sottolineato i Padri, sant’Agostino in particolare, si dice: se tu hai capito poco, accetta, e non pensare di aver capito tutto. La Parola rimane sempre più grande di quanto tu hai potuto capire. E questo va detto in modo critico nei confronti di una certa parte dell’esegesi moderna, che pensa di aver capito tutto nell’analisi storico – critica della documentazione biblica della Parola di Dio e che perciò, dopo l’interpretazione da essa elaborata senza la continuità interpretativa della Tradizione, non si possa ormai dire null’altro di più. Questo non è vero.
La Parola è sempre più grande dell’esegesi dei Padri e dell’attuale esegesi critica, perché questa capisce solo una parte, anzi una parte minima. La Parola è sempre più grande, questa è la nostra consolazione. E da una parte è bello sapere di avere capito soltanto un po’.
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