Devozione

Pur in modalità diverse Sant’Oddone di Cluny e il santo curato d’Ars ci dicono come essere cristiani

“Merita particolare menzione la “devozione” al Corpo e al Sangue di Cristo che Oddone, di fronte a una estesa trascuratezza da lui vivacemente deplorata, coltivò sempre con convinzione. Era infatti fermamente convinto della presenza reale, sotto le specie eucaristiche, del Corpo e del Sangue del Signore ( cioè del Crocifisso risorto), in virtù della conversione “sostanziale” del pane e del vino. Scriveva: “Dio, il Creatore di tutto, ha preso il pane, dicendo che era il suo Corpo e che lo avrebbe offerto per il mondo e ha distribuito il vino, chiamandolo suo Sangue”; ora, “è legge di natura che avvenga il mutamento secondo il comando del Creatore”, ed ecco, pertanto, che “subito la natura muta la sua condizione solita: senza indugio il pane diventa carne, e il vino diventa sangue”; all’ordine del Signore “la sostanza si muta”. Purtroppo, annota il nostro abate, questo “sacrosanto mistero del Corpo del Signore, nel quale consiste tutta la salvezza del mondo”, è negligentemente celebrato. “I sacerdoti, egli avverte, che accedono all’altare indegnamente, macchiano il pane, cioè il Corpo di Cristo”: Solo chi è unito spiritualmente a Cristo può partecipare degnamente al suo Corpo eucaristico: in caso contrario, mangiare la sua carne e bere il suo sangue non sarebbe di giovamento, ma di condanna. Tutto questo ci invita a credere con nuova forza e profondità la verità della presenza del Signore. La presenza del Creatore tra noi, che si consegna nelle nostre mani e ci trasforma come trasforma il pane e il vino trasforma il mondo”(Benedetto XVI, Udienza Generale, 2 settembre 2009).

In un passo di un sermone in onore di Maria di Magdala l’abate di Cluny ci rivela come egli concepiva l’adorazione eucaristica e quindi la vita monastica: “Maria che, seduta ai piedi del Signore, con spirito attento ascoltava la sua parola, è il simbolo della dolcezza della vita contemplativa, il cui sapore quanto più è gustato, tanto maggiormente induce l’animo a distaccarsi dalle cose visibili e dai tumulti della preoccupazione del mondo”. E’ una concezione che Oddone conferma e sviluppa negli altri suoi scritti, dai quali traspaiono l’amore alla interiorità, una visione del mondo come di realtà fragile e precaria da cui sradicarsi, una costante inclinazione al distacco dalle cose avvertite come fonti di inquietudine, un’acuta sensibilità del male nelle varie categorie degli uomini, un’intima aspirazione escatologica. Questa visione del mondo può apparire abbastanza lontana dalla nostra, tuttavia è una concezione che, vedendo la fragilità del mondo, valorizza la vita interiore aperta al farsi dono del proprio essere, all’amore del prossimo, e proprio così trasforma l’esistenza e apre il mondo alla luce di Dio.

Pur nella diversità dalla modalità benedettina di Oddone in quella del devozionismo ottocentesco che pur storico contingente ci ha dato tanti santi innamorati di Cristo e del prossimo anche il Curato d’Ars esortava “Venite alla comunione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per poter vivere con Lui”...Tale educazione dei fedeli alla presenza eucaristica e alla comunione acquistava un’efficacia particolarissima, quando i fedeli vedevano celebrare il Santo Sacrificio della Messa. Chi assisteva diceva che “non era possibile trovare una figura che meglio esprimesse l’adorazione…Contemplava l’Ostia amorosamente”. “Tutte le buone opere riunite non equivalgono il sacrificio della Messa”…Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fervore della vita di un prete: “La causa della rilassatezza del sacerdote è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio, come è da compiangere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria” (Benedetto XVI, Lettera per l’Anno Sacerdotale). Pur diversi nella modalità sant’Oddone di Cluny e il santo Curato d’Ars erano convinti che il regno di Dio è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge.

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