Non è un caso che a giungere per primi alla grotta furono i pastori, solo dopo e molto più tardi, due anni, i saggi Magi

Joseph Ratzinger BENEDETTO XVI in "per Amore" da pag. 46 a pag. 49

"Quel che ha mirabilmente creato, Dio l'ha "ancor più mirabilmente rinnovato". Come avviene questo rinnovamento dell'uomo che tutti oggi reclamano, per quanto contrastanti siano le diverse prospettive? Papa Leone Magno ha evidenziato soprattutto la grandiosità di questo rinnovamento. La Lettura e il Vangelo ci orientano nelle, medesima direzione. Dio, che già nella creazione ha compiuto l'audace passo di porre qualcosa fuori di sé, di porre in essere creature dotate esse stesse di spirito e libertà, compie ora un passo ulteriore, ancora più grande: egli supera il fossato che separa Creatore e creatura: diviene creatura egli stesso. E la creatura diventa Dio. Il sogno originario dell'uomo si compie: uscire da sé, superare ogni limite, essere a tu per tu con Dio, sprofondare nel mare del divino. Dobbiamo di nuovo riflettere su questa grandezza, di più, su ciò che è assolutamente entusiasmante dell'avvenimento del Natale. Il cristianesimo non è un circolo per signore, non è intrattenimento per il tempo libero, un'associazione di beneficenza o un programma politico alternativo. È qualcosa di più. Dio ci ha interpellato. Dio ci vuole. Se tralasciamo questo, il nostro cristianesimo diviene troppo modesto e l'umano troppo piccolo. La causa di tutte le disperazioni del presente in fin dei conti sta nel fatto che ci siamo disabituati anche soltanto a pensare Dio, e tanto meno a considerarlo come realtà. Ma quel che resta è troppo poco. Si può rispondere solo con la rivolta, con il grido al totalmente altro, pur sempre, però, comunque indirizzato al vuoto. Il sollevare lo sguardo a Dio, che gli uomini di oggi sembra cosa tanto inutile, non può essere eliminato dal Natale, non può essere eliminato dalla nostra vita.

"Mirabilmente rinnovati". Questo rinnovamento è mirabile anche in un altro senso per noi, perché è completamente diverso dalla nostra idea di rinnovamento. Dio non ha creato un mondo utopico che in anticipo ci toglie il peso dell'essere uomini. Egli si è rivolto a noi, egli ci ama. Egli si consegna a noi diventando bambino. Che significa? Significa che Dio si appella alla nostra umiltà, alla nostra semplicità, al nostro amore. Proprio questo bambino la Lettura di oggi ci dice che è irradiazione della glori di Dio e impronta della sua sostanza. "Sostiene tutto con la sua parola potente" (Eb 1,3). Senza questo ritorno alla semplicità, all'umiltà, alla fiducia, alla bontà, alla fede, non c'è accesso a Dio. Se vogliano diventare come lui, se vogliamo redenzione, dobbiamo assumere come misura quel bambino. Non è un caso che a giungere per primi alla grotta furono i pastori, solo dopo e molto più tardi (due anni) i saggi Magi, e per niente fatto il re, i dotti, i "sapienti". Senza un'ultima disponibilità alla semplicità di cuore, al "sì" che si china e ama, non c'è redenzione. Da qui dovrebbe derivare il nostro grande rispetto per tutti i semplici e i poveri di questo mondo. Sono più vicini a Dio dei potenti, dei colti dei "sapienti".

E così emerge un'ultima cosa. Nella liturgia del Natale ritorna di continuo la parola "tutti": "Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio" (Sal 98,3). I Padri della Chiesa ne hanno dato un'interpretazione molto profonda. Dicono: Dio è diventato uomo, dunque, solo se entriamo in quello che è comune a tutti della natura umana, ci troviamo dove divino e umano si toccano. Ciò significa che posso avere Cristo solo se desidero avere al comunione con tutti gli uomini. Non posso averlo contro gli altri. Posso incontrarlo solo se non mi rinchiudo in me stesso ma mi muovo verso il fondamento comune. Posso averlo solo se diventa autenticamente uomo. E posso essere autenticamente uomo solo se accolgo quel che è comune a tutti gli uomini. Per questo la Chiesa è parte della fede e non un'aggiunta esterna in più. Per questo il mistero di Cristo è  "cattolico" nel senso più profondo, vale a dire è mistero onnicomprensivo. Per questo fa parte dell'essere cristiani l'accettazione assolutamente concreta dell'altro, il rifiuto di ogni orgoglio razionale e di ogni odio di classe. Per questo la colletta promossa da "Adveniat" non è appiccicata alla festa del Natale, magari per sfruttare un'atmosfera di particolare commozione; una cosa di questo genere – andare incontro agli altri, non solo a parole o con i sentimenti, ma con il nostro agire – è richiesta, invece, dalla natura stessa della festa del Natale. E per questo oggi vi prego di cuore di dare questo segno reale della nostra fraternità, del nostro "sì" a Cristo: "Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio" (Sal 98,3).

Ritorniamo ancora per un momento al senso della goccia d'acqua nel vino eucaristico (nel calice con il vino viene versata una piccola goccia d'acqua)! Essa rappresenta il fatto che l'uomo e Dio diventano una sola cosa in Cristo. Essa è però anche un'indicazione molto concreta per questo giorno: lasciamoci semplicemente sprofondare nell'abisso di Dio, tuffiamoci nel vino del suo amore! Questo dovrebbe essere il Natale: di libertà che si lascia cadere dentro un suo messaggio, che si lascia pervadere dalla grazia di questa festa, e così trova la "grazia" e la "verità" (Gv 1,14.17) che ci dà "vita" (Gv 1,4).

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