La mia storia con questi Papi, Pio XII, PaoloVI, Giovanni Paolo II, Giovanni Paolo I, Benedetto XVI

La mia storia con questi Papi: Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI

25.03.2024 in una registrazione

 

Uno dei momenti più belli è il rapporto con questi papi: Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI.

Comincio da Pio XII. Io ero un ragazzo di 14 anni, facevo parte della GIAC (A1) di Azione Cattolica e, l'attenzione, l'amore al Papa, al dolce Cristo in terra, era al di sopra di tutto.

Io abitavo a Cavalcaselle e lì, un gruppo di giovani di Azione Cattolica avevano organizzato il viaggio a Roma. Ma proprio come pellegrinaggio al dolce Cristo in terra, nel 1948. Io avevo 14 anni. Siamo partiti con un camion, con balle di paglia come sedili, e a Bologna abbiamo ricevuto insulti, eccetera, perché andavamo dal Papa. Ma noi, forti, proprio per arrivare a Roma. E lì è stato l'incontro più bello con il Papa, che io ho vissuto anche quasi idolatrando la figura del papa. Ma allora la vedevo con fede: era Cristo che parlava attraverso il suo vicario, successore di Pietro. Praticamente, con Pio XII, ho vissuto dopo la gioia dell'Assunta: la proclamazione dogmatica che Maria è Assunta in cielo. E poi tutte le encicliche, fino al 1958.

Nel 1958 io ho avuto un'esperienza che mi ha cambiato un po' la figura del papa.

Il Patriarca di Venezia Roncalli era venuto a Verona per concludere il Congresso Eucaristico. E naturalmente l'hanno ospitato in seminario. Io facevo seconda teologia e mi hanno detto: fa servizio di accoglienza del cardinale. La sera prima della conclusione del Congresso Eucaristico 1958, lungo corso Porta Nuova, quella sera mi dice: ma tu, hai fatto sacramentaria in teologia? Sì dico. Ah, bene allora! Ma, dice: sai che io non ho preparato l'omelia. E io dico: c'è tutta la notte. Eh caro! Alla notte io dormo, non faccio mica la scrittura delle omelie. E io sono rimasto [sorpreso]. E allora, tu mi devi preparare l'omelia, due foglietti, però non dirlo a nessuno. Guarda che ti obbligo eh! E io mi sono messo lì e ho passato tutta la notte a preparare l'omelia di due foglietti. E al pomeriggio lui ha fatto l'omelia, ha ricevuto le congratulazioni per l'omelia.

Dopo, nel 1960, quando siamo stati ordinati preti Carraro (2) ha voluto portarci a Castel Gandolfo a visitare il papa [Giovanni XXIII]. Eravamo in 12 consacrati preti. E lì eravamo nella stanzetta in attesa del papa. Il papa entra e, con il dito puntato verso di me: ma sapete chi mi ha preparato quell'omelia di cui mi hanno battuto le mani. Quello lì! Tutti sono rimasti perché io non l'avevo detto neanche al vescovo che avrei preparato l'omelia. E dice: ha copiato tutto da Romano Guardini. Io sono rimasto anche un po' umiliato di questa dicitura perché ho attinto da Romano Guardini, ma l'ho fatta io. Comunque, da lì ho capito che il papa è veramente vicario di Cristo, successore di Pietro, ma non perché lo idolatriamo. L'idolatria del papa non è cattolica. E comunque è stato veramente un momento particolare della mia vita per mettere la Chiesa, la fede prima del Papa.

Un altro momento è avvenuto perché mia sorella era sposata a Campodolcino, in Val Chiavenna [Sondrio], e mio cognato era comandante di Stazione [carabinieri] dove Montini (3) veniva già dall'Alpe Motta con la funivia. E quando la funivia veniva giùmio cognato andava a prenderlo e mia sorella preparava il caffè. E io ho fatto amicizia con l'allora monsignor Montini, non era neanche cardinale. E lì monsignor Montini voleva sapere come a Verona mi insegnano la morale. E stavamo anche delle ore, in cui era interessato a questo e, praticamente, io veramente rispondevo con fedeltà. E lì ho fatto amicizia con l'allora monsignor Montini che poi è divenuto Paolo VI.

Lui ha mantenuto questo [rapporto con me], fino al punto che quando doveva pubblicare l'Humanaevitae, che non era accettata dai vescovi belgi, olandesi, soprattutto dal vescovo Sunens , che era suo amico,

(1) Riferito a "Gioventù Italiana di Azione Cattolica" (GIAC).

2 Da intendersi Monsignor Giuseppe Carraro, vescovo di Verona dal 1958 al 1978.

3 Monsignor Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini, futuro papa Paolo VI.

e che ha scartato per la pubblicazione dell'Humanaevitae. Proprio Montini, Paolo VI, mi ha chiamato a Roma e mi ha letto l'Humanae vitae. Pensate che onore che ho potuto avere. E poi tante altre occasioni con Paolo VI. [Fino a] quando lui ha fatto il discorso finale, [23 giugno 1978, ultimo discorso di papa Paolo VI, prima della morte, avvenuta il 06.08.1978] che poi, dopo un mese lui è morto. Ma, nel frattempo, ho avuto un'altra occasione.

Nel 1974 Carraro ha voluto che io lo accompagni a Roma per la riunione di tutti i vescovi su un tema molto importante: l'evangelizzazione del mondo contemporaneo. E la relazione introduttiva l'ha fatta il cardinale Wojtyla (5). Era lì con la sua amica, la Wanda Półtawska, con la quale ha scritto diverse lettere, che io poi, alla morte, ho fatto pubblicare, 260, dal mio paese, Cavalcaselle, e iniziavano così: "Carissima sorellina, il tuo amore, cardinale Wojtyla".

E lì ho capito una cosa che a me è successa quando a 15 anni sono stato ammalato di tubercolosi. Il dottor Pasoli non ha voluto che io andassi in sanatorio perché diceva: non saresti ritornato in seminario. E lui invece mi ha curato a casa. E quindi a casa, il mio bicchiere, il mio piatto, era proprio una cosa di solitudine. E, anche in chiesa, il mio banco. Io suonavo l'armonium e nessuno veniva a voltarmi le pagine della musica. E per me era una difficoltà che non ci fosse. Ma una ragazza ha avuto questo coraggio e veniva a voltarmi le pagine. Si chiamava Maria Fratucello. E naturalmente da questo servizio è nata un'affettività verso di lei. E quindi, in un momento tutto particolare, mi sono permesso un abbraccio. E lei mi ha detto no. Perché tu sei per la vita verginale e quindi questo non lo devi fare; ci scriviamo delle lettere, anche se in seminario era proibito lettere con le ragazze. Comunque la cosa più bella è stata il giorno della mia vestizione clericale. Allora buttavano via la giacca e, praticamente, facevano indossare la veste. E io ho vissuto quel momento. E lei, quella sera della mia vestizione mi ha scritto una lettera dicendo: guarda che fra due mesi anch'io entro in noviziato. E si è fatta suora. È ancora vivente, è qui, ha due anni più di me, quindi 92, io 90. Ma per dirvi, anche questa esperienza è stata stupenda. E lì, con la situazione di Paolo VI è venuto Giovanni Paolo I.

Giovanni Paolo I, da vescovo di Vittorio Veneto, e anche da cardinale di Venezia, veniva a Ferrara di Monte Baldo, qui a Verona, per dirigere gli incontro con i teologi e anche qui ho fatto un'amicizia enorme, tant'è vero che nel mese che è stato papa io l'ho visto più di una volta. Ed è stato anche il momento più bello... Per esempio, sull'Humanaevitae lui non era d'accordo perché approvava la pillola Pincus. E perciò, quando è uscita l'Humanaevitae, lui era a Spiazzi di Monte Baldo con Guzzetti, che era contrario, con Valsecchi, che era favorevole, col cardinale… di cui adesso non mi ricordo il nome, che era favorevole. Praticamente venerdì sera erano andati via, la enciclica era uscita il sabato, io l'avevo già letta perché Montini mi aveva chiamato per leggerla (pensate che onore. Praticamente io ho avuto la gioia di poter veramente partecipare a tutta la discussione che è avvenuta a quel tempo), e Giovanni Paolo I, da vescovo è passato con tutti i sacerdoti a cui aveva detto la liceità della pillola per dire no. Ma io, che l'avevo letta il sabato notte, alla domenica c'erano 32 medici qui a Spiazzi di Verona, col dottor Pretto, e la maggior parte erano favorevoli alla Pincus. E io ho detto: chi non è disponibile ad accogliere le indicazioni dell'enciclica, non può fare questa mattina la comunione. Pensate che coraggio in quei momenti particolari. E nessuno ha contestato. È stato bellissimo.

Poi, alla morte di Paolo VI io ho vissuto la successione, con Giovanni Paolo I, in una maniera stupenda. Ma dopo è avvenuto che, nel 1975, a 10 anni dalla chiusura del Concilio, hanno pensato a Wojtyla come successore[?], e quindi è diventato Giovanni Paolo II.

(6) E io ho avuto un rapporto bellissimo anche con Giovanni Paolo II. Ma qui è maturato anche un altro rapporto. Nel 1960 monsignor Carraro aveva pensato di elaborare un programma per lo Studio Teologico.

4 Verosimilmente riferito al vescovo belga Leo Suenens. 

5 Cardinale Karol Wojtyła, futuro papa Giovanni Paolo II.

6 Ordine cronologico: Vaticano II chiuso il 08.12.1965 (decennale 1975); Paolo VI deceduto il 06.08.1978; Giovanni Paolo I eletto pontefice il

teologico, incentrato in Cristo ma con il fondamento biblico e dogmatico. Lì era successo, già con Paolo VI, che non era d'accordo con la Dei Verbum (7), che diceva costitutiva la Bibbia ma non parlava di costitutiva la Tradizione. E quindi a Verona c'era discussione, e allora lui mi ha detto, va dal tuo Colombo [Carlo Colombo], presso il quale io mi sono laureato, e fatti spiegare. Sono andato a Venegono e Colombo mi dice: "Sai chi c'è qui? C'è il professor Ratzinger." E io avevo un brutto nome, dicevo: quel tedescone, duro, perché era immaginato così. "Vedrai" dice. Bene, sono stato due ore dove mi ha spiegato tutto il Concilio. E mi ha detto: "Don Gino, non metterti contro i biblisti, ti distruggono! Piuttosto, cerca questa soluzione: la Bibbia è costitutiva ontologicamente, la Tradizione lo è solo conoscitivamente". E difatti io, con questo sistemache oggi non accetto, sono diventato direttore dello Studio Teologico. Nel 1978 ho elaborato la ratio con la centralità di Cristo e, momento biblico, momento patristico, momento dogmatico, cioè, la tradizione viva della Chiesa. E lì è stato uno dei momenti più belli, dal '78 all'81. Quando però è successo che a Verona e a Roma hanno fatto il convegno i biblisti e avevano riproposto costitutiva la Bibbia ma non la Tradizione; con la sofferenza di Paolo VI.

Tante volte bisognerebbe conoscerle queste, anche per un giudizio che si dà dei papi. E bene, i biblisti anche a Verona hanno voluto fare quella cosa. E hanno chiesto al vescovo di dire: centralità Cristo, momento biblico, patristico, e solo sapienziale quello dogmatico ma non costitutivo. E io al vescovo ho detto:

ma questo non possiamo accettarlo.

E come devo fare?

Io non lo accetto.

E cosa fai?

Do le dimissioni. E ho dato le dimissioni.

Questa è stata la mia vicenda con tutti i papi, da Pio decimo secondo a Benedetto decimo sesto. (25.03.2024, in viaggio per Schio).

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