Una domanda legittima sulle rubriche del Messale relative all'elevazione

Don Enrico Finotti: "I tre aspettiindissociabili del Mistero eucaristico trovano nella elevazione, fatta con tutti i carismi assunti gradualmente nella storia secolare della tradizione liturgica, una forma rituale nobile e fruttuosa, che soddisferebbe la teologia, la liturgia e la spiritualità eucaristica" della Messa almeno di ogni domenica

Don Enrico Finotti da "Liturgia Romana nella sua continuità" da pagina 158 a pagina 161

Le rubriche del Messale relative all'elevazione sono attualmente molto sobrie: (Il sacerdote) … presenta al popolo l'ostia consacrata … presenta al popolo il calice …Come poter sostenere ancora il ritorno alla "grande elevazione" tradizionale?

Le rubriche effettivamente dicono semplicemente di "mostrare" o "presentare" i Doni consacrati. Tuttavia la cosa va approfondita:

a) Il Corpo e poi il calice con il Sangue di Cristo si mostrano certamente al popolo, ma non con un ordinario gesto funzionale, come fossero un oggetto o un simbolo da far brevemente vedere e poi subito deporre, drammatizzando quasi le espressioni "dato per voi" e "versato per voi". In realtà i santi Doni sono presentati all'assemblea affinché siano creduti e adorati. Suscitare una profonda adorazione e stimolare una personale invocazione interiore è lo scopo di questo "mostrare". Perciò laTradizione celebrativa della Chiesa ha creato una ritualità molto solenne intorno alla Consacrazione: la elevazione maestosa, l'indugio adorante, la genuflessione, il suono della campana, la moltiplicazione dei ceri e le volute salienti dell'incenso. Tutti questi segni configurano la presentazione al popolo delle Sacre Specie in un orizzonte simbolico e rituale cha va decisamente oltre il semplice scopo funzionale.

Questo complesso solenne e questo indugio contemplativo affermano, infatti, l'insufficienza di una presentazione furtiva, bassa e dimessa. Si pensi ad esempio con quanta cura e circospezione si mostrano al popolo certe importanti reliquie al popolo e con quanta solennità si circondano. Gestire questi momenti implica un forte senso di devozione e una spiccata capacità celebrativa, che i fedeli esigono dai sacerdoti quando presiedono tali riti. Ora, trattandosi della presenza sacramentale "vera, reale e sostanziale" dell'Uomo-Diosi evince come ciò si deve svolgere oltre ogni analogia. Quindi l'elevazione delle Specie in alto, con calma, solennità e dignità, nasce dall'interna partecipazione al Mistero della fede che è posto nelle nostre mani e dallo zelo pastorale del sacerdote che sente di dover suscitare, mediante tale gesto, l'adorazione nel cuore dei presenti. L'elevazionespinta molto in alto, quindi, non fu soltanto motivata dal dover mostrare le sacre Specie, dal momento che si celebrava col dorso al popolo, ma fu l'espressione di un trasporto mistico e interiore, che voleva dare la massima visibilità liturgica al Mistero dellaTransustanziazione o cambiamento della sostanza del pane nella Sostanza di Cristo crocefisso-risorto.

b) Vi è poi un secondo significato, che giustifica l'elevazione molto in alto, secondo il modo tradizionale ed è il movimento sacrificale ad Patrem. È vero che esplicitamente la liturgia richiede, mediante l'elevazione, di offrire ai fedeli la possibilità di adorare il Mistero; tuttavia, è altrettanto vero che, implicitamente, l'elevazione si presta ad esprimere bene anchequel moto saliente dal Sacrificio, che proprio nell'istante dellaConsacrazione si eleva alla Divina MaestàSiccome oggi si parla di crisi dell'aspetto sacrificale dell'Eucarestia e, teologicamente, si tende a unire il più possibile i tre aspetti indissolubili del Mistero -Presenza, Sacrificio e Comunione – sarebbe quanto mai conveniente che proprio nell'istante in cui il sacrificio si compie (nella Consacrazione) esso trovi anche una adeguata espressione rituale, come già l'elevazione esprimeva da secoli l'adorazione propria nel momento più vicino alla transustanziazione. E così i fedeli, non solo adorano il grande Mistero, ma offrono sé stessi in sacrificio in unione alla vittima divina, aiutati da quel salire in alto che ben si esprime nellelevazione.

Possiamo aggiungere che una esposizione adorante calma e degna potrebbe suscitare nel cuore dei fedeli anche quella Comunione spirituale che poi potrà essere sacramentale, ma che per molti e per diversi motivi sarà solo spirituale. In tal modo i tre aspetti indissolubili del Mistero eucaristico trovano nella elevazione, fatta consapevolmente con tutti i carismi assunti gradualmente nella storia secolare della tradizione liturgica, una forma rituale nobile e fruttuosa, che soddisferebbe lateologia, la liturgia e la spiritualità eucaristica per tutti i sacrifici dell'amore vocazionale al matrimonio e alla verginità.

c) L'elevazione conclusiva del per ipsum ha invece, un carattere del tutto diverso. Essa non è riservata all'adorazione del Mistero della transustanziazione, né ad esprimere l'atto del Sacrificio - realtà simultanee che si sono compiute nell'istante della Consacrazione – ma piuttosto a mettere in luce come la presenza della Vittima immolata sia il necessario tramite affinché anche l'offerta della Chiesa e dei singoli fedeli abbia accesso alla Divina Maestà soltanto per Cristo, con Cristo e in Cristo 

Non si tratta qui di ritualizzare liturgicamente il Mistero concomitante della reale Presenza e del Sacrificio, avvenuto nella Consacrazione – ciò che ha già fatto la grande duplice elevazione post-consacratoria – ma di ritualizzare la mediazione necessaria e unica dell'Agnello immolato e glorioso, presente e sacrificato sull'altare, quale unica via di accesso al Padre e unica causa di accettazione da parte del Padre del nostro sacrificio. In particolare nella elevazione al per ipsum lo sguardo delsacerdote non è propriamente sulle Sacre Specie, ma sopra di esse, rivolto ad Patrem. Le Specie in questo caso non sono termine immediato di adorazione, ma mezzo per un accesso ineffabile che va oltre, all'altare delcielo. Esse quindi devono consentire di fissare lo sguardo al cielo e per questo si tengono più in basso, a livello del volto. Possiamo così dire che,mentre nella grande elevazione (Consacrazione) il centro è Cristo-Capo, che resosi presente, riceve l'adorazione, e, immolato, si offre in sacrificio  al Padre; nella elevazione al per ipsum l'attenzione è alla Chiesa e ai singoli fedeli che, saldamente uniti alla Vittima gloriosa, sono elevati, in Lui, per Lui e con Lui, quale offerta santa al cospetto della Maestà Divina nei cieli. Infine, nell'ultima elevazione, prima fella Comunione, all'Ecce Agnus Dei, le Specie, portate all'altezza del volto, consentono di mirare umilmente per rinnovare quell'adorazione, che dispone immediatamente alla santa Comunione.

d) Pur senza indulgere a forme esasperate di rubricismo, si poterbberosuggerire diverse "altezze" nelel treelevazioni previste nel rito romano:
• A livello del petto: la duplice presentazione del pane e del vino nell'offertorio;
• In alto fin sopra il capo nel modo tradizionale: la duplice grande elevazione postconsacratoria, che è da ritenere la maggiore;
• A livello del volto le due altre elevazioni, quelal del Per ipsum e quella dell'Ecce Agnus Dei.

 

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