Giulia Cecchetin, l'educazione che serve 'riscoprire la famiglia e Dio'

Dopo l'omicidio di Giulia, molti invocano una nuova "educazione" di Stato nelle scuole. La classica toppa peggiore del buco. In realtà, a dispetto degli attacchi del mainstream, bisogna ripartire dalla famiglia e dai padri. E dal riferimento al Padre celeste.

Merco Lepore in "La Nuova Bussola" – 21 novembre 2023

L'omicidio efferato di Giulia Cecchettin ha scatenato una tempesta di commenti. È inevitabile: la macchina della comunicazione, oggi, è un apparato gigantesco e pervasivo che si nutre abbondantemente, quasi con malcelato compiacimento, di sensazionalismo. E una vicenda del genere, ovviamente, fa esplodere l'emotività.

 

Il dolore terribile per una simile tragedia, invece, avrebbe bisogno innanzitutto di silenzio e di rispetto. Già, il rispetto. Presso gli antichi Romani, il verbo latino "respicere", soprattutto nella sua forma imperativa, era usato per ammonire i superficiali e invitarli a prestare la dovuta attenzione, prima di esprimere giudizi. Invece, come al solito, la macchina dei media si è avventata sulla vicenda facendo emergere una volta di più, dietro il paravento della giusta condanna per un atroce delitto, il retropensiero dominante oggi nel mainstream, per il quale colpevole di ogni nefandezza è la famiglia tradizionale, definita "patriarcale", modello occidentale. Ergo, va eliminata.

 

Come se non bastasse, e a conferma della massima disistima per la capacità educativa delle famiglie, si moltiplicano i pulpiti dai quali si chiede di intervenire con una "educazione nelle scuole", attraverso una "educazione all'affettività" coniugata ad una "educazione al rispetto delle donne".

 

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, da parte sua, ha annunciato l'emanazione di un "Ddl antiviolenza e la realizzazione di una campagna di sensibilizzazione nelle scuole coinvolgendo i ministri delle Pari Opportunità e della Famiglia, della Cultura e dell'Istruzione, per promuovere una maggiore consapevolezza".

 

Ma siamo sicuri che sia utile caricare sulle spalle della scuola anche questo fardello? È sensato o ridicolo (chi lavora nella scuola sa bene la risposta…) ipotizzare che Giulia sarebbe viva se Filippo avesse fatto un corso a scuola anni fa? La verità è che, sulla scia di una emotività volutamente esasperata, si rischia di aprire la porta all'ennesimo strumento di indottrinamento scolastico per cui il maschio è cattivo a prescindere (vedi i mea culpa odierni di tanti personaggi che si vergognano di essere maschi), e dunque è tutta una questione di genere. Ovviamente, poi, come ci viene raccontato, il genere si può cambiare…

 

La questione è molto più complessa e profonda, e non potrà essere certamente risolta attraverso l'introduzione dell'ennesima "educazione" calata dall'alto nella scuola. Fatti simili a quanto accaduto sono l'esito, da una parte, non della persistenza della famiglia tradizionale ma, viceversa, proprio della sua dissoluzione, alimentata ad arte proprio da chi oggi l'accusa di essere l'origine di simili violenze. La famiglia era – e dovrebbe essere sostenuta perché continui ad esserlo – luogo di solide relazioni affettive, di crescita umana e spirituale, di formazione alla responsabilità nella convivenza civile. Invece si sta sbriciolando, attaccata da ogni parte e irrisa dalla cultura dominante. Un aspetto drammatico di questo sbriciolamento è, al suo interno, il venir meno della figura del padre. Una società «senza padri» produce uomini pieni di insicurezze e incapaci di gestire i propri desideri, che rifiutano il sacrificio e le delusioni perché non se ne comprendono più senso e valore. Perché è il padre che insegna il senso del limite; è il padre che indica virtù più alte per cui si può e si deve vivere. La scomparsa del padre (anch'essa alimentata deliberatamente dal '68 in poi) è, socialmente e psicologicamente, il venir meno di ogni argine, di ogni orizzonte valoriale, di ogni senso di responsabilità.

 

Se vogliamo educare all'affettività i nostri giovani, iniziamo allora col chiederci dove sono finiti i padri, «affogati in una società dei balocchi in cui tanti uomini e donne sembrano come Lucignolo alla fiera dei sentimenti: dediti al divertimento senza responsabilità», come scrive Lorenzo Bertocchi sul Timone.

 

Il male moderno è questo: la pretesa di essere tutto quello che si vuol essere, creando una frustrazione che si trasforma in violenza quando questa follia non trova soddisfazione. E la scuola, contenitore-ripetitore delle parole d'ordine della cultura dominante, con queste pseudoeducazioni rischia di fare ulteriori danni, diventando complice nel proporre soluzioni apparenti a problemi che andrebbero affrontati a ben altro livello.

 

C'è un ulteriore e più profondo aspetto, infatti, di cui pochi parlano, ed è il mistero del male, anche nella sua dimensione sovrannaturale. Si vuole, con i progetti di educazione scolastica, ridurre ogni cosa ad un livello intramondano e alimentare l'illusione che l'uomo possa trovare soluzioni ad ogni problema, che possa creare da sé la società perfetta. In fondo, è anch'esso un tentativo di espellere definitivamente il padre dalla faccia della terra. Non solo il padre terreno, visto che all'"educazione" provvede lo Stato, ma anche quello ultraterreno: il Padre Nostro. Ma senza un riferimento a Dio, non c'è più nulla di sacro, nemmeno la vita umana, tutto crolla, e le soluzioni escogitate dall'uomo si mostrano per quello che sono: toppe peggiori del buco… Il declino inarrestabile della nostra scuola, nonostante le innumerevoli "educazioni" introdotte, ne è testimonianza.

 

Il fatto è che l'uomo è creatura ferita, bisognosa di salvezza, poiché tutti desideriamo il bene, eppure possiamo essere terribilmente cattivi. Non si vuole, con questo, giustificare o banalizzare quanto accaduto, ma invitare a uno sguardo realistico sulla nostra umanità, che ci faccia desiderare di tornare a chi solo può risanare questa ferita e aiutarci a riconoscere la sacralità di ogni vita umana, poiché figli amati di uno stesso Padre. Questa è l'educazione che ci serve innanzitutto.

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