Lo Spirito Santo opera con la 'forza del silenzio'

Lo Spirito Santo opera con la "forza del silenzio". Per questo, uno degli effetti visibili della sua azione e presenza in noi è proprio questo: se e in che misura abbiamo capacità del silenzio, interiore ed esteriore come richiamato dalla Lettera del Vescovo di Verona Domenico

Da Robert Sarah in "A Servizio della Verità' da pag.36 a pag. 43

Importante studiare di più la figura dello Spirito Santo, sicché la buona teologia possa aiutarci, nei limiti del possibile, a capire meglio Chi è e come agisce Colui che è il Terzo in Dio.

La Bibbia generalmente non pone in primo piano lo Spirito Santo. Egli viene chiaramente rivelato nella Scrittura, però, in genere preferisce stare nascosto, silenzioso. Agisce (questo è certo) ma non rivendica un ruolo da protagonista, sebbene lo abbia.Eccetto un solo caso, lo Spirito santo non parla mai in prima persona. L'unica eccezione è in Atti 13,2 in cui lo Spirito dice: "Riserbate per me Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati". In tutti gli altri numerosi testi in cui la Bibbia fa menzionedello Spirito Santo, Egli non parla. Agisce, questo sì; ma lo fa in modo che siano posti in evidenza il Figlio incarnato e, attraverso Lui, il Padre. I teologi perciòdicono che il compito dello Spirito Santo, per così dire, non è quello di attirare l'attenzione su di sé, bensì convogliarla su Cristo e, attraverso Cristo, sulPadre. Egli svolge un'azione cristocentrica e teocentrica. Lo Spirito Santo parla molto poco. Anzi, secondo una bella espressione di un teologo cattolico, lo Spirito santo dice una sola paroila: "Gesù" (Gv 15,26-27; 16,13-15).

Queste belle riflessioni, fondate sulla Scrittura, sono state prese in modo dottrinalmente sintetico e sistematico dalla dichiarazione Dominus Iesus che ha confermato la fede della Chiesa in molte dottrina fondamentali e, tra queste, riguardo al fatto che l'azione dello Spirito Santo nel mondo e nella Chiesa non è né potrebbe essere alternativa o concorrenziale rispetto all'opera di Gesù Cristo. In altre parole, lo Spirito Santo non si occupa di cose diverse rispetto a quelle di Cristo, non costituisce vie parallele di salvezza, alternativa all'unica via che è Gesù Cristo. Lo Spirito Santo, al contrario, orienta all'unica via che è Gesù Cristo. Lo Spirito santo, al contrario, orienta sempre gli uomini verso il mistero pasquale di Gesù, come insegna già prima di Dominus Iesus il Concilio Vaticano II. È totalmente errato pensare che lo Spirito Santo costruisca vie parallele o alternative di salvezza. Lo Spirito Santo, al contrario, attrae gli uomini verso l'unica vera via: Gesù Cristo.

All'interno della Chiesa, poi, lo Spirito Santo infonde nelle anime la grazia di Cristo. Non una grazia diversa, ma quella del Signore Gesù, da Lui meritata sulla croce. Per questo parla di "mistero pasquale" di Cristo (Gaudium et spes 22) con cui lo Spirito mette in contatto gli uomini: è il mistero della passsione, morte, risurrezione e ascensione. Questo mistero ci è partecipato per opera dello Spirito Santo, in molti modi ma soprattutto attraverso l'oggettività dei sacramenti.

È, peer esempio, l'azione dello Spirito Santo che, nel Battesimo, lava i peccati e innesta gli uomini nel Corpo Mistico del Figlio incarnato. I teologi precisano che in realtà è tutta la Trinità a operare nel mondo e mai una Persona, eccettuato il caso dell'Incarnazione del Verbo, se considerato nell'esito finale (cioè l'unione delle deu nature). Tuttavia, parlando per appropriazione, da sempre noi diciamo che lo Spirito Santo fa questo. Nello stesso modo ricordiamo, nella Santa Messa, è lo Spirito Santo, invocato medinate l'epiclesi sulle oblate, che opera la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo. Tutto questo, e tanto altro, lo Spirito Santo lo fa in modo discreto, in modo silenzioso, senza voler apparire né essere protagonista. Però sì, lo fa, con la sua potenza divina.

Egli è l'Ospite segreto delle anime dei giusti che sono in grazia. Egli è il Principio dell'inabitazionetrinitaria innoi. La teologia cattolica del passato forse ha curato di meno la rifoessione sulla Terza Persona proprio a causa di questo: che Egli è sommamente discreto e silenzioso, ma ciò non specifica affatto che sia assente o inerte. Egli opera con "la forza del silenzio". Per questo, uno degli effetti visibili della sua azione e presenza in noi è proprio questo: se e in che misura abbiamo capacità di silenzio, interiore ed esteriore. A questo e per questo il Vescovo di Verona Domenico Pompili ha inviato una Lettera alla Chiesa di Verona SUL SILENZIO.

La grande discrezione dello Spirito Santo, tuttavia, non dovrebbe giustificare la nostra disattenzione nei suoi confronti. Nella sua Tradizione la Chiesa è stata attenta a questo riguardo, se non sempre a livello teologico, certamente a livello liturgico e devozionale. La solennità di Pentecoste fa parte del calendario liturgico da tempo immemorabile. Inoltre la Chiesa ha composto inni magnifici per adorare e pregare lo Spirito Santo, cme i celebri Veni, Sanmte Spiritus o Veni Creator Spiritus. I santi, poi, hanno sempre coltivato la devozione allo Spirito Santo che è molto importante. 

Ecco allora che, nel parlare della santifiazione sacerdotale, noi dobbiamo richiamare questi elementi ( per quanto qui solo brevemente esposti) sullo Spirito di Dio che è Dio Egli stesso. La santificazione del sacerdote è, ovviamente, opera dello Spirito Santo. E quidobbiamo prestare attenzione. Lo abbiamo detto cosa fa lo Spirito? Porta a Cristo e, medinate Lui, al Padre. Dunque l'azione santificante dello Spirito Santo in noi cosistein questo: Egli vuole condurre i sacerdoti a Cristo e, mediante Cristo, a Dio Padre. "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv 14,6). La santificazione è cristocentrica e teocentrica.

Il sacerdote santo, allora, non è colui che vive senza punti di riferimento. I suoi punti di riferimentosono Cristo e Dio. Il sacerdote non è uno che cerca strade alternative, strade nuove. Infatti, lo Spirito non apre alternative riaspetto all'unica via. Il sacerdote, al contrario, è chiamato a percorrere con perfezione la strada che è il Maestro, Gesù, il Figlio di Dio che lo conduce a vedere e contemplare il volto del Padre. "Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo  onoscete e lo avete veduto" (Gv 14,7). Ancora il sacerdote viene santificato dallo Spirito secondo il modo consueto con cui questa Persona divina agisce, cioè in modo oggettivo ed efficace ma silenzioso che non in manieraaltisonante e chiassosa. In altre parole, come per ogni cristiano, la santificazione per il sacerdote non è un'esperienza soggettiva della grazia, consistendo piuttosto in un'azione oggettiva ed efficace dello Spirito santo in lui.

Quest'ultimo aspetto è di particolare attualità. Oggi, anche in vasti settori della Chiesa cattolica, pare essere penetrata una spiritualità che risente di qualche tratto protestante. Lo diciamo senza pregiudizio verso i nostri fratelli separati. È solo un'annotazione di merito. Secondo la spiritualità protestante (anche qui non possiamo distinguere tra i tanti tipi di protestantesimo esistenti), possiamo dire che l'aspetto del "sentirsi salvi" è fondamentale. Quetso sentimento della propria salvezza può poi essere declinato in modo diversissimo secondo le varie correnti pentecostali. A ogni modo è così: per il portestante è fondamentale "sapere" in qualche modo di essere giustificato. Ma per noi cattolici la cosa più importante non è "sapere" o "sperimentare", bensì avere gli elementi dicertezza morale per ritenere prudentemente di "essere" in grazia di Dio. È meno questione di esperienza e più di oggettività- Questo, almeno, secondo la spiritualità cattolica classica.

Dicevamo che recentemente la sensibilità per l'esperienza della grazia è penetrata anche in vasti settori ecclesiali. Questo si nota sia nelle pratiche di spiritualità sia nella Liturgia. Uno dei motivi per esempio, per cui tanti sacerdoti commettono abusi liturgici, introducendo nei sacri riti ciò che non è previsto dalle norme della Chiesa, sta proprio in questo: essi ritengono che il rito, se osservato fedelmente, risulterebbe ripetitivo e noioso. Di qui, aggiungono che si debba fare qualcosa per personalizzarlo, per renderlo nostro, oppure (come spesso si sente dire) perché la celebrazione sia "sentita". Il verbo sentire in questo caso non si riferisce alla facoltà uditiva, cioè non si vuol intendere che i fedeli possano ascoltare le parole che vengono dette. In questo caso "sentire" fa riferimento in modo accentuato ai sentimenti soggettivi. I fedeli devono sentirsi coinvolti dall'azione liturgica, devono sperimentare psicologicamente un sentimento di gioia, forse perfino di euforia, essere in uno statodi esaltazione durante la celebrazione. Stando a questa impostazione di forte impostazione psicologica, tale "sentire" non sarebbe possibile se si rispettasse il rito come la Chiesa cattolica lo ha stabilito.

Si possono aggiungere altri esempi. Uno di essi riguarda momenti di silenzio, tanto nella Liturgia, quanto in altri momenti di preghiera. In parecchi luoghi si nota una vera incapacità di stare in silenzio davanti al Signore.  Il Sal 39,10 dice, rivolgendosi a Dio: "Ammutolito, non apro bocca, perché sei tu che agisci". È una frase molto bella, che esprime bene lo spirito di preghiera e adorazione. Davanti al Signore, non abbiamo bisogno di dire tante parole.Ricordiamo il famoso episodio di quel contadino della parrocchia di Ars che passava lungo tempo in chiesa, davanti al tabernacolo. Un giorno, il Santo Curato chiese a quel contadino come impiegasse il tempo, che facesse, a cosa pensasse, cosa dicesse al Signore durante le sue lunghe visite. E il contadino rispose: "Nulla, Signor Curato, io lo guardo e Lui mi guarda". Forse quel contadino non conosceva il versetto 10 del Salmo 39, ma di certo lo viveva!

 

Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio (Rm 8,26-27).

 

"Ammutolito, non apro bocca, perché sei tu che agisci" Lo Spirito Santo è silenzioso, non parla quasi mai. Icona dello Spirito Santo è San Giuseppe, che nei Vangeli non parla mai, però agisce, eccome! Lo Spirito Santo non suona la tromba davanti a sé come i farisei, quando fa qualcosa id buono per noi. Lo fa e basta. Non ci accorgiamo della sua presenza e della sua azione se non per i doni che fa e per i frutti che produce. Perciò anche noi impariamo che la spiritualità vera consiste nello stare davanti a Dio in silenzio, perché Lui agisce.

Torniamo a quanto dicevamo sull'incapacità di silenzio, da parte di tanti sacerdoti e fedeli di oggi. Sappiamo che il rito della Messa approvato da San Oalo VI prevede esplicitamente dei momenti di sacro silenzio. Ma oggi, quanti sacerdoti li osservano? E ciò è vero anche al di fuori della Messa. Per esempio, quando si tiene l'adorazione eucaristica in parrocchia può essere utile leggere qualche breve brano biblico o di un'opera di un santo per aiutare la meditazione e la contemplazione. Ma spesso si sperimenta che l'intera ora di adorazione viene riempita di letture e di canti. E, nei momenti che sarebbero destinati al silenzio, anche lì si suona magari un sottofondo musicale o addirittura si manda una base musicale registrata affinché accompagni il silenzio. Ma tale sottofondo musicale accompagna davvero il silenzio o lo annulla? Lo distrugge?

Spesso, non manca una deriva sentimentale, sia nei testi che si leggono, sia nei canti che si eseguono.Da dove viene questo "emotivismo" spirituale? Probabilmente dall'idea che, durante la preghiera, sentiamo l'"emozione" dello Spirito santo. Qui, però, ci potrebbe essere un tranello in agguato. Lo Spirito di Dio, infatti, certamente opera delle "mozioni" in noi. Egli cioè suscita dei movimenti anteriori del nostro spirito creato, facendoci percepire un'attrazione spirituale vero il ben, il bello e il bene e, quindi, favorendo la nostra conversione. Ma le "mozioni" dello Spirito Santo, per quanto non di rado possano essere accompagnate anche da un certo sentimento, non coincidono tout court con le "emozioni".

Soprattutto, bisogna stare attenti a non identifiare una qualche percezione dello Spirito Santo con delle sensazioni prodotte ad arte medinate tecniche di preghiera o creazioni pseudo liturgiche. In questo caso, infatti l'uomo si sostituirebbe a Dio. Non si tratterebbe più dello Spirito Santo che – come insegna il Signore – soffia dove vuole. Qui lo Spirito dovrebbe soffiare dove e quando vogliamo noi. Egli dovrebbe mettersi al servizio della buona riuscita dei nostri meeting religiosi garantendo e assicurando che tutti "si sentano"appagati in tali circostanze.

Ma la plurisecolare esperienza spirituale dei Santi mostra che le cose nopn stanno così. LO Spirito Santo può certo donare un'intima sensazione di pace e di gioia, e tante volte Egli lo fa. Ma lo fa come, quando e dove vuole Lui, cioè quando vede che ciò è bene per noi. In molti altri momenti, lo Spirito Santo può anche agire in noi sotto forma di desolazione, come mostrano – solo per citare due nomi -i grandi Santi carmelitani Teresa d'Avila e Giovanni della Croce. Non solo il gaudio spirituale – è necessario il silenzio per il discernimento -, ma anche la notte oscura sono modi in cui lo Spirito santo si manifesta e agisce.

In breve, nel suo cammino di santità il sacerdote non è chiamato a cercare le sensazioni, non deve ricercare il proprio "sentirsi bene". Deve invece seguire le mozioni spirituali che attraverso momenti di silenzio lo oerintano l bene e in lui svegliano lo zelo missionario per la salvezza delle anime. E questo sia che tali mozioni siano ricevute nella gioia, sia che si presentino in momenti di scoraggiamento o umiliazione o desolazione. È importante citare al riguardo il versetto 2 della Lettera ai Filippesi. Sappiamo che Filippesi 2,5-11 contiene il famoso inno cristologico, in cui si decsrive la parabola discendente e ascendente di Cristo,  il Quale, pur essendo di condizione divina, umiliò se stesso fino alla croce e poi fu super-esaltato nella gloria. Ma atle inno viene introdotto da San paolo così: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù". Così traduce la Bibbia italiana. Però dobbiamo capire cosa sono questi "sentimenti" di Gesù. Nel greco originale, San Paolo non indica i sentimenti superficiali e passeggeri, bensì il pensiero e l'azione che consegue ad esso. Dunque San paolo dice ai Filippesi (e a tutti noi): agire coerentemente al retto pensiero, così come fece Cristo, il quale pur essendo Dio, si umiliò, ecc. Questi sono i "sentimenti" di Cristo! Pensiero retto e retta azione, impossibile coglierli senza momenti di silenzio perché si tratta di cose oggettive, non di statid'animo. È triste vedere in alcuni, anzi, parecchi seminari da decenni ormai si insegni ai futuri sacerdoti un modo soggettivo di pregare e sentimentalistico. Il seminario, con l'allenamento al silenzio, dovrebbe assomigliare più a una scuola di addestramento militare dove si temprano i giovani cadetti alle future battaglie, che non a una scuola di tecniche pseudo psicologiche di indole sentimentalistica. Recuperiamo, dunque, una sana visione della santità, che implica anche la virilità propria al ministro di Dio.

Il Vescovo di Verona: desidero avviare una riflessione che in questo anno possa alimentare la vita della nostra chiesa e divenire il nel quale radicare la nostra azione pastorale con la capacità di silenzio, interiore ed esteriore.

 

 

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