Galileo: fede e cultura

Come dare slancio alla cultura del nostro tempo e restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza

“Con questa scoperta (il telescopio da parte di Galileo) crebbe nella cultura la consapevolezza di trovarsi di fronte a un punto cruciale della storia dell’umanità. La scienza diventava qualcosa di diverso da come gli antichi l’avevano sempre pensata. Aristotele aveva permesso di giungere alla conoscenza certa dei fenomeni partendo da principi evidenti e universali; ora Galileo mostrava concretamente come avvicinare e osservare i fenomeni stessi, per capirne le cause segrete. Il metodo deduttivo cedeva il passo a quello induttivo e apriva la strada alla sperimentazione. Il concetto di scienza durato per secoli veniva ora a modificarsi, imboccando la strada verso una moderna concezione del mondo e dell’uomo. Galileo si era addentrato nelle vie sconosciute dell’universo; egli spalancava la porta per osservare gli spazi sempre più immensi. Al di là probabilmente delle sue intenzioni, la scoperta dello scienziato pisano permetteva anche di risalire indietro nel tempo, provocando domande circa l’origine stessa del cosmo e facendo emergere che anche l’universo, uscito dalle mani del Creatore, ha una sua storia; esso “geme e soffre le doglie del parto” - per usare l’espressione dell’apostolo Paolo – nella speranza di essere liberato “dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,21 – 22).

Anche oggi l’universo continua a suscitare interrogativi a cui la semplice osservazione, però, non riesce a dare una risposta soddisfacente: le sole scienze naturali e fisiche non bastano. L’analisi dei fenomeni, infatti, se rimane rinchiusa in se stessa rischia di far apparire il cosmo come un enigma insolubile: la materia possiede una intelligibilità in grado di parlare alla intelligenza dell’uomo e indicare una strada che va al di là del semplice fenomeno. E’ Galileo che conduce a questa considerazione. Non era, forse, lo scienziato di Pisa a sostenere che Dio ha scritto il libro della natura nella forma del linguaggio matematico? Eppure, la matematica è un’invenzione dello spirito umano per comprendere il creato. Ma se la natura è realmente strutturata con un linguaggio matematico e la matematica inventata dall’uomo può giungere a comprenderlo, ciò significa che qualcosa di straordinario si è verificato: la struttura oggettiva dell’universo e la struttura intellettuale del soggetto umano coincidono, la ragione soggettiva e la ragione oggettiva nella natura sono identiche. Alla fine, è “una”ragione che le collega entrambe e che invita a guardare ad un’unica Intelligenza creatrice.

Le domande sull’immensità dell’universo, sulla sua origine e sulla sua fine, come pure sulla sua comprensione, non ammettono una sola risposta di carattere scientifico. Chi guarda al cosmo, seguendo la lezione di Galileo, non potrà fermarsi solo a ciò che osserva con il telescopio, dovrà procedere oltre per interrogarsi circa il senso e il fine a cui tutto il creato orienta (senso religioso della realtà). La filosofia e la teologia, in questa fase rivestono un ruolo importante, per spianare il cammino verso ulteriori conoscenze. La filosofia davanti ai fenomeni di alla bellezza del creato cerca, con il ragionamento, di capire la natura e la finalità ultima del cosmo. La teologia, fondata sulla Parola rivelata, scruta la bellezza e la saggezza dell’amore di Dio, il quale ha lasciato le Sue tracce nella natura creata. In questo movimento gnoseologico sono coinvolte sia la ragione che la fede; entrambe offrono la loro luce. Più la conoscenza della complessità del cosmo aumenta, maggiormente richiede una pluralità di strumenti in grado di poterla soddisfare; nessun conflitto all’orizzonte tra le varie conoscenze scientifiche e quelle filosofiche e teologiche; al contrario, solo nella misura in cui esse riusciranno ad entrare in dialogo e a scambiarsi le rispettive competenze saranno in grado di presentare agli uomini di oggi risultati veramente efficaci” (Benedetto XVI, Messaggio all’arcivescovo Rino Fisichella, 26 novembre 2009).

L’apertura originaria di ogni io alla realtà in tutti i fattori cioè alla verità richiede l’integrazione tra le conoscenze del nuovo metodo scientifico galileano e le conoscenze filosofiche e teologiche. Infatti l’universo stesso strutturato in maniera intelligente mostrando una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva che ha creato la matematica per operare con la natura e mettere al nostro servizio le sue immense energie e la ragione oggettivata nella natura, un libro scritto in linguaggio matematico, porta a chiedersi se non debba esservi un’unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell’una e dell’altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore. Viene capovolta la tendenza a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, a ricondurre ad esso, al suo rivelarsi storico attraverso la Parola di Dio anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. Su queste basi diventa di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro in ogni Università la teologia, la filosofia e la scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme, senza assolutizzare ideologicamente gli apporti particolari. E’ questo un compito che oggi sta davanti a noi, un’avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza pubblica.

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