Sant'Antonio

La carità è l’anima della fede, la rende viva; senza l’amore, la fede muore

“Nei “Sermoni”, intitolati rispettvamente “Sermoni domenicali” e “Sermoni sui Santi” Antonio parla della preghiera come di un rapporto di amore, che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente con il Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l’anima in orazione.

Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore, che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima.

Secondo l’insegnamento di questo insigne Dottore francescano (“Dottore evangelico”), la preghiera è articolata in quattro atteggiamenti, indispensabili, che, nel latino di Antonio, sono definiti: osecratio, oratio, postulatio, gratiarum actio. Potremo tradurli così: aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio, colloquiare affettuosamente con Lui, presentargli i nostri bisogni, lodarlo e ringraziarlo.

In questo insegnamento di sant’Antonio sulla preghiera cogliamo uno dei tratti specifici della teologia francescana, di cui egli è stato l’iniziatore, cioè il ruolo assegnato all’amore divino, che entra nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore, e che è la sorgente da cui sgorga una conoscenza spirituale, che sorpassa ogni conoscenza.

Scrive ancora Antonio: “La carità è l’anima della fede, la rende viva; senza l’amore, la fede muore”(Sermones Dominale set Festivi, p. 37).

Soltanto un’anima che prega può compiere progressi nella vita spirituale: è questo l’oggetto privilegiato della predicazione di Sant’Antonio.

Egli conosce bene i difetti della natura umana, la tendenza a cadere nel peccato, per cui esorta continuamente a combattere l’inclinazione all’avidità, all’orgoglio, all’impurità, e a praticare invece le virtù della povertà e della generosità, dell’umiltà e dell’obbedienza, della castità e della purezza. Agli inizi del XIII secolo, nel contesto della rinascita delle città e del fiorire del commercio, cresceva il numero di persone insensibili alle necessità dei poveri. Per tale motivo, Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera ricchezza, quella del cuore, che rendendo buoni e misericordiosi, fa accumulare tesori per il Cielo. “O ricchi – così egli esorta – fatevi amici…i poveri, accoglieteli nelle vostre case: saranno essi, i poveri, ad accogliervi negli eterni tabernacoli, dove c’è la bellezza della pace, la fiducia della sicurezza e l’opulenta quiete dell’eterna sazietà” (Ibid. p. 29).

Non è forse questo, cari amici, un insegnamento molto importante anche oggi, quando la crisi finanziaria e i gravi squilibri economici impoveriscono non poche persone, e creano condizioni di miseria? Nella mia Enciclica Caritas in veirtate ricordo: “L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento, non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica di ogni persona” (n. 45).

Antonio alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo al centro della vita e del pensiero, dell’azione e della predicazione. E’ questo un altro tratto tipico della teologia francescana: il cristocentrismo. Volentieri essa contempla, e invita a contemplare, i misteri dell’umanità del Signore, in modo particolare, quello della Natività, che gli suscitano sentimenti di amore e di gratitudine verso la bontà divina.

Anche la visione del Crocifisso gli ispira pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità di ogni persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovarvi un significato che arricchisce la vita. Scrive Antonio: “Cristo che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio. Lì potrai conoscere quanto mortali furono le tue ferite, che nessuna medicina avrebbe potuto sanare, se non quella del sangue del Figlio di Dio. Se guarderai bene, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità umana e il tuo valore… In nessun altro luogo l’uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce” (Sermones Domenicales et Festivi, pp. 213 – 214). Cari amici, possa Antonio di Padova, tanto venerato dai fedeli, intercedere per la Chiesa intera, e soprattutto per coloro che si dedicano alla predicazione. Questi, traendo ispirazione dal suo esempio, abbiano cura di unire solida e sana dottrina, pietà sincera e fervorosa, incisività nella comunicazione” ( Benedetto XVI, Udienza Generale, 10 febbraio 2010).

Il Papa ha invitato a pregare in quest’anno sacerdotale perché i sacerdoti e i diaconi svolgano con sollecitudine questo ministero di annuncio e di attualizzazione della Parola di Dio ai fedeli, soprattutto attraverso le omelie liturgiche. Si è augurato che siano una presentazione efficace dell’eterna bellezza di Cristo, proprio come Antonio raccomandava: “Se predichi Gesù, egli scioglie i cuori duri; se ,lo invochi,addolcisci le amare tentazioni; se lo pensi, ti illumina il cuore; se lo leggi, egli ti sazia la mente” ( Sermones Domenicales et Festivi, p. 59).

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