La visita del Papa rompe l'isolamento ungherese

Budapest e la Santa Sede convergono sia nella condanna dell'aggressione russa, sia perché al tempo stesso per loro la parola "pace" e soprattutto "negoziato" non sono tabù

Nico Spuntoni nella "Nuova Bussola" – 29 aprile 2023

 

- POLACCHI E UNGHERESI UNITI NELLA DIFESA DI SAN GIOVANNI PAOLO II, di W. Redzioch

 

 

Risale a circa un anno fa l'origine del viaggio che Francesco inizia oggi in Ungheria. Nell'aprile del 2022, fresco di rielezione, Viktor Orbán fu ricevuto in udienza privata in Vaticano e qui trovò più di una convergenza col Papa che lodò il modello d'accoglienza dei profughi ucraini realizzato dal governo ungherese. Proprio in quell'occasione, il presidente invitò ufficialmente il suo interlocutore a visitare l'Ungheria, oltre a chiedergli di sostenere i suoi «sforzi per la pace».

 

Il Pontefice deve aver preso molto sul serio la posizione di Budapest sulla guerra in Ucraina, al punto da citare Orban in un'ormai famosa intervista concessa pochi giorni dopo a Luciano Fontana e Fiorenza Sarzanini del Corsera. Lo conferma, in qualche modo, anche la decisione di accettare quell'invito e recarsi in Ungheria nemmeno due anni dopo dall'ultima volta. Sebbene nel 2021 arrivò a Budapest solo per la celebrazione conclusiva del 52º Congresso Eucaristico Internazionale, l'Ungheria è l'unico Paese insieme alla Grecia ad avere avuto il privilegio di ospitare il Papa due volte in questi dieci anni. 

 

Francesco fa una scelta controcorrente, visitandola proprio in un momento in cui l'isolamento dal resto dell'Ue è palpabile. Ma è probabile che il Papa sia più in sintonia con Orban che con gli altri governanti europei sulla situazione in Ucraina. Da entrambi è arrivata la condanna all'aggressione russa, ma al tempo stesso per loro la parola "pace" e soprattutto quella "negoziato" non sono tabù. Ma non c'è di mezzo solo la convinzione personale di Bergoglio: la Santa Sede, storicamente promotrice di un approccio multilaterale in politica estera e consapevole anche delle implicazioni ecumeniche dei rapporti con la Russia, non intende accodarsi alla linea maggioritaria del mondo occidentale. Una linea da cui si è evidentemente smarcata anche l'Ungheria come rivendicato dallo stesso Orban in una dichiarazione in cui ha detto che il suo sarebbe «l'unico Paese che è per la pace» mentre «il resto dell'Ue alimenta la guerra». 

 

Tre giorni di permanenza. Il Papa non ha voluto rinunciarvi nonostante il recente ricovero. La sua visita è da interpretare probabilmente come un riconoscimento agli sforzi ungheresi per accogliere gli ucraini in fuga dalla guerra. Dall'inizio dell'invasione, più di un milione di profughi hanno superato i confini ungheresi e qui hanno trovato riparo, sebbene solo 35mila di loro abbian poi scelto di chiedere lo status di rifugiato in Ungheria. Francesco li incontrerà nel secondo giorno insieme ai poveri nella chiesa di santa Elisabetta d'Ungheria. Prima tappa di domani, però, sarà l'istituto dedicato alla memoria del nobile beato László Batthyány-Strattmann dove avrà occasione di salutare i bambini non vedenti ospiti della struttura. Nella stessa giornata ci sarà anche l'abbraccio con la comunità greco-cattolica che nel Paese conta 300mila fedeli, o meglio con i parrocchiani della chiesa "Protezione della Madre di Dio" sempre nella capitale.

 

Dopo l'incontro con i giovani in uno stadio di undicimila posti, ci sarà anche l'ormai tradizionale colloquio del Papa coi membri della Compagnia di Gesù del Paese. I gesuiti ungheresi, per l'occasione, hanno lanciato una campagna dal titolo "Dillo al Papa" ed hanno raccolto 150 domande dai fedeli per lo più concentrate sul rapporto tra Chiesa e Stato. Sarà interessante poi scoprire le risposte di Francesco alle domande che avranno al centro questo tema. E a proposito di Chiesa e Stato, sicuramente gli occhi e le orecchie di chi seguirà questo viaggio saranno concentrate oggi stesso sul discorso che il Papa terrà di fronte alle autorità ungheresi dopo il saluto ufficiale alla presidente Katalin Novák e al primo ministro Orban. L'ultimo giorno, invece, sarà dedicato prima alla Messa celebrata in piazza Kossuth Lajos e poi all'incontro con gli esponenti della cultura e del mondo universitario. L'Ungheria aspetta trepidante l'atterraggio del Papa e probabilmente gli è grata anche per aver rotto con questa visita l'isolamento in Europa che appariva quasi inesorabile dopo lo smarcamento di Budapest sul conflitto ucraino. Polacchi e ungheresi uniti nella difesa di san Giovanni Paolo II

 

In solidarietà con i polacchi di fronte ai vergognosi attacchi a Wojtyła, pellegrini ungheresi guidati da mons. Székely hanno visitato il santuario di Giovanni Paolo a Cracovia. Ad accoglierli il metropolita Jędraszewski, che ha sottolineato la vicinanza culturale e religiosa tra Polonia e Ungheria.

 

Pellegrinaggio ungheresi a Cracovia (foto Arcidiocesi di Cracovia)

L'arcivescovo metropolita Marek Jędraszewski ha accolto i pellegrini dall'Ungheria (nelle foto, in alto e in basso, dell'Arcidiocesi di Cracovia) che sabato 22 aprile hanno visitato il santuario di san Giovanni Paolo II a Cracovia. Il metropolita ha ringraziato gli ungheresi per il gesto di solidarietà con i polacchi di fronte ai recenti attacchi a Karol Wojtyła.

 

Monsignor János Székely, vescovo di Szombathely (in Ungheria), che accompagnava il gruppo ungherese, ha espresso gratitudine per tutto ciò che san Giovanni Paolo II ha fatto per l'Ungheria. Székely ha sottolineato che fin dall'inizio del suo pontificato, quando l'Europa centro-orientale era sotto il giogo comunista, Wojtyła ha invitato a non avere paura e ad aprire le porte a Cristo. Il monsignore ha sottolineato che il Santo Padre parlava agli ungheresi nella loro lingua nazionale come segno di vicinanza. E ha aggiunto che gli attuali attacchi a Giovanni Paolo II sono dolorosi: "Penso che questa sia opera di Satana, che sta cercando di distruggerci". Ha ringraziato anche per la millenaria amicizia polacco-ungherese, assicurando preghiere per la pace nel mondo, Ucraina inclusa.

 

Infine, monsignor Székely ha espresso un particolare ringraziamento all'arcivescovo Jędraszewski, per aver avviato il processo di beatificazione di JánosEsterházy (servo di Dio, ungherese, ma nato a Cracovia da madre polacca), che ha contribuito a costruire un altro ponte tra polacchi e ungheresi.

 

In risposta, mons. Jędraszewski ha sottolineato che polacchi e ungheresi sono vicini tra loro sul piano politico e culturale, e soprattutto nell'esperienza della santità di grandi personaggi di entrambe le nazioni. Il metropolita ha ricordato che il re ungherese Ladislao I il Santo nacque a Cracovia, mentre santa Edvige, regina della Polonia, era ungherese di nascita. Questa storia comune include appunto anche il servo di Dio János Esterházy e san Giovanni Paolo II.

 

Mons. Jędraszewski ha ricordato d'aver descritto la grande ondata di attacchi contro Giovanni Paolo II come "il secondo attentato" al santo pontefice polacco. Ha spiegato che quello in corso è un attacco che mira a "strappare Giovanni Paolo II dai nostri cuori e dalla nostra memoria", a far dimenticare "tutto il bene che ha fatto, il messaggio della pace di Cristo che ha portato al mondo", ad "associare il suo nome con ciò che è cattivo e disgustoso nell'umana vita". Infine l'arcivescovo ha ricordato con soddisfazione le proteste di massa dei polacchi contro gli attacchi dei media a san Giovanni Paolo II. E ha ringraziato l'Ungheria per l'espressione di solidarietà con i polacchi contro tali attacchi.

 

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