Il valore della nazione nel Tradizione cristiana, non del nazionalismo

"Questo Papa slavo porta nel suo animo profondamente impressa la storia della sua nazione e anche la storia dei popoli fratelli della Tradizione del cristianesimo orientale e limitrofi… è l'unità spirituale dell'Europa cristiana" (San Giovanni Paolo II)
Fino al 1989 nell'Europa dalle radici cristiane centrale anche in culture alternative punto comune era la centralità di ogni uomo, di ogni persona e della sua libertà e quindi politicamente  la democrazia amministrativa in opposizione al regime comunista imperante. Tant'è vero che la Costituzione
italiana ha visto De Gasperi, Togliatti, Malagodi riconoscersi ponendo al Centro la Persona che lavora. De Gasperi ha dovuto cedere al personalismo ben diverso della Dottrina sociale che pone al centro l'individuo in relazione con il trascendente ma concordando con le altre due culture che  si riconoscevano nei principi non negoziabili democraticamente  della persona, della famiglia, della nazione, del bene comune.
  Ma con la caduta del collettivismo leninista del 1989 in Occidente sta predominando la cultura che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente in una egemonia mondialista, generando un nuovo costume di vita senza più principi non negoziabili. Ne deriva una nuova ondata di illuminismo e di laicismo, per la quale sarebbe razionalmente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile, mentre sul piano della prassi la centralità non più della persona, della famiglia, della nazione, del bene comune ma dell'individuo eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare. Così anche Dio nel capitalismo americano- europeo rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa più difficile, anche perché viviamo in mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenire superfluo ed estraneo. In stretto rapporto con tutto questo, ha luogo una radicale riduzione dell'uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale con la legittimazione dell'aborto e dell'eutanasia. Si ha così in Occidente un autentico capovolgimento del punto di partenza della sua cultura, del sistema democratico, che era una rivendicazione della centralità di ogni persona, della famiglia,  della nazione, del bene comune.
Nella splendida omelia dedicata a San Stanislao e richiamata da Marcello Veneziani in LaVerità del due giugno 2019, papa Giovanni Paolo II celebrava la sua patria, s'inginocchiava davanti alla tomba del Milite Ignoto, ricordava il sacrificio di martiri e di eroi, difendeva, senza alcun cedimento ideologico nazionalista, il patrimonio millenario cristiano in dialogo come le tradizioni religiose e morali dell'umanità in varie nazioni, lo affidava nella mani della Madre di Dio, come De Gasperi, Adenauer, Schuman avevano avviato una federazione di nazioni in  un'Europa che aveva l'icona delle dodici stelle della Medaglia miracolosa, ben diversa dall'Unione europea di Mastricht senza radici cristiane. Infine sollevava un grido, da "figlio della terra polacca" e da pontefice: "Scenda il tuo Spirito! E rinnovi la faccia della terra". Cominciò lì il risorgimento della Polonia e poi di altri Paesi che portò anche in Russia alla disfatta del comunismo e alla caduta di odiosi muri e cortine di ferro. Finì il comunismo, cominciò a rivivere l'Europa.
All'indomani, nel giorno della Pentecoste, papa Wojtyla a Gniezno si appellò "al linguaggio degli avi" e alle  "lingue slavi affini", definendosi   "il primo Papa slavo nella storia della Chiesa". Forse proprio per questo – aggiungeva – Cristo lo ha scelto. E seguitava: "Questo Papa porta nel suo animo profondamente impressa la storia della sua nazione e anche la storia dei popoli fratelli e  limitrofi". E ancora: "Non è un disegno provvidenziale … che questo Papa slavo proprio ora esprima l'unità spirituale dell'Europa cristiana (dall'Atlantico agli Urali)?". E si appellava anche ai "fratelli della Tradizione del cristianesimo orientale", la Chiesa russa, per cooperare nell'impresa, ricordando le parole dell'Apostolo: "una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Padre di tutti". Cominciava così il cammino della liberazione dalla cultura comunista, non certo verso quell'Unione Europea del 1994 del liberismo mondiale individualista entro in confini del relativismo e dell'utilitarismo, con l'esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. Non è difficile vedere come questo tipo di cultura  presentò un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali di altri continenti, anzi dell'umanità. Non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso della nostra vita che senza Dio non ha senso. L'attuale egemonia culturale dell'Unione Europea è contrassegnata da una profonda carenza peggio del collettivismo marxista, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza. In quelle due omelie c'è la rappresentazione più alta del sovranismo spirituale fra la varie nazioni, nel nome concreto di una nazione e della tradizione.
San Giovanni Paolo II denunciò il tradimento, nel 1994 dell'Unione europea,  della civiltà cristiana che rinnegava le radici cristiane e sposava il relativismo  etico contro cui era intervenuto con la Veritatis splendor. Nel suo libro-testamento Memoria e identità, risuonava l'antico messaggio di Dio sul senso della vita, patria, famiglia; difesa dell'amor patrio, la lingua e le tradizioni, la natura e la cultura dei popoli; il richiamo alle radici cristiane dell'Europa, dimenticate dagli eurocrati smemorati; la difesa della Tradizione. C'era lo sconveniente parallelo tra il nazismo e il comunismo; la denuncia dell'ideologia radicale mondialista che pone la libertà individuale della mente a valore fondamentale anche di fronte al corpo biologico creato, ad esempio attraverso "il riconoscimento delle unioni omosessuali come forme alternative alla famiglia"; la difesa della vita.
Nel 2002 il Papa entrò nell'aula di Montecitorio come un apostrofo bianco e curvo, galleggiante nel blu istituzionale dei poteri civili. La chiave del suo discorso in Parlamento fu la tradizione, "il patrimonio di valori trasmesso dagli avi", l'impossibilità di comprendere l'Italia e l'Europa "fuori da quella linfa vitale costituita dal cristianesimo", la necessità di "fondare la causa comune europea sul cemento di quella straordinaria eredità religiosa, culturale e civile che ha reso grande l'Europa nei secoli", ""le tracce gloriose che la religione cristiana ha impresso nel costume e nella cultura del popolo italiano", le testimonianze d'arte e di bellezza fiorite in Italia nel nome della fede, il diritto naturale e il sentire comune tramandato; e il suo appello agli italiani a "continuare nel presente e nel futuro a vivere secondo la sua luminosa tradizione". 

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