Solo chi vive in pienezza la vocazione cristiana evangelizza‏


“Solo chi è pienamente fedele alla dottrina di Cristo può essere efficacemente apostolo. E solo chi vive in pienezza la vocazione cristiana può essere immunizzato dal contagio di errori con cui viene a contatto” (Paolo VI) nell’evangelizzazione

“Il Signore fece i Dodici”. Egli crea qualcosa, Egli fa qualcosa, si  tratta di un atto creativo.Ed Egli li fece, “perché stessero con Lui e per mandarli” (Mt 3,14): questa è una duplice volontà che, sotto certi aspetti, sembra contraddittoria. “Perché stessero con Lui”: devono stare con Lui, per arrivare a conoscerlo, per ascoltarlo, per lasciarsi plasmare da Lui; devono andare con Lui, essere con Lui in cammino, intorno a Lui e dietro di Lui. Ma allo stesso tempo devono essere degli
inviati che partono, che portano fuori ciò che hanno imparato, lo portano agli altri uomini in cammino – verso la periferia, nel vasto ambiente, anche verso ciò che è molto lontano da Lui. E tuttavia, questi aspetti paradossali vanno insieme: se essi sono veramente con Lui, allora sono sempre anche in cammino verso gli altri, allora sono in ricerca della pecorella smarrita, allora vanno lì, devono trasmettere ciò che hanno trovato, allora devono farlo conoscere, diventare inviati. E viceversa: se vogliono essere veri inviati, devono stare con Lui. San Bonaventura disse una volta che gli Angeli, ovunque vadano, per quanto lontano, si muovono sempre all’interno di Dio. Così è anche qui: come sacerdoti dobbiamo uscire fuori nelle molteplici strade in cui si trovano gli uomini, per invitarli al suo banchetto nuziale. Ma lo possiamo fare solo rimanendo sempre presso di Lui” (Benedetto XVI, Incontro con i seminaristi a Friburgo, 26 settembre 2011).
“Non è il potere che redime, ma l’amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è l’amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, configgesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. Il Dio è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocefisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini” (Benedetto XVI, Omelia di inizio solenne del suo ministero pontificale, 24 aprile 2005).

La tensione per lo sguardo indissolubile al mistero di Dio e della missione verso gli uomini, dello stare con la presenza ecclesiale del Risorto e andare a evangelizzare fonda teologicamente quella pastorale di qualità, che fu la scelta del Concilio Vaticano II. Dobbiamo essere sempre attenti ai problemi che sorgono dalla vita degli uomini, specialmente dei giovani. Accogliere volentieri le istanze che vengono a turbare la nostra quiete. Dobbiamo essere pazienti davanti alle indecisioni di coloro che cercano tentoni la luce, Sappiamo camminare fraternamente con tutti coloro che tendono, attraverso le nebbie del dubbio, verso la casa paterna. Ma se noi prendiamo parte alle loro angosce, sia per cercare di guarirle; se noi presentiamo loro Gesù Cristo, questi sia il Dio che possiede un volto umano, che si è lasciato uccidere liberamente, per amore, che è risorto, presente nella Sua Chiesa per incontrarci, per darci un nuovo orizzonte e per comunicarci la sua vita, non una figura puramente umana del passato, per quanto meravigliosa e attraente possa essere per il nostro spirito. “Di fatto – C. BoffRitorno al fondamento, in Regno – Documenti, 17/2008, pp. 561-562) -  la modernità ha messo l’uomo al centro, al posto di Dio. E’ la svolta antropocentrica: l’uomo, con la sua ragione, la sua libertà e il suo potere, diventa il nuovo axis mundi (…). Il dato di fatto è che la teologia cristiana ha ceduto alla deriva antropocentrica dello spirito moderno, e lo ha fatto senza che la sua coscienza fosse avvertita del prezzo da pagare a scapito della fede (…). Nel cattolicesimo la modernizzazione teologica è avvenuta, inizialmente, con il movimento ‘modernista’,represso da Pio X con la Pascendi, e più tardi – con il nome di ‘svolta antropologica – con Rahner e la sua ‘teologia trascendentale’ (,,,). Avvenne così che le teologia si ’ modernizzò’antropologizzandosi: l’uomo come il sole e Dio come il suo satellite. Omnia ad maiorem hominisgloriametiam Deus (…). Ecco dove arriva una teologia che, nella necessaria danza con la modernità si lascia guidare dal compagno invece di essere lei a guidarlo (…). Dalla svolta antropocentrica è nata la generale strumentalizzazione alla quale la modernità ha sottoposto tutti i valori (…). Inoltre, grazie alla aperture conciliari, l’estremismo moderno è riuscito ad entrare, in modo irruento e, finanche dirompente nel seno della stessa Chiesa. Conseguentemente, ‘l’irruzione del mondo’ nel recinto ecclesiale ha portato con sé il rischio della ‘mondanizzazione? Della teologia, così come è avvenuto con l’”irruzione dei poveri nella teologia latino – americana”..Il povero e la sua liberazione hanno preso il posto primaziale che spetta a Dio e alla sua salvezza (…). L’irruzione del povero nella Chiesa sconvolse talmente la teologia che essa finì col sentirsi minata alle fondamenta (…). Così il ‘sistema delle eccellenze’, dove Dio ha il primato, è stato sostituito dal ‘regime delle urgenze’, con il povero al primo posto. In questo modo, la fretta dettata dall’urgenza storica ha spinto a investire tutte le energie del contenuto della fede in quello che è sembrato essere l’opus maius: liberazione storica degli oppressi (…). Ma, come il magistero non si stanca di ripetere, questo immediatismo, con tutto il suo pathos, finisce con il ricadere, a medio o a lungo termine, in altre forme di povertà e di oppressione. Di fatto, la storia ci offre molti esempi che attestano come l’inconsistenza veritativa si paghi con l’inconsistenza sociopolitica. Solo la verità libera veramente (Gv 8,32.36). Per ottenere la vera liberazione non basta la sola liberazione: è necessaria – diciamolo senza timori – la salvezza! Solamente la trascendenza può redimere l’immanenza (…). In questo contesto è comprensibile che anche la teologia della liberazione sia entrata nella rotta antropocentrica dello spirito moderno. Solo che essa ha scelto come centro non più, semplicemente, l’uomo, ma l’uomo povero. Il suo è stato un antropocentrismo ‘della liberazione’ (…) per essa il motto della modernità risuonerebbe così: omnia ad maiorem paperi gloriametiam Deus”.

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