Testimonianza di unità

Ogni testimonianza di unità nasce dall’incontro col Risorto, si nutre del rapporto costante di Lui, è animata dall’amore profondo verso di Lui

“Il Cristo risorto appare ai discepoli di Emmaus, li conforta, vince il loro timore, i loro dubbi, si fa loro commensale e apre il cuore all’intelligenza delle Scritture. Ricordando quanto doveva accadere e che costituirà il nucleo centrale dell’annuncio cristiano. Gesù afferma: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme” (Lc 24,46-47).

Questi sono gli eventi dei quali renderanno testimonianza innanzitutto i discepoli della prima ora e, in seguito, i credenti in Cristo di ogni tempo e di ogni luogo. E’ importante, però, sottolineare che questa testimonianza, allora come oggi, nasce dall’incontro col Risorto, si nutre del rapporto costante con Lui, è animata dall’amore profondo verso di Lui. Solo chi ha fatto esperienza di sentire il Cristo presente e vivo – “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io”! (Lc 24,39) -, di sedersi a mensa con Lui, di ascoltarlo perché faccia ardere il cuore, può essere suo testimone! Per questo, Gesù promette ai discepoli e a ciascuno di noi una potente assistenza dall’alto, una nuova presenza, quella dello Spirito Santo, dono del Cristo risorto, che ci guida alla verità tutta intera: “Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso” (Lc 24,49), dice agli Undici e a noi. Gli Undici spenderanno tutta la vita per annunciare la buona notizia della morte e risurrezione del Signore e quasi tutti sigilleranno la loro testimonianza con il sangue del martirio, seme fecondo che ha prodotto un raccolto abbondante.

La scelta del tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno, l’invito, cioè ad una testimonianza comune del Cristo risorto secondo il mandato che Egli ha affidato ai discepoli, è legata al ricordo del centesimo anniversario della Conferenza missionaria di Edimburgo in Scozia, che viene considerata da molti come un evento determinante per la nascita del movimento ecumenico moderno. Nell’estate del 1910, nella capitale scozzese si incontrarono oltre mille missionari, appartenenti a diversi rami del Protestantesimo e dell’anglicanesimo, a cui si unì un ospite ortodosso, per riflettere insieme sulla necessità di giungere all’unità per annunciare credibilmente il Vangelo di Gesù Cristo.

Infatti proprio il desiderio di annunciare agli altri il Cristo e di portare al mondo il suo messaggio di riconciliazione che fa esperimentare la contraddizione della divisione dei cristiani. Come potranno, infatti, gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo se i cristiani, sebbene si richiamino tutti al medesimo Cristo, sono in disaccordo tra di loro?

Del resto, come sappiamo, lo stesso Maestro, al termine dell’Ultima Cena, aveva pregato il Padre per i suoi discepoli: “Che tutti siano una sola cosa…perché il mondo creda” (Gv 17,21). La comunione e l’unità dei discepoli di Cristo è, dunque, condizione particolarmente importante per una maggiore credibilità ed efficacia della loro testimonianza.

Ad un secolo di distanza dall’evento di Edimburgo, l’intuizione di quei coraggiosi precursori è ancora attualissima. In un mondo segnato dall’indifferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana, è necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il Cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia.

Non mancano, purtroppo questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio cristiano che possiamo annunciare tutti assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito. Mentre siamo in cammino verso la piena comunione, siamo chiamati ad offrire una testimonianza comune di fronte alle sfide sempre più complesse del nostro tempo, quali la secolarizzazione e l’indifferenza, il relativismo e l’edonismo, i delicati temi etici riguardanti il principio e la fine della vita, i limiti della scienza e della tecnologia, il dialogo con le altre tradizioni religiose. Vi sono poi ulteriori campi nei quali dobbiamo sin da ora dare comune testimonianza: la salvaguardia del Creato, la promozione del bene comune e della pace, la difesa della centralità di ogni persona umana, l’impegno per sconfiggere le miserie del nostro tempo, quali la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni” (Benedetto XVI, Omelia dei secondi Vespri nella Conversione di san Paolo, 25 gennaio 2010).

L’impegno per l’unità dei cristiani non è compito solo di alcuni, né attività accessoria per la vita della Chiesa. Ciascuno è chiamato a dare il suo apporto per compiere quei passi che portino verso la comunione piena di tutti i discepoli di Cristo, senza mai dimenticare che essa è innanzitutto dono di Dio da invocare costantemente. Infatti la forza che promuove l’unità e la missione sgorga dall’incontro fecondo e appassionante col Risorto, come è avvenuto per san Paolo sulla via di Damasco e per gli Undici e gli altri discepoli riuniti a Gerusalemme. Anche la presenza continua della Vergine Maria, Madre della Chiesa, presenza richiamata anche da apparizioni o presunte tali, è un contributo perché si realizzi il desiderio del Suo Figlio: “Che tutti siano una cosa sola…perché il mondo creda” (Gv 17,21).

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