Simbolo della luce pasquale, che si irradia dal Crocefisso sul petto di Maria nell'apparizione a La Salette
Dal libro di Umberto Paiola "La Salette in Italia.1- Attualità di un evento" da pag. 142 a pagina 146
La nostra indifferenza religiosa (il farea meno di Dio, "voltargli le spalle" Eb 12,25; il non dare il primo posto a Lui e a Gesù Riconciliatore anche in pubblico; l'essere indifferenti alla sua Grazia) renderebbe inefficace ed inutile ("pesante, inerte, lasciata cadere e andare a vuoto: Es 17,12) la Parola viva del Signore che si fa presente, la sua opera della salvezza (Eb 10,29), ed anche la sollecitudine e l'intercessione di Maria.
Tuttavia, nonostante la nostra eventuale indifferenza, l'azione misericordiosa di Gesù è più forte ed è sempre all'opera: il "braccio forte" della sua salvezza non pesa per condannare, ma è aperto per accogliere le mani protese dei salvati e fiduciosi (simbolo della luce pasquale,che si irradia dal Crocefisso sul petto di Maria nell'apparizione a la Salette il 19 settembre 1846).
Non dovremmo reagire con sorpresa scomposta di fronte alle parole di Maria ("il braccio forte di mio Figlio"), ma accoglierle consapevoli del loro significato e con gratitudine. L'espressione può essere considerata "troppo forte" da chi (laici e sacerdoti) vive e diffonde una religiosità edulcorata-devozionale ed un Vangelo annacquato. È questione di avere una più ampia formazione biblica e religiosa e di prendere il Vangelo come "notizia" incontrotendenza, nella linea delle Beatitudini che propongono e chiedono il "di più" rispetto alla mentalità diffusa.
Lo sguardo dei due veggenti (Melaina e Massimino) era attirato dal fulgore del Crocifisso sul petto di Maria: "Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me" (Gv 12,329.Ma sappiamo che Gesù, il Crocefisso, l'Uomo dei dolori, sulla croce è stato ed è segno e "Motivo di contraddizione"(Lc 2,34) è stato ed è disprezzato ("Noi predichiamo Cristo crocifisso" (1Col 1,23).
"Accettare la "croce" non è facile, crea sofferenza, è motivo di divisione (Lc 2,34). Perdura nella storia umana l'atteggiamento contrapposto e la discriminazione determinato da Gesù crocifisso:
- per alcuni è motivo di perdizione (1 Cor 1,18);
- per altri è annuncio di stoltezza (1 Cor 21 b,23)
- per altri è manifestazione della potenza dell'amore e della salvezza offerta da Dio all'umanità
Oggi poi da alcuni ne è richiesta anche la rimozione come simbolo dai luoghi pubblici: ma ciò non si può, per coerenza con l'ultima sentenza del Consiglio di Stato! In merito al problema più volte sollevato in nome "laicità" dello Stato e all'esposizione o meno del crocifisso come simbolo religioso nei luoghi pubblici (scuole, tribunali, ospedali, banche, ecc.): i cattolici italiani sprovveduti e i genitori degli alunni tengano presente la sentenza n. 556 del 13 gennaio 2006 del Consiglio di Stato (che precisa e conferma la sentenza n. 157 del 9 giugno 1988) e i "furbi" (politici, insegnanti, laicisti) non facciano finta di ignorarla. Questa definitiva sentenza serva a scoraggiare ogni velleitario e pretestuoso tentativo di togliere i crocefissi.
"Respinta la richiesta di rimuovere il crocifisso dalle aule scolastiche…", la sentenza esplicita il significato e il valore di tale simbolo: "Il crocifisso è un simbolo che può assumere diversi significati per intenti diversi; innanzitutto per il luogo ove è posto. In un luogo di culto il crocifisso è propriamente ed esclusivamente un 'simbolo religioso', in quanto mira a sollecitare l'adesione riverente verso il fondatore della religione cristiana.
"In una sede non religiosa, come la scuola, destinata all'educazione dei giovani, il crocefisso potrà ancora rivestire per i credenti i suaccennati valori religiosi, ma per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata e assumerà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, se esso è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile e intuibile (al apri di ogni simbolo) valori civilmente rilevanti, e segnatamente quei valori che soggiacciono e ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile. In tal senso il crocifisso potrà svolgere, anche in un orizzonte 'laico', diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni.
"Ora è evidente che in Italia, il crocefisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l'origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana. Quei valori, che hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo italiano, soggiacciono ed emergono dalle norme fondamentali della nostra carta Costituzionale".
"Il Credo cristiano ci mette di fronte a Gesù Crocifisso e allo "scandalo" della Croce". Nel Credo proclamiamo: patì, fu crocifisso, morì per la nostra salvezza…È la sintesi dell'evento pasquale, testimonianza suprema dell'amore totale donato dal Padre per la nostra salvezza. Il Crocifisso è stato piantato tra le croci del mondo perché rifiorisca la vita e l'amore.
Gesù umiliato, sofferente e crocifisso, "innalzato …elevato da terra" (Gv 8,28;12,32), messo in evidenza da Maria a La Salette, sconcerta Pietro ed anche noi (Mc 8,31-33). Ma Gesù dichiara che il cammino della croce, se è umanamente illogico o assurdo, è coerente esigenza di disponibilità e fedeltà al progetto della salvezza. Come Gesù è il Salvatore e il Signore della storia perché è stato "obbediente" e fedele al Padre e solidale con noi peccatori e sofferenti, così la nostra esistenza raggiungerà la progressiva e piena realizzazione nell'"obbedienza" al Dio dell'amore e della vita. Occorre "pensare non secondo gli uomini ma secondo Dio" e la stoltezza della croce condanna la sapienza umana quando si esprime con la presunzione di essere l'unica verità. "Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscere la sapienza divina, che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria" (1 Cor 2,7-8). Ma sta di fatto che continuamente certi "dominatori di questo mondo" (nella filosofia, nella politica, nei rapporti sociali) non intendono accogliere "la sapienza divina" e pretendono "crocifiggere", ossia emarginare dalla propria esistenza e dalla convivenza civile il Signore della gloria.
Il Crocifisso è davvero la risposta provocatoria alle domande e sfide di ogni generazione, e di ognuno di noi. Già al Calvario la sfida di molti divenne bestemmia: "Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce" (Mt 27,40). Oggi scatta la facile ribellione…Se sei Figlio di Dio, perché permetti le ingiustizie, perché lasci morire tanti innocenti? E via di seguito con questa "litania" priva di fede, e quasi sfida all'amore "silenzioso" ma reale di Dio.
"La croce è un segno "misterioso", non sempre facile da decifrare e da accogliere. Per sé stesso è offerta d'amore, è provocazione a guardare con più fede a Gesù che tramite il supplizio della croce ha dato testimonianza suprema della disponibilità per gli altri, della condivisione di ogni umiliazione e martirio, "passaggio" (Pasqua) nella storia per liberare e purificare da ogni egoismo ed orgoglio, per ridare dignità ad ogni persona sofferente e martoriata dalla prepotenza umana.
Più che la croce, il Crocefisso ad essa appeso è divenuto, attraverso la risurrezione, la manifestazione totale dell'amore di Dio per ognuno di noi: "Dio ha tanto amato il mondo (al punto) da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). È un richiamo a guardare non solo alla "croce" e alle sofferenze con comprensibile fastidio o ribellione, ma supplicare il "dono della sapienza" per fare qualche passo verso l'apprendimento della "sapienza della croce", per crescere nell'imitazione di Gesù secondo le parole di Paolo: "Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo" (Col 1,24). Coltivare la vita in Cristo: "comportatevi come Cristo si è comportato" (1 Gv 2,6) e "sia formato Cristo in voi" (Gal 4,19b). Pur sapendo che non è facile lottare per la preminenza della verità del bene, dei valori religiosi, "accettare le croci".
"Lo sguardo fisso su Gesù". Si comprende quanto è grande l'amore di Dio per noi, guardando il petto squarciato di Gesù sulla croce: "Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me" (Gv 12,32; Gv 19,37). L'autore della lettera agli Ebrei così si esprime "Teniamo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede" (Eb 12,2). Non si tratta di una contemplazione evanescente o emotiva, ma dell'impegno per far sì che la nostra esistenza cristiana segua la rotta tracciata da Cristo Gesù e ne sia significativo richiamo per l'uomo d'oggi, sovente sicuro di sé ma anche a volte smarrito e in cerca di senso della vita.
Porsi continuamente di fronte a Cristo Gesù, significa in particolare accrescere le convinzioni religiose (ed essere testimoni) su alcuni contenuti cristologici, quali:
- Gesù è l'inviato del Padre;
- è il testimone e l'Annunciatore della Verità e del senso pieno della vita,
- è l'unico Salvatore dagli egoismi, dalle deviazioni, dalle presunzioni, dl peccato, dai fallimenti;
- È il "totalmente fedele" alla missione ricevuta, donandosi nonostante le umiliazioni, l'abbandono e la solitudine;
- È il Risorto, centro della storia che dà motivazioni profonde alla nostra speranza perché il bene e l'amore siano possibili nella nostra storia travagliata;
- È il donatore della vita divina, cui siamo tutti chiamati in pienezza, ora e per l'eternità.
"Vivere in Cristo", quale unico Salvatore. "Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!" (At 2,36). "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4,12).
Scrive san Paolo: "Fratelli, quando sono venuto in mezzo a voi…ritenni di non sapere altro se non Gesù Cristo, e questi crocifisso" (1 Cor 2,2). L'affermazione è forte ed intorno ad essa (Cristo Salvatore, Risorto sacramentalmente presente e Signore della storia) devono ruotare la fede, le scelte soprattutto morali, la testimonianza di carità, il servizio, la vita comunitaria. Sappiamo, o dovremmo sapere, di vivere in una società nella quale ad alcuni "non interessa (e vorrebbero convincere altri) che ci sia uno (Gesù) che ci dica cosa fare e cosa non fare".
Lo sapeva l'apostolo Paolo che su questi contenuti aveva impegnato con forza tutta la sua esistenza e l'apostolato tra popolazioni, le quali per lo più incentravano la vita sulla legalità, sul sapere umano e la filosofia, sulla ricchezza e sul sesso. Ne sono stati profondamente convinti i santi e i martiri nei 20 secoli di storia della Chiesa. Dobbiamo tenerne conto noi, operanti in questo tempo moderno. Qualunque sia la situazione in cui viviamo ed operiamo, non possiamo eludere una domanda giustamente provocatoria: Cristo Gesù è veramente per me il Salvatore e il Signore cioè datore di ogni bene? In che senso e perché? A Lui cerchiamo di essere fedeli? Anche il nostro animo e la nostra esistenza possono essere inariditi e desertificati dall'indifferenza religiosa dell'ambiente circostante: sta a noi aprire mente e coscienza e dissetarci alla sorgente d'acqua viva.
Vivere nella fedeltà a Gesù. Con il profeta Geremia preghiamo: "Tu, Signore, mi conosci, mi vedi in ogni istante, tu provi che il mio cuore è con te" (Ger 12,3). "So a chi ho creduto e sono convinto che egli è capace di conservare il mio deposito (= la fede intatta) fino a quel giorno" (2 Tm 1,12). La fede solida dell'Apostolo Paolo è richiamo anche per la nostra fede e soprattutto la fedeltà quotidiana che può subire provocazioni ed incrinature.
Maria a La Salette parla di "abbandono": in realtà non è Gesù che si allontana da noi e ci abbandona, ma siamo noi ad allontanarci e ad abbandonarLo. Comprendiamo allora che il cammino di fede essenzialmente è impegno per non allontanarci da Lui, per non tradire, ma essere fedeli, essere di parola: "Signore Dio, noi abbiamo peccato, abbiamo agito da iniqui allontanandoci da te. Non ci abbandonare …ora ti seguiamo con tutto il cuore" (Dn 3,29.34.41).
E l'apostolo Paolo ci sprona a far sì che "Cristo abiti per la fede (che lui non ci abbandona anche abbandonato) nei nostri cuori" (Ef 3,17), nelle scelte e nella vita: come tralci legati alla vite (Gv 15,1-5; Gv 3,18).
Di quale salvezza sentiamo il bisogno? Della salvezza intesa solo come "liberazione" dalla paura della guerra, da una situazione penosa, da una malattia o dalla sofferenza, da persone che mi danno molto fastidio? La salvezza che mi dona Gesù va (deve andare) più in profondo: essenzialmente è la proposta di vivere fuori dai miei schemi mentali ed esistenziali e di adeguarmi, più di quanto abbia fatto sinora, "alla maniera di Gesù" e la relativa capacità di aderirvi.
Non sembri una richiesta esagerata quella qui di seguito riportata: siamo nella logica della crescita battesimale segnandoci con l'acqua benedetta, del "vivere in Cristo" ("abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù": Fil 2,5), della vita di santità umile e semplice di Madre Teresa come di una qualsiasi casalinga o impiegato d'ufficio. Come dei santi coniugi Beltrame Quattrocchi di Roma. La sostanza delle esigenze evangeliche rimane la stessa: una fede, più che su misura propria come i vestiti, "si misura di Gesù".
All'umanità depressa, schiava, priva e privata di gioia, o senza fede in un Essere superiore, Gesù offre i motivi che la gioia è possibile. Non per nulla Giovanni Paolo II all'inizio del suo pontificato aveva gridato ai battezzati superficiali e ai non credenti: "Spalancate le porte a Cristo!". Il coinvolgimento nella vita dei poveri, degli emarginati, dei peccatori, dei lebbrosi conferma che Gesù è il portatore di gioia piena e di speranza che non delude. Ma ancor di più, Gesù stesso è la gioia. Allora non solo rinnoviamo la scelta di Gesù, ma coltiviamo la fedeltà quotidiana, trasmettiamo la gioia di appartenere a Cristo. "Vi ho dato la Parola e vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi sia piena" (Gv 15,11). Gesù risorto è presente sulla barca della nostra vita: la sua presenza, benché sembri muta e non percepibile, infonde un profondo senso di abbandono fiducioso e di pace interiore.
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