XI Domenica



XI Domenica (Mt 9,36 – 10,8) "Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, li mandò) È la nostra Chiesa apostolica in ogni Vescovo con tutti i Papi in continuitànella Tradizione, costitutiva della Rivelazione con la Scrittura. Dopo il racconto della vocazione di Matteo-Levi di domenica scorsa, questa settimana lo stesso san Matteo ci presenta la missione del gruppo dei Dodici, finalmente formato.

 

Gesù aveva già associato a sé molti discepoli, significativamente Matteo si mette fra gli ultimi chiamati, ma non aveva ancora costituito il gruppo dei dodici Apostoli.

 

Apostolo significa inviato, ossia rappresentante con gli stessi poteri di chi lo ha inviato. In un mondo in cui era difficile comunicare, succedeva spesso che chi esercitava un'autorità incaricasse un altro di agire in nome e per conto suo proprio, in modo da recapitare messaggi importanti, mantenere contatti ufficiali o concludere accordi.

 

Nell'Antico Testamento anche Dio si era servito di messaggeri per far rendersi presente al popolo di Israele: erano stati i Profeti, che si erano presentati numerosi al principio e poi via via erano andati diminuendo di numero fino a scomparire.

 

Nel libro del profeta Daniele, al tempo dell'esilio, ci si lamenta così: "Ora non abbiamo più né principe, né capo, né profeta... e nessuno di noi sa fino a quando..."

 

Nel momento in cui Giovanni Battista comincia a predicare nel deserto, la cosa solleva meraviglia e molti si recano a sentirlo perché vedono in lui ridestarsi lo spirito degli antichi profeti.

 

Di fronte alla stessa manifestazione di Gesù di Nazaret, potente in opere e in parole, qualcuno non sa darsi spiegazione migliore che pensare ad uno degli antichi profeti tornato in vita.

 

L'evangelista Marco ci informa: "Il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: "Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui". Altri invece dicevano: "È Elia"; altri dicevano ancora: "È un profeta, come uno dei profeti". Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: "Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!".

 

In effetti Gesù si comporta come uno degli antichi profeti, parlando con autorità e compiendo gesti simbolici, ma supera tutti i profeti dell'Antico Testamento, perché Egli non solo sostiene di essere stato mandato da Dio, ma anche manda in nome e per conto di Dio.

 

Che gli apostoli che Gesù riunisce attorno a sé per poi destinarli alla missione fossero precisamente dodici di numero ha un significato simbolico che non sfuggiva a nessun fedele ebreo.

 

Dodici infatti erano stati i figli di Giacobbe recatesi in Egitto al tempo della carestia e da cui poi si sarebbero formate le dodici tribù di Israele. Infatti Israele, altro nome di Giacobbe, entra in Egitto sotto forma di famiglia patriarcale e ne esce dopo qualche centinaio di anni come popolo numeroso.

 

Costituendo il collegio dei dodici "Inviati" o Apostoli, Gesù dunque intende dare inizio ad un nuovo popolo di Dio, la Chiesa, che troverà in quelli che Egli sceglie dei punti di riferimento stabili e sicuri.

 

Altrove infatti nel Nuovo Testamento con riferimento agli Apostoli si parla di colonne. San Paolo si vanta che in occasione di un loro incontro, "Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne (della Chiesa), diedero" a lui "e a Barnaba" la destra in segno di comunione e come gesto di approvazione del loro impegno missionario fra i pagani.

 

San Giovanni nell'Apocalisse descrive la Città Santa, la nuova Gerusalemme, che scende dal cielo da Dio, simbolo della Chiesa. La città è circondata da un grande e alto muro con dodici porte e questo muro poggia "su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli".

 

Nella condizione contraria a quella prevista per la Chiesa nel progetto iniziale e descritta nel suo compimento finale si trovano le folle che Gesù vede davanti a sé nel corso della sua attività pubblica. Esse ci dice il Vangelo di oggi erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Nel testo originale greco troviamo due espressioni forti. Si potrebbe dire che le folle agli occhi di Gesù erano: "lacerate e gettate a terra".

 

"Lacerate" perché ognuno andava per conto suo, come capita quando manca una guida autorevole e riconosciuta, e "gettate a terra", demotivate e moralmente distrutte.

 

La reazione di Gesù non è di disprezzo, ma di compassione e di preoccupazione: "Chi si prenderà cura di tanta gente così bisognosa di istruzione e incoraggiamento?"

 

Alla constatazione che le forze di cui Egli, il Salvatore del mondo, dispone sono scarse, Gesù fa seguire un invito alla preghiera: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!", sacerdoti, vescovi alla sua Chiesa.

 

Ciò che dispiace a Gesù non è che la folla che lo cerca sia per lo più composta da gente comuni, non molti ricchi non molti aristocratici, ma ciò che lo addolora è che tante possibilità di bene connaturate ad ogni persona umana vadano sprecate e irrimediabilmente perdute, per mancanza di sacerdoti.

 

Lo vediamo anche in questi giorni: continui rovesci atmosferici possono compromettere anche i migliori raccolti. Lo stesso vale per l'ambito spirituale.

 

Gesù invita a pregare in modo che torni a splendere la luce benefica della Grazia sul volto e nel cuore della gente, poi interverranno i mietitori a portare a compimento l'opera del bene.

 

Risvegliare il senso di Dio è importante anche ai nostri giorni. Solo a partire da Lui e dalla sua parola riusciamo a dare spiegazione alle tante contraddizioni del mondo d'oggi. Vivere per Dio è la migliore testimonianza che un cristiano possa dare e la maniera più semplice che ha per partecipare alla missione della Chiesaattraverso i sacerdoti.

1

Commenti

Post popolari in questo blog

Nove mesi di novena alla Madonna, fino al 25 dicembre

Anglicani

I peccati che mandano più anime all'inferno