II Domenica di Quaresima

L'episodio della trasfigurazione prepara gli apostoli a superare lo scandalo della croce e a capire la gloria della risurrezione
In questa seconda domenica del cammino quaresimale con Gesù la liturgia ci propone il racconto della storia di amore, dell'Alleanza di Dio con Abramo; la seconda lettura parla
dell'attesa di Gesù Cristo cioè del darsi del Figlio del Padre assumendo un volto umano come nostro salvatore: il Vangelo è quello della Trasfigurazione.
La storia di amore, l'Alleanza di Dio con Abramo è un passo fondamentale nel progetto di Dio. Tutte le religioni sono tentativi di dare un volto a Dio, al suo rapporto con gli uomini e sono quindi relative, opinabili. Qui è Dio stesso, persona divina, Dio vivente che si lega a una persona e una famiglia e fa promesse meravigliose per tutta l'umanità: accogliere la Rivelazione è la fede  nella Verità che rende liberi, capaci di essere amati e di amare.
Questa Storia di amore, questa Antica Alleanza è soltanto il primo passo della paternità divina per tutta la creazione. La Nuova Storia di amore, la Nuova Alleanza sarà molto più generosa, perché in essa la paternità divina fa assumere, attraverso lo Spirito Santo, all'unica Persona divina del Figlio un volto, una natura umana in tutto uguale alla nostra. Non era possibile da parte di Dio, della Verità, stabilire con noi un legame più profondo, più forte, più perfetto di questo. Gesù è e rimane Figlio di Dio – come sentiamo nella Trasfigurazione "Questi è il Figlio mio, l'Amato; ascoltatelo" – e nello stesso tempo possiede una natura umana discendente da Abramo. Quindi in Lui si adempie per tutta l'umanità la promessa fatta ad Abramo. La Trasfigurazione è uno dei segni più importante del Vangelo che viene dopo la prima predizione della passione e punta a preparare gli apostoli a superare lo scandalo della croce e a capire la gloria della risurrezione. Attualizzando questo Segno qui da Risorto punta a preparare anche noi nell'attesa dell'al di là non solo dell'anima ma anche del nostro corpo in cieli nuovi e terra nuova .
Salire sulla montagna per i tre Apostoli ha perciò voluto dire essere coinvolti nella preghiera di Gesù, che si ritirava spesso in orazione cioè in dialogo con il Padre nello Spirito Santo, specialmente all'alba e dopo il tramonto, e talvolta per tutta la notte. Solo però quella volta, sulla montagna, Egli volle manifestare ai suoi amici la luce interiore,  di persona divina nella natura umana, che lo ricolmava quando pregava: il suo volto – leggiamo nel Vangelo – s'illuminò e le sue vesti lasciarono trasparire anche all'esterno lo splendore dell'unica Persona divina del Verbo che ha assunto un volto umano, una natura umana (Lc 9,29).
C'è un altro dettaglio, proprio nel racconto di san Luca, che merita di essere sottolineato: l'indicazione cioè della conversazione di Gesù con Mosè ed Elia, apparsi accanto a Lui trasfigurato. Essi – narra l'Evangelista – "parlavano della sua dipartita (in greco éxodos), che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme" (9,31). Dunque Gesù, ascolta la Legge e i Profeti  che gli parlano della sua morte e risurrezione. Nel suo dialogo intimo con il Padre, egli non esce dalla storia, non sfugge alla missione per la quale è venuto nel mondo, anche se sa che per arrivare alla gloria dovrà passare attraverso la Croce e questa è la via per tutti noi. Anzi, Cristo entra più profondamente in questa missione, aderendo con tutto se stesso alla volontà del Padre, e ci mostra che la vera preghiera consiste proprio nell'unire la nostra volontà a quella di Dio. Per un cristiano, pertanto, pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell'amore fedele e inesauribile del Padre che vede e Provvede con una onnipotenza più grande delle nostre necessità. Per questo, la verifica della Trasfigurazione è, paradossalmente, l'agonia del Getsemani (Lc 22,39-46). Nell'imminenza della passione, Gesù ne sperimenterà l'angoscia mortale e si affiderà alla volontà divina; in quel momento la sua preghiera sarà pegno di salvezza per tutti noi. Cristo, infatti, supplicherà il Padre celeste di non indurlo nella tentazione cioè nella prova, di "liberarlo dalla morte" e, come scrive l'autore della lettera agli Ebrei, "fu esaudito per la sua pietà" (5,7). Di tale esaudimento è prova la risurrezione.
La preghiera, soprattutto in quaresima, non è un accessorio, un opzional,  ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida al Padre con amore filiale e fraterno, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso, uno e trino. Durante questo tempo di Quaresima, chiediamo a Maria, Madre del Verbo incarnato e Maestra di vita spirituale, di insegnarci a pregare come faceva suo Figlio con il Padre, perché la nostra esistenza sia trasformata dalla luce della sua presenza. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Anglicani

I peccati che mandano più anime all'inferno

Sulla bellezza della Messa “Tridentina”