L'innamoramento di Cristo per ogni uomo

La Chiesa è la continuità nel tempo dell’umanità di Gesù attraverso la carne di noi peccatori continuamente perdonati. Essa non è assieme casta e meretrice, ma è casta proprio perché peccatrice continuamente perdonata dal Sacramento della Riconciliazione

E’ uscito attraverso le Edizioni di san Paolo l’ultimo libro di Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia dal titolo che non dà ciò che promette il titolo La Straniera. Meditazioni sulla chiesa. Cioè non risponde a domande oggi emergenti richiamate da Mattia Ferraresi sul Foglio di sabato 13 e domenica 14 maggio 2017: Da dove verrà oggi l’aiuto in un
momento storico post - cristiano? Dal fervore evangelico popolare non intellettuale dell’America Latina?  Dalle vocazioni africane? Da una semplificazione delle cose difficili che la chiesa propone? Dall’apertura al sacerdozio femminile?, Dal cristianesimo nippo – hollywoodiano di Silence, che supera il principio di non contraddizione e si libera dal fardello occidentale del logos? Poiché lo scontro di civiltà ha sempre un lato esterno e uno interno, appare immancabile in una riflessione sulla Chiesa, una disanima politologica sulle correnti, sulle anime, sulle liti e i conflitti d’interpretazione, la polarizzazione fra progressisti e conservatori, le valutazioni sul pontificato di Francesco o almeno una qualche presa di posizione sulla comunione ai divorziati risposati. Il libro – sempre secondo Ferraresi -  sul rapporto fra cristianesimo e mondo che sta facendo più discutere in America, e ormai anche in Europa, è The Benedict Option di Rod Dreher, il “testo religioso più importante”, come lo definisce l’editorialista David Brooks, che nel sottotitolo spiega la sua funzione: “Una strategia per i cristiani in un mondo post cristiano”. La preoccupazione dell’autore è delineare una strategia perché i cristiani che ancora vogliono vivere come tali (gli ortodossi con la “o” minuscola, come li chiama Dreher, che è un ortodosso russo) possano trovare luoghi e contesti per farlo. Dato che la forza del mondo sembra ormai imbattibile con una battaglia frontale, peraltro a lungo tentata, Dreher suggerisce una ritirata strategica come metodo privilegiato per vivere una vita cristiana. Nel suo Strangers a Strange Land l’arcivescovo Di Philadelphia Charles Chaput, delinea con lucida e dolorosa precisione i tratti foschi, lividi della condizione contemporanea in cui la chiesa si trova ad agire. Ancora una volta compare la dimensione post cristiana: “ Vivere la fede cattolica in un mondo post cristiano”.
Ci sono oggi anche elementi carismatici tra cui il messaggio di Fatima che è sicuramente l’evento più importante del XX secolo e 100 anni dopo mostra tutta la sua attualità come chiave interpretativa del nostro tempo. Il messaggio di Fatima è un tutto unico composto di tre parti. Una terrificante visione dell’Inferno alla quale pone rimedio la misericordia di Dio attraverso il Cuore Immacolato della Madonna sollecitando la nostra responsabilità personale nell’accogliere attraverso Cristo nel dono del suo Spirito il perdono garantito dal Padre fino al termine personale di questa vita, al compimento della storia per l’umanità. La seconda parte riguarda le nazioni ed è riassunta da quella frase secondo cui la Russia con il comunismo diffonderà nel mondo i suoi errori. A questa diffusione nell’umanità impenitente la Madonna contrappone delle richieste fra cui la consacrazione della Russia al cuore immacolato di Maria fatta dal papa e dai vescovi in unione con lui. Nella terza parte si parla di persecuzioni contro la Chiesa e l’invito a “penitenza, penitenza, penitenza” ci richiamano all’idea, all’esistenza del bene e del male di fronte al relativismo e all’edonismo dominante che oscurano le coscienze con l’azione del Serpente antico, come ricorda l’Apocalisse.
Il cardinale Ratzinger, in qualità di prefetto della Congregazione per la Dottrina Fede, scrisse nel 2000 il Commento teologico ai segreti di Fatima. A proposito del terzo segreto e delle visioni dei veggenti scrisse ciò che ci restituisce l’estrema attualità del messaggio: anche di fronte alla rivelazione di Cristo sulla misericordia del Padre che tenta e ritenta fino al termine di ogni vita resta la responsabilità di ogni io nell’accoglienza o nel rifiuto con tutte le conseguenze storiche ed eterne di salvezza o dannazione: “L’angelo con la spada di fuoco a sinistra della Madre di Dio ricorda le analoghe immagini dell’Apocalisse. Esso rappresenta la minaccia del giudizio, che incombe sul mondo. La prospettiva che il mondo potrebbe essere incenerito in un mare di fiamme, oggi non appare assolutamente come una pura fantasia: l’uomo stesso ha preparato con le sue invenzioni la spada di fuoco. La visione mostra poi la forza che si contrappone al potere della distruzione – lo splendore della Madre di Dio e, proveniente in un certo modo da questo, l’appello alla penitenza. In tal modo viene sottolineata l’importanza della libertà dell’uomo e della sua responsabilità: il futuro non è affatto determinato in modo immutabile, e l’immagine che i bambini videro, non è affatto un film anticipato del futuro, del quale nulla potrebbe essere cambiato. Tutta quanta la visione avviene in realtà solo per richiamare sullo scenario della libertà e volgerla in una direzione positiva. Il senso della visione non è quindi quello di mostrare un film sul futuro irrimediabilmente fissato. Il suo senso è esattamente il contrario, quello di mobilitare le forze del cambiamento in bene”. Ed è proprio questo richiamo che il Cuore Immacolato di Maria ci offre.
In preparazione al centenario Benedetto XVI andò pellegrino a Fatima e dichiarò: “Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa”. Poi, riferendosi alla “visione” pubblicata nel 2000, spiegò che – insieme alle sofferenze del Papa, che “possiamo riferire  in prima istanza a Giovanni Paolo II” – nel Messaggio di Fatima c’è molto di più, perché “sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano ..e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano …una passione della Chiesa”. Fra le “novità” del Messaggio “vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi …ma le sofferenze della Chiesa vengono dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa”, anzi aggiunse, “la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa”. Benedetto XVI concludeva che dobbiamo tornare all’essenziale: “la conversione, la preghiera, la penitenza e le tre virtù teologali”. Il Papa lanciava l’allarme perché “la fede in ampie regioni della terra, rischia di spegnersi come una fiamma che non viene più alimentata”. E questo aggiungeva il Pontefice ha pure un riverbero terribile sul mondo perché “l’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo”. In sintesi il Papa, quel 13 maggio 2010, fa capire che il messaggio di Fatima non si esaurisce nel passato (per esempio nell’attentato a Giovanni Paolo II da parte di Alì Agca), quindi è necessario ascoltare anche oggi l’esortazione della Madonna alla conversione, alla penitenza e alla preghiera perché la Chiesa è sotto attacco (anche dall’interno) e la fede si sta spegnendo in tante parti del mondo; perché l’umanità rischia di finire in un baratro.
Papa Francesco, che non era mai stato a Fatima, neppure da sacerdote, non poteva avere quella fiducia che matura, nelle apparizioni provate, facendone l’esperienza del messaggio. Il 12 maggio, nella Cappella delle Apparizioni, presentandosi come “vescovo vestito di bianco”, il papa ha detto: “vengo come profeta e messaggero per lavare i piedi a tutti, alla stessa mensa che ci unisce”. Poi, l’invito a seguire l’esempio di Francesco e Giacinta. “Percorreremo così ogni rotta, andremo pellegrini lungo tutte le vie, abbatteremo tutti i muri e supereremo ogni frontiera, uscendo verso tutte le periferie, manifestando la giustizia e la pace di Dio”. Nella sua omelia del 13 maggio sul sagrato del santuario Francesco ha ricordato “tutti i mie fratelli nel Battesimo e in umanità”, in particolare “gli ammalati e i disabili, i detenuti e i disoccupati, i poveri e gli abbandonati”, invitando a “riscoprire il volto giovane e bello della Chiesa, che risplende quando è missionaria, accogliente, libera, fedele, povera di mezzi e ricca di amore”. L’originaria dimensione tragica del messaggio di Fatima sulla responsabilità umana, che ruota attorno al concetto di peccato e di castigo, non è richiamata. La Madonna aveva detto alla piccola Giacinta che le guerre non sono altro che il castigo cioè le conseguenze per i peccati del mondo e che i peccati non confessati e non perdonati che portano le anime all’inferno sono quelli contro la castità e la purezza. Se oggi viviamo una “terza guerra mondiale a pezzi”, come spesso ripete papa Francesco, come non ricollegarlo alla terribile esplosione di immoralità contemporanea anche tra i bambini, arrivata al punto di legalizzare l’inversione delle leggi morali? La Madonna disse ancora a Giacinta che se non vi fosse stato emendamento e penitenza, l’umanità si sarebbe trovata punita, ma infine il Suo Cuore Immacolato e quindi quello del Suo Gesù, cui sempre rimanda, avrebbe trionfato e il mondo intero si sarebbe convertito. Oggi non solo la parola castigo è aborrita, perché la misericordia di Dio, prioritaria alla giustizia, cancella ogni peccato con un futuro già determinato, ma la stessa idea di conversione è sgradita, perché il proselitismo, secondo papa Francesco, “è il veleno più forte contro il cammino ecumenico”. C’è quindi una reinterpretazione del messaggio di Fatima e di come teologicamente l’ha argomentato Benedetto XVI e visto secondo categorie sociologiche, diverse dall’originario profetico annuncio.
Camisasca di fronte a questa pluralità di valutazioni racconta una sua storia d ‘amore alla Chiesa. Amore, amante – osservare Ferraresi –amato, amoroso, innamorato, innamoramento: sono queste le parole che rimangono più a lungo appiccicate addosso alla fine di questo volume che è breve ma non agile, come si usa dire, L’agilità rimanda a balzi veloci e passeggeri, mentre questo libro è tutto proteso verso lo stabile e l’eterno, “non si perde nelle cose secondarie”, come scrive Ezio Castellucci, arcivescovo di Modena, nella prefazione. Sono pagine tridimensionali, che si muovono nel senso della profondità e della durata, non si risolvono nella dimensione dell’immediato. E’ di facile lettura, ma è tutto il contrario dell’agilità. Inoltre Camisasca ci risparmia la sociologia, un gesto pieno di misericordia verso un popolo smarrito ma mai digiuno di analisi, parametri, tendenze.
Ciò che rende questo testo originale rispetto ad altri di questo periodo è che si propone di rispondere alla domanda radicale “che cos’è la Chiesa?”, non di affrontare domande subordinate, pur urgenti e rilevanti, come “come può la chiesa vivere nel mondo di oggi?” oppure cosa può fare la chiesa per risultare più affascinante  agli occhi degli uomini di questo tempo?”, “Come vivere la dimensione escatologica, apocalittica che è la natura della Chiesa in ogni tempo?”.
Questa impostazione priva di strategia sgombra il campo sulla natura della chiesa sulla quale si cementano progressivamente dall’alba della modernità: da una parte, l’abbassamento del corpo sacramentale della Chiesa al suo riflesso istituzionale; dall’altra, l’elevazione a inarrivabile materia spirituale senza conseguenze storiche sulla vita. Dentro questa ambiguità è cresciuto, specialmente tra i giovani, il motto “Cristo sì, chiesa no” che Papa Francesco ha definito una “dicotomia assurda” dal momento che la Chiesa è la continuità nel tempo dell’incarnazione di Gesù attraverso la carne dei suoi, peccatori perdonati: anche pochi missionariamente per i molti. E’ impopolare, come nota l’autore, parlare del tema senza accettare una riduzione implicita, che sia politologica o spiritualistica: “si parla poco oggi della Chiesa. O meglio si parla di lei lasciando completamente nascosta la realtà sacramentale della sua persona. Ciò di cui oggi spesso si occupano i giornale, le televisioni, internet, è il Vaticano, con i suoi scandali, al più sono i vescvovi e i preti. Si è smarrito il senso vivo della fecondità di Cristo attraverso la Chiesa”. Come diceva Eliot nei “Cori della rocca”, la chiesa è diventata una straniera, una sconosciuta agli occhi del mondo, e lo scopo di questo libro è avviare un’opera di ricognizione del perché, non assecondare le immagini che circolano nella cultura secolare. E’ appunto in questo senso che “La Straniera”, non da ciò che promette.
L’analogia amorosa è subito esplicitata. Camisasca cita san Paolo, “La nostra patria è nei cieli”, con un’annotazione: “Eppure questa donna vive sulla terra ed è la donna che amo. Vorrei farla conoscere e, contrariamente al buon senso, vorrei che fosse amata da tutti (…) questa mia amante è un popolo di peccatori eppure è santo. Rappresenta una terra di passaggi continui dalla dispersione all’unità, dalla tenebra alla luce, dal peccato al pentimento e alla purificazione”. Il metodo per conoscerla e farla conoscere è quello di “considerare la nascita della comunità ecclesiale nel cuore degli uomini al tempo di Gesù”, cioè ritornare a quell’innamoramento originario e trascinante. Già dietro a questo metodo si riconosce un’idea della fede che Camisasca ha assorbito, più come una prospettiva che come una lezione, dal suo maestro, don Luigi Giussani: “La fede non è innanzitutto una teoria sull’uomo o sul mondo, anche se da essa nasce una visione della vita e un parametro di giudizio sul bene e sul male, sul giusto e sull’ingiusto. La fede è un incontro, è l’incontro con il Dio unico e con il Figlio che egli ha mandato”.
Si ripercorrono i passi e si incontrano i protagonisti della “continuità nel tempo dell’umanità di Gesù attraverso la carne di noi peccatori”, una specie di catalogo meditato degli innamorati del Messia, da Maria di Magdala  a Nicodemo, da Giovanni e Andrea alla samaritana, che Cristo incontra “assetato del nostro amore”. Si va a ritroso fino al “sì perfetto” di Maria, quel misterioso dialogo fatto di silenzi che è all’origine della chiesa. Hans Urs von Balthasar aveva corretto a dovere chi, cedendo a uno sguardo sociologico, collocava l’inizio della chiesa nell’emergere di una struttura: “Chi fa cominciare la chiesa dopo, ad esempio con la chiamata dei dodici, o con il conferimento della piena potestà a Pietro, ha già fallito l’essenziale”.
Camisasca sottolinea una aspetto del rapporto tra gli uomini e Gesù – e dunque tra gli uomini e la chiesa – che contrasta con una mentalità tutta sbilanciata sul potere assoluto delle scelte individuali, dove anche l’adesione alla chiesa può diventare la risultante di un calcolo o di una posizione esclusivamente morale: Cristo è sorprendentemente attratto dall’uomo:  “Ciò che appare meravigliosamente sorprendente è che non solo Gesù attrae per la sua bellezza, per l’autorità della sua parola, per la tenerezza decisa del suo gesto, ma anche egli è attratto dall’uomo. Egli ama colui o colei da cui vuol essere amato. Non solo Andrea e Giovanni seguono perché attratti da lui, ma Gesù ha parlato al loro cuore perché attratto da loro”. Quodveltus, vescovo di Cartagine nel V secolo diceva che “le parole umane non hanno espressioni adeguate per esprimere il sublime mistero  di questo sposo, di questa sposa”, e allo stesso tempo Camisasca ricorda che una lunga tradizione “ha visto nel Cantico dei cantici un testo privilegiato dove era espresso l’innamoramento di Gesù per l’anima dell’uomo e dell’uomo per Gesù”. La chiesa, in sintesi, emerge da un’esperienza amorosa che ha la forma del corteggiamento e si compie nello sposalizio. “in questo movimento il nostro cuore assetato d’amore e di pace incontra la sete che Cristo ha di noi, della nostra umanità”, scrive Camisasca. I più versati in teologia possono rinvenire un fitto intreccio di riferimenti sul tema, non ultimo il Benedetto XVI della Deus caritas est.
E’ quando si perde dalla memoria l’attrazione originaria che, dice il vescovo, l’esperienza della chiesa si ingrigisce: “L’affanno, la preoccupazione, è uno dei tarli più gravi della vita ecclesiale, una delle più profonde minacce alla comunità cristiana. Una minaccia che viene dall’interno. Attivismo è il nome di questa malattia. Si cerca nell’attività il rimedio al male proprio e degli altri. L’invito di Gesù è invece pervaso di una pacata, serena luminosità: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi sanno date in aggiunta (Mt 6,33). Qual è il rimedio? Non adottare nuove e raffinate strategie pastorali, ma stare con Gesù: “La Chiesa nasce stando con Gesù, dalla frequentazione assidua e sempre nuova della sua persona. Anche oggi la Chiesa nasce nello stesso modo, attraverso lo stesso movimento che è lo stare con il maestro”. Ancora una volta, sono le categorie dell’incontro, della condivisione, dell’innamoramento a prevalere sulle capacità organizzative e sulle sensibilità culturali.
Si trova – dice Ferraresi – anche molto altro in questo libro. Con il suo stile asciutto, concentrato più sul peso delle parole che sulla loro estensione, il vescovo di Reggio Emilia offre meditazioni sulla casa, sulla famiglia, sulle virtù cardinali, parla della vocazione missionaria che ben conosce, avendo fondato, nel 1985, la Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo, che ha guidato fino al 2012; rilegge in profondità l’ammonimento “vi mando come pecore in mezzo ai lupi”, che racchiude il timore una parte della chiesa di fronte ai meccanismi storici che sembrano fare a brani la sua presenza: “Non deve suscitare paura – scrive Camisasca – una consapevolezza della propria inermità umana. Soltanto così la Chiesa può veramente essere se stessa: confidando in Dio. Non è un invito a non usare dei mezzi umani, ma non poggiare su nessuno di essi la propria speranza”. Il dramma giovanneo di vivere nel mondo ma non essere del mondo non viene sciolto ma approfondito, proponendo una chiesa che “non può autoescludersi dalla storia” e contemporaneamente non deve diventare schiava di una “espressione storica da custodire intatta nel tempo”. Quasi temeraria la rilettura della chiesa “casta et meretrix! Di Sant’Ambrogio: “Molti usano questa espressione per dire che nella Chiesa convivono santità e peccato. In realtà Ambrogio voleva dire altro, come si comprende bene da tutto il contesto in cui è collocata questa espressione.  La Chiesa è una prostituta perché si unisce a tanti uomini che sono tutti i popoli a cui Cristo l’ha mandata: In questo modo realizza la sua missione, la sua santità. Essa non è dunque assieme casta e peccatrice, ma è casta proprio perché peccatrice”.
 Tutti questi spunti preziosi – conclude Ferraresi -  sono tuttavia subordinati alla trama amorosa propria della Rivelazione dell’amore con la verità, dove quella dinamica attrazione reciproca fra l’uomo e Cristo non genera soltanto immagini poetiche ispirate, ma dice qualcosa di antico e nuovissimo sulla natura della Chiesa, avvilita dalle letture socioculturali e da ogni parte ridotta a fazione da chi crede che “il realismo delle divisioni sia più grande del realismo della carità”. Nella conclusione di un celebre intervento in piazza san Pietro nel 1998, don Giussani ha usato l’immagine del mendicante per mostrare la profondità di questo rapporto amoroso: “Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore mendicante di Cristo”.
Se un appunto si può fare a questo libro – conclude Ferraresi - è che il titolo “La Straniera” non trasmette immediatamente l’idea di una chiesa innamorata e “innamorante” che invece emerge in modo affascinante in un testo che dà molto di più di ciò che promette.

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