L'insegnamento delle cose ultime: arte centrale della fede

Un compito prioritario della Chiesa oggi consiste nel “portare le persone a guardare oltre le cose penultime e mettersi alla ricerca delle ultime nella prima parte dell’Avvento”: è parte centrale della fede
Nella conversazione con Peter Seewald in Luce del mondo (pp. 246-253) Benedetto XVI offre un contributo sui temi escatologici che sono veramente di natura esistenziale e dunque riguardano ognuno. Nella prima parte dell’Avvento
occorre ravvivare l’attesa del ritorno di Cristo presentendo e riconoscendo che io mi estendo oltre questa vita storica, che c’è il giudizio, che c’è la grazia, ci sono i novissimi e l’eternità.
Peter: “Nel suo discorso a Lisbona ha affermato che un compito prioritario della Chiesa oggi consiste nel fatto di “portare le persone a guardare oltre le cose penultime e mettersi alla ricerca delle ultime”. L’insegnamento delle “cose ultime” è parte centrale della fede. Tratta argomenti come l’inferno, il purgatorio, l’anticristo, la persecuzione della Chiesa negli ultimi tempi. Il ritorno di Cristo e il giudizio finale. Perché nella predicazione regna un silenzio così assordante sui temi escatologici, sui novissimi  che, rispetto ad esempio al celibato o all’ordinazione sacerdotale delle donne, sono veramente di natura esistenziale e dunque riguardano ognuno” e impegnano nel sentirsi reciprocamente dono e nella verità, responsabilità di farsi dono, di lasciarsi perdonare e di perdonare come Dio perdona?
Benedetto XVI: “E’ una questione molto seria. La nostra predicazione, il nostro annunzio effettivamente è ampiamente orientato, in modo unilaterale, alla creazione di un mondo migliore, mentre il mondo realmente migliore non è più menzionato. Qui dobbiamo fare un esame di coscienza. Certo, si cerca di venire incontro all’uditorio, di dire loro quello che è nel loro orizzonte. Ma il nostro compito è allo stesso tempo sfondare quest’orizzonte, ampliarlo, e di guardare alle cose ultime.
I novissimi sono come pane duro per gli uomini di oggi. Gli appaiono irreali. Vorrebbero al loro posto risposte concrete per l’oggi, soluzioni per le tribolazioni quotidiane. Ma sono risposte che restano a metà se non permettono anche di presentire e riconoscere che io mi estendo oltre questa vita materiale, che c’è il giudizio, e che c’è la grazia e l’eternità. In questo senso dobbiamo anche trovare parole e modi nuovi, per permettere all’uomo di sfondare il muro del suono del finito”. 
Peter: “Tutte le profezie di Gesù si sono compiute, una sola deve ancora avverarsi: quella del suo ritorno. Solo il suo compimento renderà pienamente vera la parola della “Redenzione”. Lei ha coniato il termine “realismo escatologico”. Che significa esattamente?”
Benedetto XVI: “Significa che le cose ultime non sono un miraggio tipo Fata Morgana o utopie in qualche modo inventate, ma che colgono esattamente la realtà. Dobbiamo sempre anche tenere presente che Egli con invincibile certezza ci ha detto: io tornerò. Questa parola sta sopra tutto. Per questo originariamente la Messa veniva celebrata rivolti verso oriente, rivolti al ritorno del Signore simboleggiato dal sole che sorge. Ogni Messa è perciò l’andare incontro a colui che viene. Così quel venire è in certo qual modo anticipato; noi andiamo verso di Lui, ed egli viene ora già in anticipo. Volentieri paragono questo alla storia delle nozze di Cana. Il Signore in un primo momento dice a Maria: “Non è ancora giunta la mia ora”. Poi però dona il vino nuovo e anticipa per così dire la sua ora, che deve ancora giungere. Nell’Eucarestia questo realismo escatologico è reso presente, è ripresentato: andiamo incontro a Lui – come a colui che viene – Ed Egli viene e anticipa già adesso quell’ora che un giorno sarà definitiva. Dovremmo comprenderlo come il nostro andare incontro al Signore che da sempre già viene, come l’immetterci nel suo venire e così permettere che siamo introdotti in una realtà più grande, proprio al di là di questa quotidianità”.
Peter: “Suor Faustina Kowalska, beatificata da Giovanni Paolo II, circa ottant’anni fa in visione intese da Gesù queste parole: “Tu preparerai il mondo alla mia ultima venuta”. Dobbiamo prendere queste parole seriamente?”
Benedetto XVI: “Sarebbe errato interpretare queste parole in senso cronologico, armandoci per così dire immediatamente per il suo ritorno. Sono giuste invece se le si intende nel significato spirituale appena esposto, nel senso che il Signore sempre è colui che viene, e che per ciò ci prepariamo sempre anche alla venuta definitiva
proprio se andiamo incontro alla sua misericordia, lasciandoci modellare da Lui. Lasciarsi modellare dalla misericordia di Dio come antidoto alla spietatezza del mondo; è questa, per così dire, la preparazione perché egli stesso venga con la Sua misericordia”.
Peter: “Permetta che insista. Ne ll’unico libro profetico del Nuovo Testamento la “Rivelazione segreta di Giovanni”, l’Apocalisse, intesa come lieta novella, tutto è orientato al ritorno di Cristo. Già i dottori della legge, i monaci e gli astronomi del tempo di Gesù cercavano il momento della venuta del Messia. Ora lo scienziato tedesco Rudiger Holinski crede di avere scoperto che le sette comunità alle quali Giovanni  rivolge le sue lettere in realtà non corrispondono a luoghi fisici quanto a riferimenti che indicano le epoche della storia della Chiesa che si susseguono l’una dopo l’altra. In questo senso, il nome della settima ed ultima comunità, LAODICEA (che tradotto significa: diritto del popolo), sta per una ribellione generalizzata e per spinta alla partecipazione. Il parallelo “settimo sigillo” sta per un’epoca caratterizzata da paure, depressioni, false dottrine della Chiesa e nuove religioni, un tempo nel quale le opere non sono né calde né fredde. Certo che oggi il mondo è in pericolo come non mai. In molti argomenti che abbiamo trattato, la devastazione del nostro pianeta, patria dell’umanità, ha raggiunto un punto di non ritorno. La fede vive cambiamenti drammatici. La coscienza della fede si affievolisce sempre più, molti edifici di culto vengono chiusi, una dittatura delle opinioni agisce non più in modo sottile, ma apertamente e in modo aggressivo. A ciò si aggiunge il fatto che l’uomo infrange l’ultimo divieto biblico, l’Albero della vita, con la manipolazione della vita e il tentativo di crearla da sé. E’ questa situazione che L’ha indotta, nel Suo libro su Gesù, a richiamare l’attenzione sul fatto che bisognerebbe applicare al tempo presente anche le parole di condanna di Gesù?
Benedetto XVI: “Sono scettico di fronte a simili interpretazioni. L’Apocalisse è un libro misterioso ed ha più dimensioni. Lascerei aperta la questione se quello che sostiene l’esegeta citato rappresenti una di esse. In ogni caso l’Apocalisse non fornisce alcuno schema in ordine ad un calcolo dei tempi. Quello che invece in essa sorprende è proprio il fatto che, quando si crede che in esso si è giunti alla fine, tutto inizia daccapo. Questo significa che l’Apocalisse misteriosamente rispecchia lo svolgersi dei travagli, senza dirci contemporaneamente quando e come giunge esattamente giunge la risposta e quando e come il Signore si mostra a noi. Non è un libro che si presta a calcoli temporali. E’ importante che ogni epoca stia presso il Signore. Che anche noi stessi, qui e ora, siamo sotto il giudizio del Signore e ci
lasciamo giudicare dal suo tribunale. Si discuteva di una duplice venuta di Cristo, una a Betlemme ed una alla fine die tempi, sino a quando Bernardo di Chiaravalle parlò di un Adventus medium, di una venuta intermedia, attraverso la quale sempre Egli periodicamente entra nella storia.  Credo che abbia preso la tonalità giusta. Noi non possiamo stabilire quando il mondo finirà. Cristo stesso dice che nessuno lo sa, nemmeno il Figlio. Dobbiamo però rimanere per così dire sempre presso la sua venuta, e soprattutto essere certi che, nelle pene, Egli è vicino. Allo stesso tempo dovremmo sapere che per le nostre azioni siamo sotto il suo giudizio”.
Peter: “Non sappiamo quando avverrà, ma stando al Vangelo sappiamo che avverrà. “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli” è scritto nel Vangelo  di Matteo, “si siederà sul trono della sua gloria”. Separerà l’umanità così come il pastore separa le pecore dalle capri. Agli uni dirà: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”. Ma agli altri: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno”. Giovanni sottolinea di questi avvenimenti: “io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”. Sono cose da intendere unicamente a livello simbolico?”
Naturalmente no. Vi sarà un autentico giudizio universale. L’uomo è sottoposto per così dire ad un penultimo giudizio al momento della morte. Il grande scenario dipinto da Matteo è una similitudine per l’inimmaginabile. Non siamo in grado di immaginarci questo avvenimento inaudito; tutto il cosmo è davanti al Signore, tutta la storia è di fronte a Lui. Deve essere raffigurato in immagini, grazie alle quali ci è possibile immaginarlo. Ma, come sarà da un punto di vista visivo, va al di là della nostra capacità di immaginazione. Ma è molto importante che Egli è giudice, che avrà luogo un giudizio vero e proprio, che l’umanità sarà separata e che a quel punto effettivamente vi è la possibilità dell’essere cacciati via; e che le cose non sono indifferenti. Oggi le persone tendono a dire: “Ma si, in fin dei conti non sarà così terribile. Dio in fin dei conti non può essere così”. No, invece, Egli ci prende sul serio. E l’esistenza del male è un fatto, che rimane e deve essere condannato. In questo senso, colmi di lieta gratitudine per la bontà, per la misericordia di Dio e per il fatto che ci dona grazie, dovremmo percepire e prendere molto sul serio – rispetto al nostro programma di vita – il male che abbiamo visto nel nazismo e nel comunismo e che anche oggi vediamo intorno a noi”.
Peter: “14 anni  Le chiedevo se valesse ancora la pena di salire a bordo di questa barca che appariva un po’ acciaccata e indebolita dall’età. Oggi ci si deve domandare se questa barca non vada somigliando sempre più all’Arca di Noè. Che pensa il papa? Possiamo ancora salvarci su questo pianeta con le nostre forze?”
 Benedetto XVI: “L’uomo in ogni caso non è in grado di dominare la storia a partire dalle proprie forze. Che l’uomo è in pericolo e che mette in pericolo se stesso e il mondo, oggi è confermato anche da dati scientifici. Può essere salvato se nel suo cuore crescono le forze morali; forze che possono arrivare solo nell’incontro con Dio, (con la sua misericordia). Forze che oppongono resistenza. Per questo abbiamo bisogno di Lui, di un Altro che ci aiuta ad essere quello che da noi non riusciamo ad essere; e abbiamo bisogno di Cristo che ci raccoglie ina una comunità, che chiamiamo Chiesa”.
Peter: “In un passo decisivo del Vangelo di Giovanni, Gesù parla della volontà del Padre suo: “E io so che il suo comandamento è vita eterna”. E’ per quetso che Gesù è venuto al mondo?”
Sì, senza dubbio. Perché siamo capaci di Dio e così possiamo entrare nella vita autentica, nella vita eterna. E’ infatti venuto perché possiamo conoscere la verità. Perché possiamo toccare Dio. Perché la porta sia aperta. Perché troviamo la vita, la vita vera, che non è più sottomessa alla morte”.
Benedetto XVI nella sua conversazione ha accentuato che “ci prepariamo sempre alla sua venuta definitiva proprio se  andiamo incontro alla sua misericordia, lasciandoci modellare da Lui. Lasciarsi modellare dalla misericordia di Dio come antidoto alla spietatezza del mondo; è questa, per così dire, la preparazione perché egli stesso venga con la sua misericordia”.
In continuità Papa Francesco  nella Lettera Apostolica Misericordia et misera: “La misericordia è questa azione concreta dell’amore che, perdonando, trasforma e cambia la vita. E’ così che si manifesta il suo mistero divino. Dio è misericordioso (Es 34,6), la sua misericordia dura in eterno (Sal 136), di generazione in generazione abbraccia ogni persona che confida in Lui e la trasforma, donandole la sua stessa vita”(n. 2).


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