Cattolici in politica

L’appello del Papa e del Presidente dei vescovi italiani ai cattolici per l’impegno in politica in tutte le sue accezioni sociali, culturali e civili

“ Raccomando, come alle altre Chiese che sono in Italia, l’impegno a suscitare una nuova generazione di uomini e donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico. Esso ha più che mai bisogno di vedere persone, soprattutto giovani, capaci di edificare una ‘vita buona’ a favore e al servizio di tutti. A questo impegno infatti non possono sottrarsi i cristiani, che sono certo pellegrini verso il Cielo, ma che vivono quaggiù un anticipo di eternità” (Benedetto XVI, Aquileia, 7 maggio).
“La politica che ha oggi visibilità è, non raramente, inguardabile, ridotta  a litigio perenne, come una recita scontata e – si può dire – noiosa. E’ il dramma del vaniloquio,
dentro – come siamo –alla spirale dell’invettiva che non prevede assunzioni di responsabilità. La gente è stanca di vivere nella rissa e si sta disamorando sempre di più…la nostra opzione di fondo, anche per il conforto dei ripetuti appelli del Papa resta quella di preparare una generazione nuova di cittadini che abbiano la freschezza e l’entusiasmo di votarsi al bene comune, quale criterio di ogni pratica collettiva. Più che un utopismo di maniera, serve una concezione della politica come ‘complessa arte di equilibrio tra ideali e interessi’ (Benedetto XVI, 21 maggio 2010), concezione che per questo, cioè per il suo saper evitare degenerazioni ciniche, si fa intelligenza amorosa della realtà e cambiamento positivo della stessa…Quale che sia l’ambito in cui si collocano – professionale, associativo, cooperativistico, sociale, mediatico, sindacale, partitico, istituzionale… - queste persone avvertono il dovere di una cittadinanza coscienziosa, partecipe, dedita all’interesse generale. Affinché l’Italia goda di una nuova generazione di politici cattolici, la Chiesa si sta impegnando a formare aree giovanili non estranee alla dimensione ideale ed etica, per essere presenza morale non condizionabile”.” ( Cardinale Bagnasco, Assemblea dei Vescovi,  23 maggio 2011).
“Incoraggiate le iniziative di formazione ispirate alla dottrina sociale della Chiesa, affinché chi è chiamato a responsabilità politiche e amministrative non rimanga vittima della tentazione di sfruttare la propria posizione per interessi personali o per sete di potere. Sostenete la vasta rete di aggregazioni e di associazioni che promuovono opere di carattere culturale, sociale e caritativo” (Benedetto XVI, Durante la preghiera di affidamento dell’Italia alla Madonna, 20 maggio 2011).

Come sostenere la vasta rete di aggregazioni e di associazioni in un “noi” di impegno politico condiviso da fedeli laici? La direttiva ecclesiale non esclude la differenziazione partitica a condizione che non diventi differenziazione, diaspora culturale proprio per essere voce democratica di quella appartenenza  ecclesiale e quella realtà di popolo che vivono la dottrina sociale della Chiesa.
Nel cattolicesimo, a confronto dialettico della modernità, il punto di partenza è sempre stata un’azione catechetica ecclesiale con catechisti che insegnavano e testimoniavano la fede della Chiesa e non una loro interpretazione. Per questo è stato realizzato il Catechismo della Chiesa Cattolica, il Compendio, Jucat per impegnarsi con rinnovata gioia nell’educazione alla fede con una “creatività catechetica” che tenga conto del contesto, della cultura e dell’età dei destinatari.
Occorre partire dall’educazione alla fede professata, celebrata, vissuta con uno sguardo cristiano sulla realtà, rendendo la dottrina sociale della Chiesa un giudizio sul presente e cominciando ad assumersi delle responsabilità pubbliche come servizio.
Il panorama politico oggi vede diversi singoli politici che si dicono cattolici e che si contrappongono gli uni agli altri., con una diaspora culturale come negli anni settanta al tempo del divorzio e dell’aborto. Oggi la situazione del Paese è segnata da una crisi economica e sociale che sembra diventare drammatica, dalla confusione di una classe politica che appare spesso inadeguata. I cattolici sentono la necessità di arrivare ad una fede che diventa cultura e quindi politica insieme, non individualmente, ma attraverso realtà pre- politiche dove si impara a maturare insieme uno sguardo cristiano condiviso sulla realtà.
Secondo il cardinal Scola il federalismo è una soluzione possibile e auspicabile per rilanciare l’Italia e ridare finalmente centralità agli italiani. “L’Italia ha un capitale sociale straordinario . ha spiegato Scola, nel corso di una conversazione pubblica con il leader della Cisl Raffaele Bonanni, a Mestre il 14 giugno – ma purtroppo ci portiamo dietro il fardello dell’idea statalista che rende lo stato ingombrante e che paralizza la crescita”.  Ogni singolo uomo deve essere al centro del lavoro, al centro anche della riforma federalista che non deve tradursi in “un tentativo di fare venti staterelli”, ma uno strumento di semplificazione nel segno della solidarietà responsabile. Serve una classe dirigente proveniente dal mondo dell’associazionismo, mettendo insieme una visione imprenditoriale con una inclinazione al sociale. Serve una nuova scuola e di un’università capace di introdurre i ragazzi in un mondo del lavoro che cambia continuamente. “Bisogna superare – ha concluso Scola – il benessere consumistico che ha portato ad aver paura del futuro..Lo stato deve limitarsi a governare e non deve gestire”.

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