Materia e parola del rito battesimale‏


Il rito del Battesimo, come il rito di quasi tutti i Sacramenti, si compone da due elementi: da materia – acqua – e dalla parola con tre elementi: rinunce, promesse, invocazioni

“Il cristianesimo non è una cosa puramente spirituale, una cosa solamente soggettiva, del sentimento, della volontà, di idee, ma è una realtà cosmica. Dio è il Creatore di tutta la materia, la materia entra nel cristianesimo, e solo in questo grande contesto di materia e spirito insieme siamo cristiani. Molto importante è, quindi, che la materia faccia parte della nostra fede, il corpo faccia parte della nostra fede; la fede non è puramente spirituale, ma Dio ci inserisce così in tutta la realtà del cosmo e trasforma il
cosmo, lo tira a sé. E con questo elemento materiale – l’acqua –entra non soltanto un elemento fondamentale del cosmo, una materia fondamentale creata da Dio, ma anche tutto il simbolismo delle religioni, perché in tutte le religioni l’acqua ha qualcosa da dire. Il cammino delle religioni, questa ricerca di Dio – diventa assunta nelSacramento. Le altre religioni, con il loro cammino verso Dio, sono presenti, sono assunte, e così si fa la sintesi del mondo; tutta la ricerca di Dio che si esprime nei simboli delle religioni, e soprattutto – naturalmente – il simbolismo dell’Antico Testamento, che così, con tutte le esperienze di salvezza e di bontà di Dio, diventa presente.
L’altro elemento è la parola, e questa parola si presenta in tre elementi: rinunce, promesse, invocazioni. Importante è che queste parole quindi non siano solo parole, ma siano cammino di vita. In queste si realizza una decisione, in queste parole è presente tutto il nostro cammino battesimale – sia pre – battesimale; quindi, con queste parole, e anche con i simboli, il Battesimo si estende a tutta la nostra vita. Questa realtà delle promesse, delle rinunce, delle invocazioni è una realtà che dura per tutta la nostra vita, perché siamo sempre in cammino battesimale, in cammino catecumenale, tramite queste parole e la realizzazione di queste parole. Il Battesimo non è un atto di un’ora, ma è una realtà di tutta la nostra vita, è un cammino di tutta la nostra vita. In realtà, dietro c’è anche la dottrina delle due vie, che era fondamentale nel primo cristianesimo: una via alla quale diciamo “no” e una via alla quale diciamo “sì”.
Cominciamo con la prima parte, le rinunce. Sono tre e prendo anzitutto la seconda: “Rinunciate alle seduzioni del male per non lasciarvi dominare dal peccato?”Che cosa sono queste seduzioni del male? Nella Chiesa antica, e ancora per secoli, qui c’era l’espressione: “Rinunciate alla pompa del diavolo?” e oggi sappiamo cosa era inteso con questa espressione “pompa del diavolo”. La pompa del diavolo erano soprattutto i grandi spettacoli cruenti, in cui la crudeltà diventa divertimento, in cui uccidere uomini diventa una cosa spettacolare: spettacolo, la vita e la morte di un uomo. Questi spettacoli cruenti, questo divertimento del male è la “pompa del diavolo”, dove appare con apparente bellezza e, in realtà, appare con tutta la sua crudeltà. Ma oltre a questo significato immediato della parola “pompa del diavolo”, si voleva parlare di un tipo di cultura, di una way of life, di  un modo di vivere, nel quale non conta la verità ma l’apparenza, non si cerca la verità ma l’effetto, la sensazione, e, sotto il pretesto della verità, in realtà si distruggono uomini, si vuole distruggere e creare solo se stessi come vincitori. Quindi, questa rinuncia era molto reale: era la rinuncia ad un tipo di cultura che è anti – cultura, contro Cristo e contro Dio. Si decideva contro una cultura che, nel Vangelo di san Giovanni, è chiamata “kosmos houtos”, “questo mondo”. Con “questo mondo”, naturalmente, Giovanni e Gesù non parlano della creazione di Dio, dell’uomo come tale, ma parlano di una certa creatura che è dominante e si impone come se fosse questo il mondo, e come se fosse questo il modo di vivere che si impone. Lascio adesso ad ognuno di voi di riflettere su questa “pompa del diavolo”, su questa cultura alla quale diciamo di “no”. Essere battezzati significa proprio sostanzialmente un emanciparsi , un liberarsi da questa cultura. Conosciamo anche oggi un tipo di cultura in cui non conta la verità; anche se apparentemente si vuol fare apparire tutta la verità, conta solo la sensazione e lo spirito di calunnia e di distruzione. Una cultura che non cerca il bene, il cui moralismo è, in realtà, una maschera per confondere e creare confusione e distruzione. Contro questa cultura, in cui la menzogna si presenta nella veste della verità e dell’informazione, contro questa cultura che cerca solo il benessere materiale e nega Dio, diciamo “no”. Conosciamo bene anche da tanti Salmi questo contrasto di una cultura nella quale uno sembra intoccabile da tutti i mali del mondo, si pone sopra tutti, sopra Dio, mentre in realtà, è una cultura del male, un dominio del male. E così, la decisione del Battesimo, questa parte del cammino catecumenale che dura per tutta la nostra vita, è proprio questo “no”, detto e realizzato di nuovo ogni giorno, anche con i sacrifici che costa opporsi alla cultura in molte parti dominante, anche se si imponesse come fosse il mondo, questo mondo: non è vero. E ci sono anche tanti che desiderano realmente la verità.
Così passiamo alla prima rinuncia: “Rinunciate al peccato per vivere nella libertà dei figli di Dio?”. Oggi libertà e vita cristiana, osservanza dei comandamenti di Dio, vanno in direzione opposte; essere cristiani sarebbe come una schiavitù; libertà è emanciparsi dalla fede cristiana, emanciparsi – in fin dei conti – da Dio. La parola peccato apparve a molti quasi ridicola, perché dicono: “Come! Dio non possiamo offenderlo! Dio è così grande, che cosa interessa a Dio se io faccio un piccolo errore? Non possiamo offendere Dio, il suo interesse è troppo grande per essere offeso da noi”. Sembra vero, ma non è vero. Dio si è fatto vulnerabile fino alla morte. Dio si interessa a noi perché ci ama e l’amore di Dio è vulnerabilità, l’amore di Dio è interessamento dell’uomo, l’amore di Dio vuol dire che la nostra prima preoccupazione deve essere non ferire, non distruggere il suo amore, non fare nulla contro il suo amore perché altrimenti viviamo contro noi stessi e contro la nostra libertà. E, in realtà, questa apparente libertà nell’emancipazione da Dio diventa subito schiavitù di tante dittature del tempo, che devono essere seguite per essere ritenuti all’altezza del tempo” (Benedetto XVI,Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma,  11 giugno 2012).

Nel dopo – Concilio dobbiamo constatare che vi sono due grandi cesure storiche: la cesura del ’68, l’inizio e l’esplosione della grande crisi culturale dell’Occidente e la cesura dell’89. La cesura del ’68. Era finita la generazione del dopoguerra, una generazione che dopo tutte le distruzioni e vedendo l’orrore della guerra, del combattersi e constatando il dramma delle grandi ideologie che avevano condotto le persone verso il baratro della guerra,  avevano riscoperto le radici cristiane dell’Europa e avevano cominciato a ricostruire l’Europa con queste ispirazioni grandi. Ma finita questa generazione si vedevano anche tutti i fallimenti, le lacune di questa ricostruzione, la grande miseria nel mondo e così comincia, esplode la crisi della cultura occidentale, direi una rivoluzione culturale che vuole cambiare radicalmente. Dice: non abbiamo creato, in duemila anni di cristianesimo cioè di battezzati, il mondo migliore. Dobbiamo ricominciare da zero in modo assolutamente nuovo; il marxismo, distinguendo ideologia atea e analisi della realtà, sembra la ricetta scientifica, una concreta teologia della liberazione, per creare finalmente il nuovo mondo. E in questo grave, grande scontro tra la nuova, sana modernità voluta dal Concilio e la crisi della modernità, diventa, anche nella Chiesa, tutto difficile come dopo il Concilio di Nicea. Una parte era del parere che questa rivoluzione culturale era quanto aveva voluto il Concilio, identificava questa nuova rivoluzione culturale marxista con la volontà del Concilio; diceva questo è il Concilio. Nella lettera i testi sono ancora un po’ antiquati, ma dietro le parole scritte sta questo spirito, questa è la volontà del Concilio, così dobbiamo fare. E d’altra parte, naturalmente la reazione: così distruggete la Chiesa, vanificate la presenza sacramentale del Risorto, la nuova realtà battesimale. Si sviluppa, di fronte a questa interpretazione del presunto spirito del Concilio (non si dovrebbe mai parlare del Concilio ma dei 21 Concili ecumenici) la anti – conciliarità dell’ideologia tradizionalista e nello stesso tempo una timida, umile ricerca di realizzare nella continuità dinamica o Tradizione di tutti i Concili il vero Spirito del Concilio dai testi conciliari. Oggi, cinquant’anni dall’inizio del Vaticano II ci prepariamo a sviluppare questa realizzazione conciliare sintetizzata, dopo vent’anni, dal Catechismo e dal suo Compendio nell’anno della fede.
La cesura dell’89. Al crollo dei regimi comunisti la risposta non fu il ritorno alla fede, come si poteva forse aspettare, non fu la riscoperta che proprio la Chiesa con il Concilio autentico aveva dato la risposta, risposta oscurata dall’interpretazione marxista del Concilio e dall’anti Concilio dell’ideologia tradizionalista. La risposta fu invece lo scetticismo totale, la cosi detta post modernità con una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. Si ha così un autentico capovolgimento del punto di partenza della cultura moderna con cui il Concilio ha voluto confrontarsi positivamente, che era una rivendicazione della centralità dell’uomo e della sua libertà uguaglianza, fraternità. L’etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utlitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. Non è difficile vedere come questo tipo di cultura analoga a quella degli inizi del cristianesimo, di “pompa del diavolo” post-moderna rappresenti un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e la direzione della nostra vita. Perciò questa cultura è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande  e inutilmente nascosto bisogno di speranza, cioè da una nuova evangelizzazione e da un battesimo di popoli.

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