Anno della fede

Cogliere nell’Anno della fede un momento propizio per riproporre a tutti il dono della fede nel Cristo risorto, il luminoso insegnamento del Concilio Vaticano II e la preziosa sintesi dottrinale offerta dal Catechismo della Chiesa Cattolica

Come sappiamo, in aste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento. Siamo davanti ad una profonda crisi di fede, ad una perdita del senso religioso che costituisce la più grande sfida per la Chiesa di oggi. Il rinnovamento della fede deve quindi essere la priorità nell’impegno della Chiesa intera ai nostri giorni. Auspico che l’Anno della fede possa contribuire, con la collaborazione cordiale di tutte le componenti del Popolo di Dio, a rendere Dio nuovamente presente in questo mondo e ad aprire agli uomini l’accesso alla
fede, all’affidarsi a quel Dio che ci ha amati sino alla fine (Gv 13,1), in Gesù Cristo crocifisso e risorto…
La coerenza dell’impegno ecumenico con l’insegnamento del Concilio Vaticano II e con l’intera Tradizione è stato uno degli ambiti cui la Congregazione, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha sempre prestato attenzione. Oggi possiamo constatare non pochi frutti arrecati dai dialoghi ecumenici, ma dobbiamo anche riconoscere che il rischio di un falso irenismo e di un indifferentismo, del tutto alieno alla mente del Concilio Vaticano II, esige la nostra vigilanza. Questo indifferentismo è causato dalla opinione sempre più diffusa che la verità non sarebbe accessibile all’uomo; sarebbe quindi necessario limitarsi a trovare regole per una prassi in grado di migliorare il mondo. E così la fede sarebbe sostituita da un moralismo, senza fondamento profondo. Il centro del vero ecumenismo è invece la fede nella quale l’uomo incontra la verità che si rivela nella Parola di Dio. Senza la fede tutto il movimento ecumenico sarebbe ridotto ad una forma di “contratto sociale” cui aderire per un interesse comune, una “prasseologia” per creare un mondo migliore. La logica del Concilio Vaticano II è completamente diversa: la ricerca sincera della piena unità di tutti i cristiani è un dinamismo animato dalla Parola di Dio, dalla Verità divina che ci parla in questa Parola.
Il problema cruciale, che segna in modo trasversale i dialoghi ecumenici, è perciò la questione della struttura della rivelazione – la relazione tra Sacra Scrittura, la Tradizione viva nella Santa Chiesa e il Ministero dei successori degli Apostoli come testimone della vera fede. E qui è implicita la problematica dell’ecclesiologia che fa parte di questo problema: come arriva la verità di Dio a noi. Fondamentale, tra l’altro, è qui il discernimento tra la Tradizione con la maiuscola, e le tradizioni. Non vorrei entrare in dettagli, solo un’osservazione. Un importante passo  di tale discernimento è stato compiuto nella preparazione e nell’applicazione  dei provvedimenti per gruppi di fedeli proveniente dall’Anglicanesimo, che desiderano entrare nella piena comunione della Chiesa, nell’unità della comune ed essenziale Tradizione divina, conservando le proprie tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali, che sono conformi alla fede cattolica ( Anglicanorum coetibus, art. III). Esiste, infatti, una ricchezza spirituale delle diverse Confessioni cristiane che è espressione dell’unica fede e dono da condividere e da trovare insieme nella Tradizione della Chiesa.
Oggi, poi, una delle questioni fondamentali è costituita dalla problematica dei metodi adottati nei vari dialoghi ecumenici. Anche essi devono riflettere la priorità della fede. Conoscere la verità è il diritto dell’interlocutore in ogni vero dialogo. E’ la stessa esigenza della carità verso il fratello. In questo senso, occorre affrontare con coraggio anche questioni controverse, sempre nello spirito di fraternità e di rispetto reciproco. E’ importante inoltre offrire un’interpretazione corretta di quell’”ordine o ‘gerarchia’ nelle verità della dottrina cattolica”, rilevato nel Decreto Unitatis redintegratio (n. 11), che non significa in alcun modo ridurre il deposito della fede, ma farne emergere la struttura interna, l’organicità di questa struttura. Hanno anche grande rilevanza i documenti di studio, prodotti dai vari dialoghi ecumenici. Tali testi non possono essere ignorati, perché costituiscono un frutto importante, pur provvisorio, della riflessione comune maturata negli anni. Nondimeno, essi vanno riconosciuti nel loro giusto significato come contributi offerti alla competente Autorità della Chiesa, che sola è chiamata a giudicarli in modo definitivo. Ascrivere a tali testi un peso vincolante o quasi conclusivo delle spinose questioni dei dialoghi, senza la dovuta valutazione da parte dell’Autorità ecclesiale, in ultima analisi, non aiuterebbe il cammino verso una piena unità nella fede.
Un’ultima questione che vorrei finalmente menzionare è la problematica morale, che costituisce una sfida per il cammino ecumenico. Nei dialoghi non possiamo ignorare le grandi questioni morali circa la vita umana, la famiglia, la sessualità, la bioetica, la libertà, la giustizia e la pace. Sarà importante parlare su questi temi con una sola voce, attingendo al fondamento della Scrittura e nella viva Tradizione della Chiesa. Questa tradizione ci aiuta a decifrare il linguaggio del Creatore nella sua creazione. Difendendo i valori fondamentali della grande tradizione della Chiesa, difendiamo l’uomo, difendiamo il creato” (Benedetto XVI, Alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, 27 gennaio 2012).

La priorità oggi per la Chiesa e le Chiese, per le Comunità cristiane, per il Successore di Pietro nel suo ministero di confermare i fratelli nella fede è il dono della fede nel Cristo risorto e insieme il luminoso insegnamento del Concilio Vaticano II e la preziosa sintesi dottrinale offerta dal Catechismo della Chiesa Cattolica. La circostanza che impone pastoralmente questa priorità è che in vaste zone della terra la fede corre il rischio di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società. Siamo davanti non solo ad una profonda crisi di fede ma anche ad una perdita della ragione universale, pubblica cioè del senso religioso a fondamento della morale e dell’etica universale. Certo l’unità nella fede fra i cristiani e nel senso religioso fra tutti gli uomini è un mezzo e quasi un presupposto per annunciare in modo più credibile la fede a coloro che non conoscono ancora il Dio che possiede un volto umano, che ci ha amati sono alla fine, singolarmente e  collettivamente sino alla fine: Gesù Cristo. Egli ha pregato e noi non possiamo insieme non pregare: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). La chiarezza e la bellezza della fede cattolica che emerge dal Compendio e dal Catechismo della Chiesa Cattolica, sintesi dottrinale del Concilio Vaticano II , sono ciò che rendono luminosa la vita dell’uomo anche oggi! Questo in particolare se viene presentata da testimoni uniti, entusiasti ed entusiasmanti!

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