La Chiesa, perenne corporeità di Cristo

Dio non è solo parola per noi. Nei Sacramenti Egli si dona a noi in persona, attraverso la Chiesa come perenne corporeità di Cristo in noi, come organismo vivente di Cristo

“Cos’è in realtà per Lei la Chiesa, cosa sia questo “organismo spirituale”, come ebbe una volta a definirla. In un’omelia Lei ha citato Paolo VI che diceva di amare così tanto la Chiesa che l’avrebbe voluta sempre “abbracciare, salutare, amare”. Vorrei, continuava il papa, “finalmente comprenderla tutta nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e unitaria composizione…”. Paolo VI concluse il suo pensiero con le parole: “Corpo Mistico di Cristo”.
Riprendeva quello che aveva sviluppato San Paolo che aveva definito la Chiesa come perenne corporeità di Cristo, come organismo vivente di Cristo.
Paolo dunque non intendeva la Chiesa come istituzione, come organizzazione, ma come organismo vivente, nel quale tutti operano l’uno per l’altro e l’uno con l’altro, essendo uniti a partire da Cristo. E’ un’immagine, ma un’immagine che conduce in profondità e che è molto realistica anche solo per il fatto che noi crediamo che nell’Eucaristia veramente riceviamo Cristo, il Risorto (la zoè cioè la vita da risorti, la vita veramente vita). E se ognuno riceve il medesimo Cristo, allora veramente noi tutti siamo riuniti in questo nuovo corpo risorto come il grande spazio di una nuova umanità. E’ importante capire questo, e dunque intendere la Chiesa non come un apparato che deve fare di tutto – pure l’apparato le appartiene, ma entro dei limiti – bensì come organismo vivente che proviene da Cristo stesso.

In molti paesi, organizzazioni laicali si battono per l’indipendenza da Roma e per la creazione di una Chiesa locale orientata in modo nazional  –  democratico. In ciò, il Vaticano è dipinto come una dittatura, ed il Papa come uno che, con piglio autoritario, impone le sue posizioni. Ad uno sguardo più attento si nota in realtà la crescita delle forze centrifughe piuttosto che di quelle centralizzanti, si nota la crescita della rivolta piuttosto che della solidarietà con Roma. Questa guerra tra indirizzi diversi, che dura ormai da decenni, non ha in realtà già da tempo causato una sorta di scisma all’interno della Chiesa Cattolica?
Innanzitutto direi che il Papa non ha il potere di imporre nulla. Il suo “potere” consiste unicamente nel fatto che ci sia condivisione, nel fatto che le persone comprendano questo: “Formiamo una stessa cosa, e il Papa ha un compito che non si è dato da sé”. Solo se c’è questa condivisione, l’insieme può farcela. Solo nella condizione della fede comune la Chiesa può anche vivere comunitariamente.
Ricevo tante lettere da gente semplice e da personalità illustri e mi scrivono: “Con il Papa siamo una cosa sola, per noi egli è il Vicario di Cristo e il successore di Pietro; ne sia certo: crediamo e viviamo in comunione con Lei”. Vi sono poi naturalmente, e non da oggi, le forze centrifughe, la tendenza alla fondazione di Chiese nazionali che poi effettivamente sono state create. E tuttavia proprio oggi, nella società globalizzata, nella necessità di un’interiore unità della comunità mondiale, diviene evidente che in fin dei conti si tratta di anacronismi. Diviene chiaro che una Chiesa non cresce chiudendosi nel proprio guscio nazionale, separandosi, rinchiudendosi in una data cerchia culturale che si assolutizza, ma che la Chiesa ha bisogno di unità, che ha bisogno di qualcosa come un Primato.
Ho trovato interessanti le parole del teologo russo ortodosso, John Meyendorff, che vive in America, il quale, riferendosi all’Ortodossia, ha detto che il problema più grande è rappresentato dalle autocefalie, avremmo bisogno, dice, di qualcosa come un primo, un primate. E questo viene affermato anche in altre comunità. Le difficoltà della cristianità non cattolica, sia dal punto di vista teologico che da quello pragmatico sono largamente riconducibili anche alla circostanza che essa non possiede alcun organo di unità. Così, anche da questa prospettiva diviene chiaro che un organo di unità è necessario, un organo tuttavia che chiaramente non agisca in modo dittatoriale, ma a partire dalla profonda comunità di fede. Le tendenze centrifughe continueranno ad esserci, ma lo sviluppo della storia, la freccia che indica la direzione ci dice questo: la Chiesa ha bisogno di un organo di unità” (Benedetto XVI, Luce del mondo, pp.  194 – 196).

Quanto è importante ascoltare Dio oggi attraverso la lettura della Scrittura, per non perdere mai il contatto interiore con Lui. Che gli diciamo i nostri desideri e le nostre speranze, le nostre gioie e sofferenze, i nostri errori e il nostro ringraziamento per ogni cosa bella e buona, e che in questo modo Lo abbiamo sempre davanti ai nostri occhi e impariamo a lavorare per migliorarci: ma diventiamo sensibili anche a tutto il bello e il bene che riceviamo ogni giorno come cosa ovvia, e così cresce la gratitudine. Con al gratitudine cresce la gioia per il fatto che Dio ci è vicino e possiamo servirlo.
Dio, però, non è soltanto parola per noi. Nei Sacramenti Egli si dona in persona, attraverso la perenne corporeità, il noi della Chiesa di Cristo, come “soggetto sociale sui generis”, come organismo vivente di Cristo. “Come – afferma la Lumen gentium 8,1 – la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a Lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del Corpo”. Il centro del nostro rapporto con Dio e nella configurazione ecclesiale della nostra vita è l’Eucaristia.

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