Domenica XXVII C

Vivere nella fede e nell’umiltà, due virtù che si rafforzano a vicenda
Tutti i testi della liturgia di questa Domenica ci parlano della fede e dell’umiltà.
Della fede: essa una un’importanza tanto grande, perché è il fondamento di tutto il vissuto cristiano cioè il vissuto veramente umano. Senza la fede non  accade l’amore
gratuito, perché questo viene dal Dio che ha assunto un volto umano e che ci ha amato sino alla fine, l’umanità nel suo insieme storico e ciascuno in particolare. Senza la fede non c’è speranza di fronte alla morte. E Gesù ha educato i suoi discepoli a esserne convinti fino a chiedergli: “Aumenta la nostra fede”. E’ una meravigliosa domanda tanto che i discepoli non chiedono privilegi, ma la grazia della fede di riconoscere Dio presente nel volto umano di Gesù e di stare in continuità in relazione intima con Lui, ricevendo da Lui tutti i suoi doni, anche quelli del coraggio e della speranza.
La fede rende possibili le cose umanamente impossibili. Nel vangelo, quando un malato si presenta a Gesù con un atteggiamento di fede in Lui e gli chiede la guarigione, Gesù lo guarisce e gli dice: “La tua fede ti ha salvato” (Mt 9,22; Lc 17,19). Nel caso del malato guarito da Gesù si tratta della salute fisica, ma nello stesso tempo, essendosi rivolti a Lui chiedendo quello che solo Dio poteva dare, avviene anche la salvezza spirituale (Lc 7,50, l’unione con Dio.
Nella prima lettura il Signore aiuta la fede di Abacuc nella dura prova, assicurandogli quando sembra tardare la risposta divina: “Se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà”.
Paolo invita Timoteo ad avere fede e per mezzo di essa a esercitare la carità l’amore generoso, a custodire “il buon deposito”, cioè il deposito della fede, le parole di Dio che sono state affidate a lui per la sua vita spirituale e per il suo apostolato. Gli ricorda che “Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza”. I cristiani non hanno motivo di essere paurosi: hanno tutti i motivi per mostrarsi forti, fiduciosi, coraggiosi, e questo grazie alla fede. Possono andare avanti, prendere iniziative e quando incontrano l’opposizione del mondo, non hanno motivo di vergognarsi. Dice Paolo a Timoteo: “Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore”. La fede ci mette a fianco dei martiri, dandoci la capacità di soffrire con loro per il Vangelo.
Il Vangelo nella seconda parte ci offre un insegnamento di umiltà e porta la parabola di un servo che ha lavorato nei campi e torna a casa. Il padrone gli chiede ancora di lavorare. Secondo la mentalità del tempo di Gesù, il padrone ha tutto il diritto di farlo.
Gesù ci fa prendere coscienza che, di fronte a Dio, non siamo creditori nei suoi confronti, ma sempre debitori nel nostro e altrui essere dono in tutto. E’ contro la realtà cioè la verità ogni pretesa di fronte a Dio e quindi non facciamo mai abbastanza ma “Siamo inutili servi. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Questo è un atteggiamento di umiltà, che ci mette nell’atteggiamento di poter essere aiutati. Il Signore può essere molto generoso con noi. Infatti, in un altro brano del Vangelo egli ci promette che “si cingerà le sue vesti, ci farà metter a tavola e ci servirà” (Lc 12,37). Ecco il privilegio che  riceviamo nell’essere umili. Saremo in compagnia di Maria, che ha detto: “Il Signore ha guardato all’umiltà della sua serva” (Lc 1,48).
Viviamo nella fede e nell’umiltà: sono due virtù che si rafforzano a vicenda.

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