Sindone

La sindone, possibile verifica empirica degli avvenimenti accaduti dalle ore 18 del 7 aprile all’alba  del 9 dell’anno 30 narrati dai Vangeli. Come rimando sensibile, sacramentale a quei fatti è una preziosa reliquia

Si tratta della morte, della sepoltura del Figlio di Dio e della sua risurrezione. Lo Spirito Creatore, infondendo la vita nuova ed eterna nel corpo sepolto di Gesù di Nazareth, ha portato a compimento l’opera della creazione dando origine ad una “primizia” che interessa ciascuno di noi e tutta la famiglia umana, tutta la storia: primizia di un’umanità nuova che nel tempo stesso è primizia di un mondo nuovo e di un’era nuova, dove non ci saranno più i limiti di questa vita biologica, con ogni bene senza più alcun male.
La sindone rimanda non solo alla feroce macellazione che Gesù subì, quel 7 aprile dell’anno 30, con tutti i minimi dettagli perfettamente coincidenti con il resoconto del Vangeli, ma può documentare anche la sua risurrezione,l’atto supremo e insuperabile  della potenza di Dio avvenuto la mattina del 9 aprile dell’anno 30 in quel sepolcro appena fuori le mura di Gerusalemme: la risurrezione pur sfuggendo alla nostra umana capacità di conoscenza e di indagine è anche un fatto “storico”, reale,  testimoniato e documentato per cui tutta la nostra fede si fonda ragionevolmente sulla trasmissione costante e fedele di questa “buona notizia”, di questo Vangelo. Che da quella prima Domenica Gesù sia il Vivente, presente e operante nella e attraverso il Suo corpo che è la Chiesa ci è stato trasmesso dalle innumerevoli schiere di credenti in Cristo che ci hanno preceduti nei secoli, perché non sono mai venute meno al loro fondamentale mandato di annunciare il Vangelo che avevano ricevuto.
Ma la sindone porta la traccia empiricamente verificabile dell’evento della risurrezione di Gesù. Ce lo direbbero la medicina legale e le scoperte scientifiche fatte con lo studio dettagliato del lenzuolo – raccolgo e riporto tutte queste notizie dall’articolo di Antonio Socci su Libero di Domenica 11 aprile – per mezzo di sofisticate apparecchiature. Cosicché questo misterioso lino diventa una speciale “lettera” in aiuto soprattutto agli uomini del nostro tempo per i quali sarebbe razionalmente valido soltanto ciò che è esperimentabile e calcolabile. E’ la prima volta oggi, grazie alla moderna tecnologia, che è possibile scoprire le prove di un fatto che è anche storico, documentato pur sfuggendo alla nostra umana capacità di conoscenza.
Cosa hanno potuto appurare infatti gli specialisti? In sintesi tre cose:
-         Primo. Che questo lenzuolo – la cui fattura rimanda al Medio oriente del I secolo e in particolare a tessuti ebrei (perché non c’è commistione del lino con tessuti di origine animale, secondo i dettami del Deuteronomio) – avrebbe sicuramente avvolto il corpo di un trentenne ucciso (morto tramite il supplizio della crocifissione con un supplemento di tormenti che è documentato solo per Gesù di Nazareth: di solito non c’era connubio tra flagellazione e crocifissione). Che ha avvolto un cadavere  ce lo dicono con certezza il “rigor mortis” del corpo, le tracce di sangue del costato (sangue di morto) e la ferita stessa del costato che ha aperto il cuore.
-         Secondo. Sappiamo con eguale certezza che questo corpo morto non è stato avvolto nel lenzuolo per più di 36 – 40 ore perché, al microscopio, non risulta vi sia, sulla sindone, alcuna traccia di putrefazione (la quale comincia appunto dopo quel termine): in effetti Gesù – secondo i Vangeli – è rimasto nel sepolcro dalle 18 circa del venerdì, all’aurora della domenica. Circa 35 ore.
-         Terza acquisizione certa, la più impressionante. Quel corpo – dopo quelle 36 ore – si è sottratto alla fasciatura della sindone, ma questo è avvenuto senza alcun movimento fisico del copro stesso, che non è stato mosso da alcuno, né si è mosso: è come se fosse letteralmente passato attraverso il lenzuolo.
Come fa la sindone a documentare questo? Lo dice l’osservazione al microscopio dei coaguli di sangue. Enormi fiotti di sangue erano penetrati nelle fibre del lino in vari punti, formando tanti grossi coaguli, e una volta secchi tutti questi coaguli erano diventati grossi grumi di un materiale duro, ma anche molto fragile, che incollava la carne al tessuto proprio come farebbero dei sigilli di ceralacca: Nessuno di questi coaguli risulta spezzato e la loro forma è integra proprio come se la carne incollata al lino fosse rimasta esattamente al suo posto. Lo studio dei coaguli al microscopio rivela che quel corpo si è sottratto al lenzuolo senza alcun movimento, come passandogli attraverso. Ma questa non è una qualità fisica dei corpi naturali: corrisponde  alle caratteristiche fisiche di un solo caso storico, ancora una volta quello documentato nei Vangeli. In essi si riferisce che il corpo di Gesù che appare dopo la risurrezione è il suo stesso corpo, che ha ancora le ferite delle mani e dei piedi, è un copro di carne tanto che Gesù, per convincere i suoi che non è un fantasma, mangia con loro del pesce, solo che  il suo corpo ha acquistato qualità fisiche nuove, non più definite dal tempo e dallo spazio. Può apparire e scomparire quando e come vuole, può passare attraverso i muri: è il corpo glorificato, come saranno anche i nostri corpi divinizzati dopo la risurrezione.
Si tratta quindi non di un semplice ritorno alla nostra vita terrena, come per Lazzaro. Il Nuovo Testamento non descrive la Risurrezione nel suo attuarsi. Riferisce soltanto le testimonianze di coloro che Gesù ha incontrato in persona dopo essere risuscitato. La risurrezione di Gesù – come è riferita dai Vangeli e documentata empiricamente dalla sindone  -è la più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con Lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo.  I tre Vangeli sinottici ci raccontano che l’annuncio – “E’ risorto!” – viene proclamato inizialmente da alcuni angeli. E’, pertanto, un annuncio che ha origine In Dio; ma Dio lo affida subito ai suoi “messaggeri”, perché lo trasmettano a tutti. E così sono questi stessi angeli che invitano le donne, recatesi di buon mattino al sepolcro, ad andare con prontezza a dire suoi discepoli: “E’ risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete” (Mt 28,7). In questo modo, mediante le donne del Vangelo, quel mandato divino raggiunge tutti e ciascuno perché, a loro volta, trasmettano ad altri, con fedeltà e coraggio, questa stessa notizia: una notizia bella, lieta, portatrice di gioia, di speranza affidabile e da due mila anni innumerevoli schiere di credenti in Cristo non sono mai venute meno al loro fondamentale mandato di annunciare il Vangelo che avevano ricevuto e ogni discepolo di Cristo, anche ciascuno di noi, sente il bisogno di testimoniare.
Ma la sindone documenta in modo scientificamente accertabile l’unico caso di morto che – anziché andare un putrefazione – giunge a vivere una vita veramente vita sottraendosi alla fasciatura senza movimento, grazie all’acquisizione di qualità fisiche nuove e misteriose, diverse dalla vita biologica, che gli permettono di smaterializzarsi improvvisamente e di oltrepassare improvvisamente le barriere fisiche ( come quella del lenzuolo stesso). E’ “il giorno che ha fatto il Signore”: non è più un tempo cronologico, ma spirituale, che Dio ha aperto nel tessuto dei giorni quando ha risuscitato Cristo dai morti.
E’ esattamente ciò che si riferisce nel vangelo di Giovanni: quando Pietro e Giovanni entrano nel sepolcro dove erano corsi per le notizie arrivate dalle donne, si rendono conto che è accaduto qualcosa di enorme proprio perché trovano il lenzuolo esattamente come era, legato attorno al corpo, ma come afflosciato su di sé perché il corpo dentro non c’era più. Più tardi, aprendo quel lenzuolo, scopriranno un’altra cosa misteriosa: quell’immagine. Ancora oggi, dopo duemila anni, la scienza e la tecnica non sanno dirci come abbia potuto formarsi. E non sanno riprodurla. Infatti non c’è traccia di colore o pigmento, è la bruciatura superficiale del lino, ma sembra derivare dallo sprigionarsi istantaneo di una formidabile e sconosciuta fonte di luce proveniente dal corpo stesso, in ortogonale rispetto al lenzuolo (fatto anch’esso inspiegabile).
La “non direzionalità” dell’immagine esclude che si siano applicate sostanze con pennelli o altro che implichi un gesto direzionale. E ci svela che l’irradiazione è stata trasmessa da tutto il corpo (tuttavia il volto ha valori più alti di luminanza, come se avesse sprigionato più energia o più luce). Quello che è successo non è un fenomeno naturale e non è riproducibile. Non deriva dal contatto perché altrimenti non sarebbe tridimensionale e non si sarebbe formata l’immagine anche in zone del corpo che sicuramente non erano in contatto col telo (come la zona fra la guancia e il naso).
Oggi poi i compiuter – è tutto preso da Antonio Socci – hanno permesso di rintracciare altri dettagli racchiusi nella sindone che tutti portano a lui: Gesù di Nazareth. Dai 77 pollini, alcuni dei quali tipici dell’area di Gerusalemme (quello dello Zygophillum dumosum, si trova esclusivamente nei dintorni di Gerusalemme e al Sinai), alle tracce (sul ginocchio, il calcagno e il naso) di un terriccio tipico anch’esso di Gerusalemme. Ai segni di aloe e mirra usate dagli ebrei per le sepolture.
Infine le tracce di scritte in greco, latino ed ebraico impresse per sovrapposizione sul lenzuolo. Da quelle lettere emerge il nome di Gesù, la parola Nazareno.
Si documenta un avvenimento accaduto che ha provocato testimoni entusiasti e coraggiosi per una vita nuova che fa risplendere un di più di umanità nella vita del cristiano, capace di cambiare il cuore, l’intera esistenza anche oggi.

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