Il cuore di Dio freme di compassione

 Il cuore di Dio freme di compassione, si commuove e riversa tutto il suo amore sull’umanità
Abbiamo celebrato la solennità del Corpo e Sangue di Cristo giovedì scorso e oggi, decima domenica durante l’anno, con la conclusione del Vangelo “chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre” vogliamo contemplare il cuore di Dio anticipando la solennità del Sacro Cuore che celebreremo venerdì prossimo.
Nel capitolo 11 del libro di Osea viene descritto la dimensione dell’amore con cui il Signore si rivolge ad Israele all’alba della sua storia: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho
amato e dall’Egitto l’ho chiamato mio figlio” (v.1). In verità, all’instancabile predilezione divina che lascia liberi in attesa di risposte libere cioè di amore, Israele risponde con indifferenza e addirittura con ingratitudine. “Più li chiamavo – è costretto a constatare il Signore -, più si allontanavano da me” (v. 2). Tuttavia Egli anche abbandonato, trascurato, perfino tradito mai abbandona Israele nelle mani dei nemici, perché “il mio cuore – osserva il Creatore dell’universo, chi mi ha chiamato all’esistenza – si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (v.8).

Il cuore di Dio freme di compassione! Nella solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, il Dio che possiede un volto umano che ci ha amato fino a lasciarsi uccidere, la Chiesa offre alla nostra contemplazione questo mistero, il mistero del cuore di Dio che si commuove e riversa il suo amore sull’umanità senza mai abbandonarla. Un amore misterioso, senza limiti, che nei testi del Nuovo Testamento ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per ogni uomo, che Egli ama comunque ridotto. Egli non si arrende dinnanzi all’ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto per rivelarsi luce a tutti i popoli, ad ogni uomo; anzi, con infinita misericordia, invia nel mondo l’Unigenito suo Figlio, perché prenda su di sé il destino dell’amore distrutto; perché, sconfiggendo Satana, pur accusato di essere da lui posseduto, sconfigge il potere del male e della morte e possa restituire dignità di figli nel Figlio agli esseri umani resi schiavi della tentazione e del peccato. Tutto questo a caro prezzo: il Figlio unigenito del Padre, assumendo un volto umano si immola sulla croce: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1), ogni singolo senza definirlo mai fino al termine della vita nemmeno dal male che commette, e l’umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un al di là immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno accade là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge concretamente. Simbolo, icona di tale amore che va oltre la morte è il suo fianco squarciato da una lancia. A tale riguardo, il testimone oculare, l’apostolo Giovanni, afferma: “Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue ed acqua” (Gv 19,34). Fermiamoci a contemplare insieme il Cuore trafitto del Crocefisso e venerdì veniamo a Messa dove si rende presente. “Dio, ricco di misericordia –san Paolo agli Efesini -, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo” (Ef 2, 4-&9, ha fatto rivivere il nostro matrimonio, la nostra famiglia, l’ambiente sociale di lavoro e oggi una politica internazionale di riconciliazione per non compromettere il futuro stesso dell’umanità). “Con Lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù”. Essere in Cristo Gesù perdonati è già sedere nei cieli. Nel Cuore di Gesù è espresso il nucleo essenziale del cristianesimo; in Cristo ci è stata rivelata e donata tutta la novità rivoluzionaria del Vangelo: l’Amore che ci salva e ci fa vivere già nell’eternità di Dio. Scrive l’evangelista Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui (lasciandosi perdonare) non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (3,16), la vita veramente vita dell’anima e del corpo, con ogni bene senza più alcun male. Il suo Cuore divino chiama allora in questo momento il nostro cuore; ci invita ad uscire da noi stessi, ad abbandonare le nostre sicurezze, pretese umane per fidarci di Lui, e seguendo il suo esempio, a fare di noi stessi un dono di amore senza riserve. Che la Regina dell’Amore, il Cuore Immacolato di Maria che celebreremo sabato, ci accompagni sempre.

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