La fede e le opere delle origini

Viviamo “un periodo storico travagliato” che esige di “tenere sempre vive la fede e le opere delle origini


Aquileia nacque e si sviluppò nel pieno della potenza dell’Impero, porta tra Oriente e Occidente, luogo di presidio e di scambi economici e culturali.
Ma era altra la gloria di Aquileia! Infatti, ci dice san Paolo, Dio non ha scelto ciò che è nobile e potente, ma ciò che per il mondo è debole e stolto (1 Cor 1,27-28). Nella lontana provincia di Siria, al tempo di Cesare Augusto, era sorto Colui che veniva a rischiarare gli uomini con la luce della Verità, Gesù, figlio di Maria e di Giuseppe, Figlio consunstanziale ed eterno del Padre, rivelatore dell’intramontabile impero di Dio sugli uomini, del suo disegno di comunione per tutti i popoli; Colui che con la sua morte di croce, subita per mano dell’Impero, instaurerà il vero regno di
giustizia, d’amore e di pace, dando agli uomini che lo accolgono “il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Da Gerusalemme, attraverso la Chiesa di Alessandria, giunse anche qui il Lieto Annuncio della salvezza di Cristo. Giunse in questa Regione romana il seme della grande speranza. Quella di Aquileia divenne ben presto, nella Decima Regio dell’Impero, una Comunità di martiri, di eroici testimoni della fede nel Risorto, seme di altri discepoli e di altre comunità. La grandezza di Aquileia, allora, non fu solo di essere la nona città dell’Impero e la quarta dell’Italia, ma anche quella di essere una Chiesa viva, esemplare, capace di autentico annuncio evangelico, coraggiosamente diffuso nelle regioni circostanti e per secoli conservato e alimentato. Pertanto, io rendo omaggio a questa terra benedetta, irrorata dal sangue e dal sacrificio di tanti testimoni, e prego i santi Martiri aquileiesi di suscitare anche oggi nella Chiesa discepoli di Cristo coraggiosi e fedeli, votati solo a Lui e perciò convinti e convincenti.
La libertà di culto concessa nel IV° secolo al cristianesimo non fece altro che estendere il raggio d’azione della Chiesa di Aquileia, allargandolo oltre i naturali confini della Venetia et Histria fino alla Retia, al Norico, alle ampie Regioni Danubiane, alla Pannonia, alla Savia.
Andò così formandosi la provincia ecclesiastica metropolitana di Aquileia, a cui i Vescovi di Chiese assai lontane offrivano la loro obbedienza, ne accoglievano la professione di fede, si stringevano ad essa nei vincoli indissolubili della comunione ecclesiale, liturgica, disciplinare e perfino architettonica. Aquileia era il cuore pulsante di questa Regione, sotto la guida dotta e intrepida di santi Pastori, che la difesero contro il dilagare dell’arianesimo. Fra tutti, ricordo Cromazio –sul quale già mi soffermai nella Catechesi del 5 dicembre 2007 -, Vescovo premuroso ed operoso come Agostino di Ippona, come Ambrogio a Milano, “santissimo e dottissimo fra i Vescovi”, come lo definì Girolamo. Ciò che fece grande la Chiesa che Cromazio amò e servì, fu la professione di fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo. Commentando il racconto evangelico della donna che profuma dapprima i piedi, quindi il capo di Gesù, agli afferma: “I piedi di Cristo indicano il mistero della sua incarnazione per cui si è degnato di nascere da una vergine in questi ultimi tempi; il capo, al contrario indica la gloria della sua divinità nella quale procede dal Padre prima di tutti i tempi…Ciò significa che dobbiamo credere due cose di Cristo: che è Dio e che è uomo, Dio generato dal Padre, uomo nato da una vergine…Non possiamo essere salvati altrimenti, se non crediamo queste due cose di Cristo” (Cromazio di Aquileia,Catechesi al popolo, Città Nuova, 1989, p. 93).
Cari fratelli, figli ed eredi della gloriosa Chiesa di Aquileia, oggi sono in mezzo a voi per ammirare questa ricca e antica tradizione, ma soprattutto per confermarvi nella fede profonda dei vostri Padri: in quest’ora della storia riscoprite, difendete, professate con calore spirituale questa verità fondamentale. Solo da Cristo, infatti, l’umanità può ricevere speranza e futuro; solo da Lui può attingere il significato e la forza del perdono, della giustizia e della pace. Tenete sempre vive, con coraggio, la fede e le opere delle vostre origini!Siate nelle vostre Chiese e in seno alla società “quasi beatorum chorus”, come affermava Girolamo del clero di Aquileia, per l’unità della fede, lo studio della Parola, l’amore fraterno, l’armonia gioiosa e pluriforme della testimonianza ecclesiale. Vi invito a farvi sempre di nuovo discepoli del Vangelo, per tradurlo in fervore spirituale, chiarezza di fede, sincera carità, pronta sensibilità per i poveri: possiate plasmare la vostra vita secondo quel “sermo rusticus”, di cui ancora parlava Girolamo riferendosi alla qualità evangelica della comunità Aquileiese. Siate assidui alla “mangiatoia”, come diceva Cromazio, cioè all’altare, dove il nutrimento è Cristo stesso, Pane di vita, forza nelle persecuzioni, alimento che rincuora ogni sfiducia e debolezza, cibo del coraggio e dell’ardore cristiano. Il ricordo di santa Madre Chiesa d’Aquileia vi sorregga, vi sproni e a nuovi traguardi missionari in questa travagliato periodo storico, vi renda artefici di unità e di comprensione fra i popoli delle vostre terre. Vi protegga sempre nel cammino la Vergine Maria e vi accompagni la mia Benedizione” ( Benedetto XVI, Incontro con la cittadinanza in Piazza Capitolo ad Aquileia, 7 maggio 2011).

E’ importante in questo travagliato periodo storico, anche nell’ambito ecclesiale, tenere sempre vive la fede e le opere delle origini del Nord-est. Lo strumento più grande della comunicazione del vero nella vita della Chiesa è la sua stessa continuità dinamica. Si chiama Tradizione. La tradizione è la coscienza della comunità che vive ora, ricca della memoria di tutta la sua vicenda storica. Per essere efficaci nel richiamare l’Europa alle sue radici nell’attuale drammatica frattura fra Vangelo e cultura superare a livello ecclesiale quel biblicismo di una ragione a-storica: la sapienza della tradizione  del Nord-Est non si può teologicamente e pastoralmente gettare nel cestino della storia delle idee. Dice de Lubac commentando la costituzione del Concilio Vaticano II Dei Verbum: “L’idea della tradizione esposta qui deriva dalla idea di Rivelazione: tutto ciò che la Chiesa ha ricevuto, essa lo trasmette ‘nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto’; non si tratta dunque soltanto di una ‘tradizione orale’, ma di una tradizione concreta e vivente, che fruttifica durante il tempo, così che conservando la verità rivelata, essa la attualizza secondo i bisogni di ogni epoca”. E osserva inoltre che: “La Tradizione è sempre ricordata prima della Scrittura, per rispettare l’ordine cronologico, dal momento che, all’origine di tutto, c’è questa Tradizione che viene dagli Apostoli’, ed è all’interno di una comunità già costituita che i libri santi sono stati composti e ricevuti” (H. de Lubac, La rivelazione divina e il senso dell’uomo, pp. 177-178).

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