Domenica XIX

La necessità di pregare anche in solitudine, nel silenzio, al riparo dalla dittatura dei tumulti del mondo

Nel Vangelo di questa domenica, incontriamo Gesù che, ritiratosi sul monte, prega per tutta la notte in dialogo con il Padre. Il Signore, in disparte sia dalla gente che dai discepoli, manifesta la sua intimità umana con il Padre e la
necessità anche per noi di momenti al mattino e alla sera di pregare in solitudine dalla dittatura dei tumulti del mondo. Questo allontanarsi soli con Lui solo, però, non va inteso come un disinteresse verso le persone o come un abbandono degli Apostoli. Anzi –attualizza oggi san Matteo per noi – fece salire i discepoli sulla barca per “precederlo sull’altra riva” (Mt 14,22), per incontrarli di nuovo. Nel frattempo, la barca “distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario” (v. 24), ed ecco che “sul finire della notte (Gesù) andò verso di loro camminando sul mare” (v. 25), anticipando profeticamente per alcuni minuti le caratteristiche non biologiche del suo corpo da risorto; i discepoli furono sconvolti e scambiandolo per un fantasma “gridarono per la paura” (v. 26), non lo riconobbero, non capirono che si trattava sempre del corpo del Signore. Ma Gesù li rassicura: “Coraggio, sono io, non abbiate paura” (v. 27). E’ un episodio che li prepara ad incontrarlo da risorto, del quale i Padri della Chiesa hanno colto una grande ricchezza di significato anche per noi. Il mare, una immagine molto negativa per gli ebrei, simboleggia la vita presente in attesa del di più attraverso la morte, e quindi l’instabilità del mondo visibile; la tempesta indica ogni sorta di tribolazione, di difficoltà anche per l’azione del Maligno, che opprime l’uomo. La barca, invece, rappresenta la Chiesa guidata dagli Apostoli. Gesù vuole educare i discepoli a sopportare con coraggio la avversità della vita, confidando in Dio che si è assunto un volto umano rimanendo sacramentalmente da risorto con loro, in Colui che si è rivelato al profeta Elia sull’Oreb nel “sussurro di una brezza leggera” (1 Re 19,12). Il brano continua poi con il gesto dell’apostolo Pietro, il quale, preso da uno slancio di amore verso il maestro, chiese di andargli incontro camminando anche lui sulle acque come fosse risorto. “Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!” (Mt 14,30).
Sant’Agostino, immaginando di rivolgersi all’apostolo, commenta: il Signore “si è abbassato e t’ha preso per mano. Con le tue sole forze non puoi rialzarti. Stringi la mano di Colui che scende fino a te”. E dice questo non solo a Pietro, ma lo  dice oggi questo anche a noi, a me. Pietro può camminare  sulle acque in burrasca non per la propria forza, ma per la grazia divina, in cui crede, e quando viene sopraffatto dal dubbio, quando non fissa più lo sguardo su Gesù, ma ha paura del vento, del mare in burrasca, quando non si fida più del Maestro, vuol dire che si sta allontanando da Lui ed è allora che rischia di affondare nel mare della vita, di perdere la speranza del di più attraverso la morte che nell’intimo aspettiamo, e così anche per noi, per me: si guardiamo solo a noi stessi, diventiamo schiavi dei venti e non possiamo più passare sulle tempeste, sulle acque della vita per il di più della vita veramente vita. Il grande pensatore Romano Guardini scrive che il Signore “è sempre vicino, essendo alla radice del nostro essere. Tuttavia, dobbiamo sperimentare il nostro rapporto libero, di amore con Dio tra i poli della lontananza e della vicinanza. Dalla vicinanza siamo fortificati, dalla lontananza messi alla prova” (Accettare noi stessi, Brescia 1992,71).
L’esperienza del profeta Elia, che udì il passaggio di Dio, e il travaglio di fede dell’apostolo Pietro, ci fanno comprendere che il Signore prima ancora che lo cerchiamo o lo invochiamo, è Lui stesso, innamorato di noi, che ci viene incontro, abbassando il cielo cioè il suo essere divino per tenderci la mano e portarci alla sua altezza; aspetta solo che responsabilmente ci fidiamo totalmente di Lui, che prendiamo realmente la sua mano. Invochiamo la Vergine Maria che fra qualche giorno celebreremo assunta in cielo in anima e corpo, modello di affidamento pieno a Dio nella forza del suo silenzio, perché in mezzo a tante preoccupazioni, problemi, difficoltà che agitano il mare della nostra vita, risuoni nel cuore la parola rassicurante di Gesù, che dice anche a noi: Coraggio anche in questo difficile momento storico,  ci sono io, non abbiate paura!, e cresca la nostra fede in Lui.

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