Venerdí santo

 Siamo nel venerdì santo, un giorno inscindibilmente tenebroso e luminoso com’è la vita, ferita dal peccato originale, alla luce della passione, morte, sepoltura e risurrezione di Gesù e nostra
La prima lettura, nella celebrazione della Passione del Signore, tratta dal libro del profeta Isaia, è il canto del Servo sofferente, una profezia stupenda, impressionante. E’ un testo unico in tutto l’Antico Testamento, che parla di un personaggio che soffre per i peccati degli altri. Liberamente,
per amore si lascia terribilmente umiliare: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere. Disprezzato e reietto dagli uomini … come uno davanti al quale ci si copre la faccia”. “Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità”. Ricordiamo quello che è avvenuto allora con la passione di Gesù, anticipata profeticamente nel Servo di Javé, perché è avvenuto per noi, è avvenuto per me, per i miei peccati. Si tratta quindi di sofferenze che io posso rendere feconde: ”Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo (…). Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce”. E l’inizio di questa profezia predice la glorificazione straordinaria del Signore: “Il mio servo avrà  successo, sarà innalzato, onorato, esaltato grandemente”. Attraverso la passione, Gesù con noi, con me, va verso la luce della Pasqua.
Il brano della Lettera agli Ebrei ci fa capire che la passione di Gesù non avviene in un luogo sacro, ma è un supplizio che avviene fuori della città. Tuttavia è il più perfetto die sacrifici. Gesù, rigettato dai suoi, si trova in una situazione di angoscia tremenda. La assume nella preghiera e nella docilità totale al Padre: “Pur essendo Figlio (consostanziale al Padre, assumendo un volto umano come noi) imparò l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono (per tutti i credenti)”.
La passione secondo Giovanni è una passione glorificante nell’amore. Viene preparata dalla preghiera di Gesù – la cosi detta ‘preghiera sacerdotale’ – alla fine della Cena (Gv 17). Gesù si rivolge al Padre e gli dice: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te” (Gv 17,1). Gesù audacemente chiede di essere glorificato nell’amore. Ma sa bene che questa glorificazione nell’amore passa attraverso le sofferenze. Giovanni ci mostra che la glorificazione nell’amore si realizza sin dall’inizio della passione. E in tutti gli episodi della passione c’è sempre una aspetto di glorificazione nell’amore: una glorificazione sorprendente in circostanze che di per sé sono umilianti.
Dopo l’annuncio della passione secondo Giovanni, possiamo riconoscere la visione di fede che l’evangelista ci offre per il bacio del crocefisso: una visione commovente, perché la gloria di Gesù si manifesta  anzitutto con l’altezza, la lunghezza, la profondità di un amore spinto all’estremo attraverso sofferenze e umiliazioni.
Ma c’è anche una prospettiva molto positiva: la passione di Gesù è sempre guidata dalla Provvidenza. Nessun dettaglio è senza significato; la Provvidenza glorifica Gesù attraverso la sua passione. Chi sa discernere il senso profondo degli eventi, soprattutto oggi davanti al crocefisso.

La glorificazione di Gesù diventerà molto più evidente con la sua risurrezione e con il corpo trasfigurato nell’ascensione e con il dono dello Spirito santo che ce lo renderà presente e operante in tutti i sacramenti fin dalla prima Pentecoste con Maria. Ma tutto questo proviene sempre dalla passione, i centro del Triduo Pasquale. Perciò possiamo affermare con grande gioia e con tanta gratitudine che la passione di Gesù è glorificante nell’amore, con la Regina dell’Amore.

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