Momento decisivo nella storia d'Europa

“L’Europa intera sta attraversando un momento decisivo della sua storia, nel quale è chiamata a ritrovare la propria identità” (Papa Francesco) e ciò non avviene solo in politica ed economia, ma anche in materia morale

“L’Europa intera sta attraversando un momento decisivo della sua storia, nel quale è chiamata a ritrovare la propria identità”, ha detto Papa Francesco al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede in occasione degli auguri per il nuovo anno. Di fronte alle spinte disgregatrici, è quanto
mai urgente aggiornare “l’idea di Europa” per dare alla luce un nuovo umanesimo basato sulla capacità di integrare, di dialogare e di generare, che hanno reso grande il cosi detto Vecchio Contenete. Il processo di unificazione europeo, iniziato dopo il secondo conflitto mondiale, è  stato e continua ad essere un’occasione unica di stabilità, di pace e di solidarietà tra i popoli”.
E il richiamo a ritrovare la propria identità non solo in politica e in economia ma anche in materia morale è stato sviluppato da Ettore Gotti Tedeschi in un articolo su LaVerità di mercoledì 11 gennaio 2017 e che ripropongo integralmente.
“In materia morale –Ettore Gotti Tedeschi ed è tutta una citazione del suo articolo –la dimostrazione (del campo politico ed economico) è più complessa, ma potrebbe essere sintetizzata con la considerazione, oggi piuttosto condivisa all’interno della Chiesa, che per risolvere il problema morale si deve prima risolvere il problema materiale e sociale. Così l’autorità morale rischia di arrivare a cambiare la definizione di ciò che è o no morale.
Su questo tema, riprendo alcune considerazioni di Fabrizio Palenzona riferite a un   pezzo precedente di Angelo Panebianco (Corriere della Sera, 3 gennaio) sul problema delle ex radici cristiane di un’Europa i cui vertici non vogliono manifestamente che il cattolicesimo esista o perlomeno agisca. Disconoscendo che è proprio per questa ragione che è fallito il processo di globalizzazione e quello di unificazione europeo. La cultura gnostica dominante avviata a fine sessanta con il così detto nuovo ordine mondiale e supportata da teologi progressisti che si impossessano delle conclusioni del Concilio Vaticano II, ha fallito in tutto, ma ha trionfato nel suo obiettivo: relativizzare la fede cattolica e ridimensionare il ruolo della Chiesa.
L’Europa, il suo pensiero forte, la sua fede, le sue idee, hanno guidato il mondo per tanti secoli con un umanesimo cristiano unico. I nemici (il nemico, in realtà) del cristianesimo hanno lavorato a lungo per far vacillare la forza dello stesso, ma il vero “grande attacco” non ha neppure cinquant’anni. Il mondo Occidentale, e tutto il resto, inizia la sua fase di trasformazione irreversibile circa cinquant’anni fa, grazie alla sostituzione delle radici cristiane con radici gnostiche. Queste negando la morale cristiana e utilizzando tesi neomaltusiane-ambientaliste, hanno provocato il crollo nascite in Occidente, che a sua volta, per sostenere il Pil, ha reso necessario una crescita economica consumistica e sempre più a debito, per realizzare la quale si è deindustrializzato l’Occidente (facendolo solo consumare) e industrializzato l’Oriente (facendolo solo produrre). Anche questa delocalizzazione a scopo consumistico ha prodotto il (supposto) problema ambientale che oggi si propone di risolvere agli stessi che l’hanno generato. Ma anche la stessa politica di immigrazione non è affatto una scelta di compensazione del gap di popolazione in Europa, essa venne decisa prima, per reingegnerizzare soprattutto il peso del mondo cattolico in Europa. Si vadano a leggere le grandi “dichiarazioni dottrinali” del rapporto Kissinger del 1974, alle grandi conferenze internazionali, fino ai proclami dei segretari generali dell’Onu riferiti al tema migrazione e sincretismo religioso in Europa. Oggi le cause dei problemi, vengono imposte paradossalmente come soluzioni, su questo si deve riflettere. Quando una cultura confonde fini e mezzi e cause ed effetti, che può mai poter risolvere? Benedetto XVI lo spiega in Caritas in veritate, nella introduzione e nella conclusione. Nella introduzione, quando si domanda come possa una cultura impregnata di nichilismo, senza più valori di riferimento, senza più senso della vita e delle azioni, dopo aver separato fede e opere, permettere all’uomo di oggi di saper governare gli strumenti complessi e sofisticati disponibili. Questi strumenti non potranno altro che prendere autonomia morale (e si immagini uno strumento con autonomia morale che danni fa).
Nella conclusione, quando si domanda come possa esser possibile pensare di risolvere questi problemi cambiando gli strumenti anziché cambiando l’uomo (se l’uomo non è cambiato gestirà male anche i nuovi strumenti, no?). E di chi  è la responsabilità di cambiare l’uomo (cambiare, non coccolare), se non della Chiesa? Che deve realizzarlo con il Magistero, Sacramenti e preghiera (si rilegga Lumen fidei).
Forse il lettore della Verità ne è consapevole, ma quello che ben scrive Fabrizio Palenzona appare su decine di blog e giornali online “cattolici conservatori” (ohibò!) da molto tempo. Il fatto che un grande quotidiano laico italiano dia enfasi a questi temi è molto significativo. Probabilmente è uno degli effetti della nascita e della lettura della Verità. E la mia interpretazione è che il mondo laico più saggio e ragionevole si è reso conto che il crollo della fede cattolica provocherà crollo dei valori, quelli veri, di cui detto mondo laico stesso non beneficerà più. E pertanto oggi cominciano a preoccuparsi, domandandoci se l’autorità morale voglia sostenere o no detti valori. Detto mondo laico, come pensava Voltaire, vorrebbe la moglie, il medico e il cameriere cattolici. Per non essere cornificati, avvelenati, derubati. Gran parte del mondo cattolico è invece confuso, separato e in opposizione. E questa è una debolezza che provocherà vulnerabilità elevate.
Potranno essere perciò, caro Palenzona, quei “laici” che si preoccupano di questa separazione e confusione e temono conseguentemente una morale cattolica confondente, a salvare il cattolicesimo e riaffermare le radici cristiane? Anche magari temendo, proprio grazie alle migrazioni, l’instaurazione di religioni che impongano leggi di stato rigorosamente anti laiciste? E’ questa preoccupazione che spiega la recentissima svolta-ripensamento sull’accoglienza e le considerazioni lette su grandi quotidiani laici?”.
A questo riguardo penso utile riportare quanto Benedetto XVI ha riportato in Spe salvi a riguardo  di due scritti illuministi di morale laica di Immanuel Kant. “Nel 1792 scrive l’opera ‘La vittoria del principio buono su quello cattivo ’. In essa egli dice: ‘Il passaggio graduale dalla fede ecclesiastica al dominio esclusivo della pura fede religiosa (cioè della pura ragione)’. Ci dice anche che le rivoluzioni possono accelerare i tempi di questo passaggio dalla fede ecclesiastica  alla fede razionale. Il ‘regno di Dio’, di cui Gesù aveva parlato ha qui ricevuto una nuova definizione e assunto anche una nuova presenza; esiste, per così dire, una nuova ‘attesa immediata’: il ‘regno di Dio’ arriva là dove la ‘fede ecclesiastica’ viene superata e rimpiazzata dalla ‘fede religiosa’, vale a dire della semplice razionalità. Nel 1795, nello scritto La fine di tutte le cose appare un’immagine mutata. Ora Kant prende in considerazione la possibilità che, accanto alla fine naturale di tutte le cose, se ne verifichi anche una contro natura, perversa. Scrive al riguardo: “Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore (…) allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di un’opposizione contro di esso; e l’anticristo (…) inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull’egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato a essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l’aspetto morale, la fine perversa di tutte le cose’” (19). Possiamo valutare profetico questo scritto kantiano poiché l’attuale atteggiamento maggioritario che predomina in Europa provoca una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. E qui accade un autentico capovolgimento del punto di partenza laico illuminista che pur anti cattolico, gnostico, per la tradizione umanistico- cristiana maturata, rivendicava la centralità dell’uomo e della sua libertà nell’uguaglianza e nella fraternità. Il rifiuto dell’apporto  della morale cattolica a livello di bene comune, della morale ecclesiale,  riconduce l’etica pubblica entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso, a livello pubblico l’esclusione di ogni principio non negoziabile, a livello democratico il valore finale del bene di ogni persona. Non è difficile vedere che il dramma di questa attuale cultura maggioritaria in Europa rappresenti oggi un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo, con il cattolicesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità, dando anche pretesto al fondamentalismo islamico: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e la direzione della nostra vita.
Non è pensabile imporre politicamente una morale, un’etica cattolica. Si tratta, come già suggeriva nel 1946 san Giovanni Calabria e oggi con una nuova evangelizzazione  una forma apostolica di evangelizzare come agli inizi. Chi ha ancora il dono di una fede e quindi di una tensione morale cattolica, anche minoranza, in piccole comunità offrire fedelmente la propria identità culturale cattolica in questa situazione contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza. E in Europa, in Italia non mancano significativi movimenti ecclesiali di testimonianza anche sociale. Perché non tentare anche un soggetto politico minoritario da cattolici con l’attenzione a quei laici pure preoccupati del venir meno del patrimonio morale cattolico  che provocherebbe, secondo Kant, “la fine perversa di tutte le cose”. 


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