Tutti i santi

Malgrado le difficoltà siamo pieni di speranza e uniti già in anticipo a tutti i santi, che esultano nella vita veramente vita in Dio con ogni bene senza più alcun male

La solennità di Tutti i Santi, la nostra Pasqua che oggi celebriamo dopo quella di Gesù e di Maria, ci invita a innalzare lo sguardo al Cielo prima di ogni scelta morale e a meditare sulla pienezza della vita veramente vita che ci attende. “Siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato
ancora rivelato” (1 Gv 3,2): con queste parole l’apostolo Giovanni ci assicura la realtà del nostro profondo legame con Dio, come pure la certezza della nostra sorte futura, dell’immortalità  dell’anima e la risurrezione dei  corpi. Il Regno di Dio non è, però, un al di là immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente, il paradiso inizia là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura e per irresponsabilità umane, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo e temiamo di perdere: la vita veramente che è “veramente vita” per l’anima e per il corpo. 
 E’ uscita l’Istruzione della Congregazione della fede “Ad resurgendum cum Christo”: Colui che è risorto dai morti con quello stesso corpo, ora glorificato, iniziando l’al di là anche di ogni corpo, corpo trasfigurato con cui era inchiodato sulla croce. L’Istruzione ribadisce che “seguendo l’antichissima tradizione cristiana, la Chiesa raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti, vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro. Nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore, mistero della luce del quale si manifesta il senso cristiano anche della morte, l’inumanazione è innanzitutto la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporea”. Legittima anche la cremazione senza, però, disperdere le ceneri fuori del cimitero o in altro luogo sacro. Benedetto XVI ha detto che “Solamente chi può riconoscere una grande speranza nella morte, può anche vivere una vita a partire dalla speranza”. In qualsiasi modo si disumanizza la morte si disumanizza la vita rendendola meno vivibile.
Giovanni ricordando che siamo figli di Dio fin dal Battesimo, anche se il compimento è stato rivelato solo in Cristo e Maria, ci assicura la realtà del nostro profondo legame con il Padre come figli nel Figlio per opera dello Spirito Santo, come pure la certezza della nostra sorte futura anche per questo nostro corpo che passerà in polvere. Come figli amati, perciò, riceviamo anche la grazia di sopportare le prove di questa esistenza terrena – la fame e sete di giustizia, le incomprensioni, le persecuzioni (Mt 5,3-11) – e nel contempo, ereditiamo fin da ora volendolo ciò che è promesso nelle beatitudini evangeliche che abbiamo ascoltato, nelle quali risplende la nuova immagine del mondo e dell’uomo che Gesù inaugura con la nuova alleanza o storia di amore di Dio. La santità, imprimere Cristo in se stessi cioè lasciarsi assimilare a Lui come il Vangelo ce lo fa rivivere, è lo scopo dei cristiani, anzi l’unica speranza di vita veramente vita nel cuore di ogni uomo. E noi pregustiamo il dono e la bellezza della santità cioè il paradiso ogni volta che almeno la Domenica partecipiamo alla Liturgia eucaristica, in comunione sia con la “moltitudine immensa” degli spiriti celesti che in Cielo acclamano in eterno la salvezza di Dio e dell’Agnello” (Ap 7,9-10) e sia in suffragio con le anime sante nella purificazione ultraterrena dei nostri cari, che ricorderemo con la visita ai cimiteri soprattutto in questi otto giorni. E chi vive andando verso Dio non si allontana dalle esperienze di amore, anzi dà a loro non solo l’orizzonte temporale ma eterno.
Consolati dalla consapevolezza della comunione eucaristica anche con la grande famiglia dei santi, domani inizia l’ottavario di un speciale ricordo di tutti i fedeli defunti nella purificazione ultraterrena. La Liturgia del 2 novembre e il pio esercizio di visitare i cimiteri ci ricordano che la morte cristiana fa parte dell’assimilazione al Dio che ha assunto un volto umano, unendosi ad ogni uomo e scomparirà quando Dio sarà tutto in tutti. La separazione dagli affetti terreni è certo molto dolorosa, ma non dobbiamo temerla, perché essa, accompagnata dalla preghiera di suffragio della Chiesa con la certezza dell’immortalità dell’anima dei nostri cari per cui intendono, vogliono, amano anche se non li sentiamo, non può spezzare il legame profondo che ci unisce in Cristo e in Maria.
Cari amici, l’eternità fuori del tempo e dello spazio non è un continuo susseguirsi di giorni del calendario, esperienze gioiose non continue come esperimentiamo nel tempo e nello spazio, ma come il momento colmo di appagamento, in cui la totalità e la continuità ci abbraccia e noi abbracciamo la totalità dell’essere, della verità, dell’amore. Alla Vergine Maria, guida sicura alla santità, al cielo, affidiamo il nostro pellegrinaggio verso la patria celeste.

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