Il Dio in cui credo

Il Dio in cui credo e al quale ho affidato la mia vita è il Dio di Gesù Cristo annunciato dalla Chiesa e celebrato nella liturgia di cui fonte e culmine è la Messa con i sacramenti
di Lorenzo Bertocchi 09-10-2016
Oggi si svolgerà a Monza la Giornata della Nuova Bussola Quotidiana. Al collegio della Guastalla l'apertura sarà alle 10 con la S. Messa, celebrata da S.E. Mons. Francesco Cavina, vescovo di Carpi. La Nuova BQ lo ha intervistato sul tema che farà da conduttore alla giornata di incontri e testimonianze. 
Monsignore, cosa significa Quaerere Deum, cercare Dio?
Seguendo l’insegnamento di san Basilio, potremmo dire che Quaerere Deum è “l’ardente anelito…di piacere a Dio”.
L’uomo “piace” a Dio quando amandolo come Padre scopre in sé una pienezza fino allora sconosciuta, anzi una nuova identità e pertanto l’uomo che piace a Dio è quello che non si accontenta di vivere superficialmente, di godere dell’attimo presente, o peggio ancora di credere di essere “una passione inutile”.
Ma come si cerca Dio?
Il verbo “cercare” non significa solo “andare alla ricerca di qualcosa”, ma anche “chiedere, porre una domanda”. Cercare Dio quindi significa non stancarsi di chiedere di Lui, “porre le domande giuste” perché ciò che conosciamo di Dio su questa terra non ci impedisce di patire la tentazione di costruirci una nostra personale immagine di Dio. La domanda - : “Il Dio in cui credo e al quale ho affidato la mia vita è il Dio di Gesù Cristo annunziato dalla Chiesa e celebrato nella liturgia?” - rimane sempre di attualità nella nostra esperienza spirituale.
Non sempre è facile impegnarsi nella ricerca di Dio.
Sì, non è una passeggiata, anzi è spesso contrassegnata dalla lotta, dalla sofferenza, dalla incomprensione del mondo e addirittura dall’impressione di correre invano, tuttavia non ci si può rinunciare perché, come afferma il profeta Geremia: “Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo ma non potevo” (Ger.20.9).
Per un battezzato la via per piacere a Dio, per cercare Dio, è quella di Cristo...
Certamente. Senza Cristo l’uomo non è in grado di capire il senso della sua vita (rendere gloria a Dio) e neppure può raggiungere il fine per il quale è stato creato (condividere la condizione di figli di Dio che Cristo possiede in pienezza). In quest’ottica “piacere a Dio” significa impegnarsi ad esprimere Cristo e a crescere in Cristo (2Cor.3.18), portando ciascuno a compimento la propria santificazione.
Che ruolo ha la liturgia nel cercare Dio?
In un certo senso è la via principale. Prima di ritornare al Padre, Cristo ha donato alla sua Chiesa, tra i tanti doni, anche la sua preghiera, cioè il potere di continuare su questa terra l’opera di glorificazione della Trinità da lui inaugurata. E la Chiesa pellegrina “si appoggia al suo Diletto” (Cantico 8.5) per fare giungere la sua preghiera sino a Dio. Quindi la preghiera della Chiesa si confonde con quella di Cristo. Scrive Sant’Agostino: La Chiesa e Cristo “sono due in una carne sola, perché non saranno due anche in una sola voce?” (Enarrat. super psalmosII.4). Ecco la liturgia, con la quale la nostra preghiera s’innalza dal deserto di questa vita fino al seno del Padre.
Nella Regola di San Benedetto si sottolinea in particolare l'importanza dell'Ufficio divino per una vita di orazione che scandisce il tempo del monaco. Si tratta di quella che veniva chiamata opus dei.
Nella preghiera liturgica grande importanza ha l’opus Dei della quale Sant’Alfonso afferma: “Cento preghiere private non hanno il valore di una sola, recitata nell’ufficio divino”. L’opus Dei, cioè tutta la vita spirituale del monaco, è “ricerca di Dio” perché dietro i riti, le preghiere e i canti è nascosto un mistero. Come scriveva Columba Marmion nel suo “Cristo Vita dell'anima”, questo è il mistero: “la lode eterna che il Verbo rende al Padre…il cantico cantato dalla Chiesa unita a Cristo”.

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