Domenica XXVI C

Non far niente di male non basta per una persona che vuol vivere di fede e quindi nella carità cristiana
Nel Vangelo di questa domenica (Lc 16,19-31), Gesù NARRA LA PARABOLA DELL’UOMO RICCO E DEL POVERO Lazzaro. Il primo vive nel lusso e nell’egoismo, e quando muore, finisce all’inferno. Il povero invece, che si ciba degli avanzi della mensa del ricco, alla sua morte viene portato dagli angeli nella dimora eterna di Dio, dei santi, della
vita veramente vita. “Beati voi poveri – aveva proclamato il Signore ai suoi discepoli – perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6,20). Ma il messaggio della parabola oltre: ricorda che, mentre siamo in cammino in questo mondo verso le realtà definitive, dobbiamo ascoltare il Signore che ci parla mediante le Scritture e vivere secondo la sua volontà, altrimenti, dopo la morte, sarà troppo tardi per ravvedersi di non essere vissuti nella verità del proprio e altrui essere dono del Donatore divino facendoci continuamente dono. Dunque, questa parabola ci richiama due cose: la prima è che Dio ama i poveri e li solleva dalla loro umiliazione; la seconda è che il nostro destino di farci dono per divenire quello che siamo, di vivere quindi per, è condizionato dal nostro atteggiamento responsabile, sta a noi seguire la strada che Dio ci ha mostrato per giungere alla vita veramente vita con ogni bene senza più alcun male, e questa strada è l’amore, non inteso solamente come sentimento, ma come servizio agli altri, nella carità di Cristo, nell’amare come Lui ci ha amato, sino alla fine.
Per una felice coincidenza, martedì celebreremo la memoria liturgica di San Vincenzo de’ Paoli, patrono delle organizzazioni caritative cattoliche. Nella Francia del 1600, egli toccò con mano il forte contrasto tra i più ricchi e i più poveri. Infatti, come sacerdote, ebbe modo di frequentare sia gli ambienti aristocratici, sia le campagne, come pure i bassifondi di Parigi. Spinto dall’amore gratuito di Cristo, Vicenzo de’ Paoli seppe organizzare forme stabili di servizio alle persone emarginate perfino sulle galere o navi condotte da prigionieri o condannati, dando vita alle cosi dette “Charitées”, le “Carità”, cioè gruppi di donne che mettevano il loro tempo e i loro beni a disposizione dei più emarginati. Tra queste volontarie, alcune scelsero di consacrarsi totalmente a Dio Padre, l’Amante dell’Amato, il Figlio, nell’Amore lo Spirito Santo servendo i poveri, e così, insieme con santa Luisa di Marillac, san Vincenzo fondò le “Figlie della Carità”, prima congregazione femminile a vivere la consacrazione “nel mondo”, in mezzo alla gente, addirittura nelle galere, con i malati e i bisognosi.
Cari amici, solo l’Amore con la “A” maiuscola ci realizza nel nostro e altrui essere dono, facendoci esperimentare già la felicità che giungerà a compimento in paradiso! Lo dimostra anche un’altra testimone, una giovane, che il 24 settembre del 2011 è stata proclamata Beata a Roma. Chiara Bodano, una ragazza italiana nata nel 1971, che una malattia ha condotto alla morte a poco meno di 19 anni, ma che è stata per tutti un raggio di luce, come dice il suo soprannome: “Chiara Luce”.  Apparteneva al Movimento dei Focolari, un esempio di piena realizzazione femminile nel suo essere dono del Donatore divino. Le sue ultime parole, di piena adesione alla volontà di Dio, sono state: “Mamma, ciao. Sii felice perché io lo sono già al di qua di quello che in compimento sarò nell’al di là”. Si tratta di un amore più forte del limite del male, della povertà. C’è da ringraziare la Vergine Maria di fronte a giovani e non più giovani che, porta del cielo, anche attraverso le difficoltà e le sofferenze, conduce ad innamorarsi di Gesù e scoprire la bellezza anche di questa vita, comunque ridotta.

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