Domenica XXIV C

Quando Gesù parla del pastore che va dietro alla pecorella smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare misericordioso a cui punta di renderci assimilati
Nel Vangelo dell’odierna domenica – il capitolo 15° di san Luca  – Gesù narra le tre “parabole della misericordia” in cui si rivela come icona del Padre cioè non di un Dio inflessibile, rigido, un giudice spietato, ma un Padre misericordioso,
pieno di bontà, d’indulgenza, che non guarda quante volte cadiamo, ma certi del suo perdono abbiamo il coraggio di riconoscere e confessare i nostri peccati, di convertirci e di perdonare come Lui ci perdona con l’impegno, il proposito di cambiare vita. Infatti, il pastore che ritrova la pecora perduta è il Signore stesso che prende su di sé, con la Croce, l’umanità peccatrice per redimerla. Il figlio prodigo, poi, nella terza parabola, è un giovane che, ottenuta dal padre, che rispetta la libertà, l’eredità, “partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto” (Lc 15,13). Ridotto in miseria come chi pensa di mantenersi libero senza verità, com’è l’attuale cultura che tutto fa derivare dalla libertà e non dalla verità, fu costretto a lavorare come uno schiavo, accettando persino di sfamarsi con cibo destinato agli animali ritenuti immondi. “Allora – dice il vangelo –ritornò in sé (Lc 15,17. “Le parole interessate  preparandosi per il ritorno con un dolore solo imperfetto ci permettono di conoscere la portata del pellegrinaggio interiore che egli ora compie … ritorna “a casa”, a se stesso e al padre con un minimo di esame di coscienza e conversione. “Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio” (Lc 15, 18-19), definito ormai dal male compiuto, come lo giudicherà suo fratello. Ma “Quando  era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò (Lc 15,20) e, pieno di gioia rivestendolo completamente da figlio, fece preparare una festa. Sant’Agostino, ricordando la sua esperienza di convertito, scrive nelle Confessioni  (IV, 11): “E’ il Verbo stesso (cioè il Dio che per essere vicino a noi peccatori ha assunto un volto umano come il nostro) ti grida di tornare al Padre; il luogo della quiete imperturbabile è dove l’amore (più grande di ogni peccato) non conosce abbandoni”.
Come di fronte a un simile ascolto di Dio che anche qui e ora  ci parla non aprire il nostro cuore alla certezza che, cogliendoci peccatori, siamo amati da Dio e fino al momento terminale possiamo riconoscerci peccatori con la certezza del suo perdono dandoci la capacità di perdonare come Lui perdona? Egli non si stanca mai di venirci incontro, percorre sempre per primo la strada che ci separa da Lui. Il libro dell’Esodo, con la prima lettura, mostra come Mosè, con fiduciosa e audacia supplica, riuscì, per così dire, a spostare Dio dal trono del giudizio al trono della misericordia (32,7-11.13-14). Il pentimento è la misura della fede e grazie ad esso si ritorna alla Verità cioè a Dio. Scrive l’apostolo Paolo: “Mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede” (1 Tm 1,13) nella possibilità del perdono. Ritornando alla parabola del figlio che ritorna “a casa”, notiamo che quando compare il figlio maggiore indignato per l’accoglienza festosa riservata al fratello che egli definisce dal male che ha fatto, è sempre il padre che gli va incontro ed esce a supplicarlo facendogli notare la giustizia che avendo sperperato la sua parte di eredità non ha più alcun diritto: ”Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo” (Lc 15,31), ormai tutto tuo. Solo la fede può trasformare l’egoismo in gioia e riannodare giusti rapporti congiungendo misericordia e giustizia con il prossimo e con Dio. “Bisognava far festa e rallegrarsi – dice il padre – perché questo tuo fratello  …era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,32).
Alla Vergine dell’Addolorata che memorizziamo in settembre, affidiamo il nostro cammino di conversione al perdono mai terminato.  

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