La Domenica libera dal lavoro

La Domenica libera dal lavoro – eccettuati i servizi necessari – sta ad affermare che la priorità non è all’economico, ma all’umano, al gratuito, alle relazioni non commerciali ma familiari, amicali, per i credenti alla relazione  con Dio e con la comunità. Forse è giunto il  momento di domandarci se quella di lavorare alla domenica è una vera libertà
“Vi ringrazio per la vostra accoglienza. Vi ringrazio soprattutto per aver condiviso con me la realtà che vivete, le fatiche e le speranze. Il Signor Rettore ha ripreso l’espressione che io ho
detto una volta: che il nostro Dio è il Dio delle sorprese. E’ vero, ogni giorno ce ne fa una. E’ così, il nostro Padre. Ma ha detto un’altra cosa su Dio, che prendo adesso: Dio che rompe gli schemi. E se noi non abbiamo il coraggio di rompere gli schemi, mai andremo avanti perché il nostro Dio si spinge a questo: a essere creativi sul futuro.
La mia visita in Molise comincia da questo incontro con il mondo del lavoro, ma il luogo in cui ci troviamo è l’Università. E questo è significativo: esprime l’importanza della ricerca e della formazione anche per rispkndere alle nuove e ocmplesse domande che l’attuale crisi economica pone, sul piano locale, nazionale e internazionale. Lo testimoniava poco fa il giovane agricoltore con la sua scelta di fare il corso di laurea in agraria e di lavorare la terra “per vocazione”. Il restare del contadino sulla terra non è rimanere fisso, è fare un dialogo, un dialogo fecondo, un dialogo creativo. E’ il dialogo dell’uomo con la sua terra che la fa fiorire, la fa diventare per tutti feconda. Questo è importante. Un buon percorso formativo non offre facili soluzioni, ma aiuta ad avere uno sguardo più aperto e più creativo per valorizzare meglio le risorse del territorio.
Condivido pienamente ciò che è stato detto sul “custodire” la terra, perché dia frutto senza essere “sfruttata”. Questa è una delle più grandi sfide della nostra epoca: convertirci ad uno sviluppo che sappia rispettare il creato. Io vedo l’America – la mia patria, pure; tante foreste spogliate, che diventano terra che non si può coltivare, che non può dare vita. Questo è il peccato nostro: di sfruttare la terra e non lasciare che lei ci dia quello che ha dentro, con il nostro aiuto della coltivazione.
Un’altra sfida è emersa dalla voce di questa brava mamma operaia, che ha parlato anche a nome della sua famiglia: il marito, il bambino piccolo e il bambino in grembo. Il suo è un appello per il lavoro e nello stesso tempo per la famiglia. Grazie di questa testimonianza! In effetti, si tratta di cercare di conciliare i tempi del lavoro con i tempi della famiglia. Ma vi dirò una cosa: quando vado al confessionale e confesso – adeso non tanto come lo facevo nell’altra diocesi  -, quando viene una mamma o un papà giovane, domando: “Quanti bambini hai?”, e mi dice. E faccio un’altra domanda, sempre: “Dimmi, tu giochi con i tuoi bambini?” La maggioranza risponde: “Come dice Padre?”- Sì, sì, tu giochi? Perdi tempo con i tuoi bambini?”. Stiamo perdendo questa capacità, questa saggezza di giocare con i nostri bambini. La situazione ci spinge a questo, a perdere questo. Per favore, perdete il tempo con i nostri bambini!  La Domenica; lei (si rivolge alla lavoratrice) ha fatto riferimento a questa Domenica di famiglia, a perdere il tempo…Questo è un punto “critico”, un punto che ci permette di discernere, di valutare la qualità umana del sistema economico in cui ci troviamo. E all’interno di questo ambito si colloca anche la questione della domenica lavorativa, che non interessa solo i credenti, ma interessa tutti, come una scelta etica. E’ questo spazio della gratuità che stiamo perdendo. La domanda è; a che cosa vogliamo dare priorità?. La Domenica libera dal lavoro – eccettuati i servizi necessari – sta ad affermare che la priorità non è all’economico, ma all’umano, al gratuito, alle relazioni non commerciali ma familiari, amicali, per i credenti alla relazione con Dio e con la comunità. Forse è giunto il momento di domandarci se quella di lavorare alla Domenica è una vera libertà. Perché il Dio delle sorprese e il Dio che rompe gli schemi fa sorprese e rompe gli schemi perché noi diventiamo più liberi: è il Dio della libertà.
Cari amici, oggi vorrei unire la mia voce a quella di tanti lavoratori e imprenditori di questo territorio nel chiedere che possa attuarsi anche un “patto per il lavoro”. Ho visto che nel Molise si sta cercando di rispondere al dramma della disoccupazione mettendo insieme le forze in modo costruttivo. Tanti posti di lavoro potrebbero essere recuperati attraverso una strategia concordata con le autorità nazionali, un “patto per il lavoro”  che sappia cogliere le opportunità offerte dalle normative nazionali ed europee. Vi incoraggio ad andare avanti su questa strada, che può portare buoni frutti qui come in altre regioni.
Vorrei tornare su una parola che tu (si rivolge al lavoratore)  ha detto: dignità. Non avere lavoro non è soltanto non avere il necessario per vivere, n. Noi possiamo mangiare tutti i giorni: andando alla Caritas, andando a questa associazione, andando al club, andando là e ci danno da mangiare. Ma questo non è il problema. Il problema è non portare il pane a casa: questo è grave, e questo toglie dignità! Questo toglie la dignità. E il problema più grave non è la fame –anche se il problema c’è. Il problema più grave è la dignità. Per questo dobbiamo lavorare e difendere la nostra dignità, che dà il lavoro.
Infine, vorrei dirvi che mi ha colpito il fatto che mi abbiate donato un dipinto che rappresenta proprio una “maternità”. Maternità comporta travaglio, ma il travaglio del parto è orientato alla vita, è pieno di speranza. Allora non solo vi ringrazio per questo dono, ma vi ringrazio ancora di più per la testimonianza che esso contiene: quella di un travaglio pieno di speranza. Grazie! E vorrei aggiungere un fatto storico, che mi è successo. Quando io ero Provinciale dei Gesuiti, c’era bisogno di inviare in Antardide, a vivere i dieci mesi l’anno, un cappellano. Ho pensato, ed è andato uno, padre Bonaventura De Filippis. Ma sapete, era nato a Campobasso, era di qui! Grazie! ( Papa Francesco, Incontro con il Mondo del lavoro e dell’Industria,  5 luglio 2014).

Nella Domenica XIV con l’ascolto del Vangelo secondo Matteo “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” cioè a chi ha maturato un’infanzia spirituale di semplicità e umiltà. Papa Francesco all’Università degli Studi del Molise (Campobasso) ha fatto risuonare la Parola di Dio attingendo da uno studente, da una mamma, da un lavoratore.  Nessuna separazione tra annuncio e dottrina che è in opposizione profonda con l’essenza della parola biblica. Nel paganesimo c’è separazione tra mito e filosofia con un pensiero religioso classista. Contro questa separazione la critica della fede operata dal cristianesimo è scesa in campo e scende in campo contro un pensiero religioso di fede classista. Il Vangelo ha effettuato l’emancipazione dei semplici, ha rivendicato e rivendica anche per loro la facoltà di essere, nel vero senso della parola, “filosofi”; vale a dire, di comprendere ciò che è proprio e peculiare dell’uomo altrettanto bene quanto lo comprendono i dotti; anzi, come il Vangelo di Domenica ci richiama e come Papa Francesco con la teologia del Popolo  ci testimonia, anzi, meglio dei dotti. Le parole di Gesù sulla stoltezza dei sapienti e sulla sapienza dei piccoli (Mt 11,25 e paralleli) hanno proprio questo scopo: fondare il cristianesimo come fede popolare, come una religione in cui non vive un sistema a due classi.
E in effetti l’annuncio della predicazione insegna in maniera vincolante, questa è la sua natura. La predicazione intende dire ad ogni uomo chi egli è, e che cosa deve fare per essere se stesso e per giungere alla meta. Essa intende manifestargli qual è la verità di se stesso, del proprio e latrui essere dono, perdono, del Donatore divino e ciò per cui egli può vivere anche oggi, e morire con la speranza della vita veramente vita. Non si muore per un mito, per una ideologia che può essere sostituito con un altro mito, un’altra ideologia, E neppure per una ipotesi, perché la vita, non è un’ipotesi, è una realtà, un essere dono del Donatore divino, un essere dono irripetibile, a cui è legato un destino eterno per l’anima e per il corpo, per la storia e tutto il cosmo. Ma come potrebbe la Chiesa insegnare in maniera vincolante, se poi questo insegnamento non è vincolante per i teologi? L’essenza del magistero consiste proprio nel fatto che l’annuncio della fede è criterio valido anche per la teologia. Proprio questo annuncio anche di Papa Francesco è l’oggetto della riflessione teologica, biblica a servizio dell’autorità che guida: le articolazioni della vita comune della Chiesa è legata al magistero ordinario e straordinario del Papa e dei Vescovi  in comunione con lui. In questo senso la fede dei semplici non è una teologia calata sulla massa dei laici, ma il rapporto è esattamente l’opposto: l’annuncio in continuità o Tradizione è il criterio della teologia e non la teologia il criterio dell’annuncio. Questa preminenza della fede dei semplici, così richiamata nella Evangelii gaudium, corrisponde peraltro ad un fondamentale ordinamento antropologico: le grandi realtà concernenti la natura umana vengono colte in una percezione semplice, essenziale, che è fondamentalmente consentita a tutti e che non può essere mai del tutto superata nella riflessione scientifica. Per dirla in modo scherzoso, come ha affermato Benedetto XVI in Natura e Compito della Teologia (p. 58): il creatore ha agito in modo democratico. Non a tutti gli uomini è permesso dedicarsi alla scienza teologica; a tutti, però, è aperta la via alle grandi intuizioni di fondo. In questo senso il magistero dei 266° papi e dei vescovi uniti a loro ha un carattere democratico. Esso difende in continuità o Tradizione la fede comune, perenne della Chiesa, in cui non vi è differenza di classe tra dotti e semplici, L’affermazione che la Chiesa con il suo ministero pastorale è abilitata all’annuncio e non all’insegnamento della teologia scientifica è certamente corretta. Ma il ministero dell’annuncio,  oggi anche con il Catechismo della Chiesa Cattolica e il suo Compendio si impone anche per la teologia. E in un momento in cui Dio ci spinge ad essere creativi sul futuro, il magistero di Papa Francesco e dei Vescovi in comunione con lui è garanzia del declinarsi della comunità che vive ora in modo dinamico, creativo, ricca della memoria di tutta la sua vicenda storica.

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