Papa Francesco risponde alle domande, in totale libertà, dei giornalisti


Un’intervista del Papa a braccio non è in alcun modo un atto magisterialeMagisteriali sono gli interventi ai Vescovi, ai giovani fatti esplicitamente come successore di Pietro e che abbiamo pubblicato. Perciò ognuno è libero di dissentire quando si tratta di opinabile. Tuttavia è veramente un dono questa intervista se letta con quell’anticipo di simpatia verso il Papa senza il quale non c’è alcuna comprensione. 
Juan de Lara: Santità, in questi quattro mesi di pontificato abbiamo visto che ha creato diverse Commissioni per riformare la Curia. Vorrei domandarle: Che tipo di riforma ha in mente, contemplala possibilità di sopprimere lo IOR, la cosi detta Banca del Vaticano?
I passi che ho fatto in questi quattro mesi e mezzo vengono da due versanti:
- il contenuto di quello che si doveva fare, tutto, viene dal versante delle Congregazioni Generali dei cardinali. Erano cose che noi cardinali abbiamo chiesto a colui che sarebbe diventato Papa. Io mi ricordo che chiesi molte cose, pensando che sarebbe stato un altro…Chiedevamo di fare
questo, per esempio la Commissione di otto cardinali, sappiamo che è importante avere una Consulta outsider,  non le Consulte, non le Consulte che già vi sono, ma outsider. Questo va ogni volta nella linea – qui faccio come un’astrazione, pensando, però lo faccio per spiegarlo – nella maturazione della relazione tra sinodalità e primato. Ossia, questi otto cardinali favoriscono la sinodalità, aiutano i diversi episcopati del mondo ad esprimersi nello stesso governo della Chiesa. Ci sono molte proposte che sono state fatte e che tuttavia non sono state ancora messe in pratica, come la riforma della Segreteria del Sinodo, nella metodologia; come la Commissione post-sinodale, che abbia carattere permanente di consulta; come i concistori cardinalizi, con tematiche non tanto formali – come per esempio la canonizzazioni, ma anche altre tematiche, eccetera. Bene, il versante dei contenuti viene da lì!
Il secondo versante è l’opportunità. Vi confesso  che a me non è costato, il primo mese di Pontificato, organizzare la Commissione degli otto cardinali, che è un primo punto. La parte economica pensavo di trattarla il prossimo anno, perché non è la cosa più importante che bisognava trattare. Ma l’agenda è cambiata a causa delle circostanze che voi conoscete e che sono di dominio pubblico; sono apparsi problemi che dovevano essere affrontati. Il primo: il problema dello IOR, ossia come incamminarlo, come delinearlo, come riformularlo, come sanare quello che c’è da sanare, e qui c’è la prima  Commissione di riferimento, questo è il nome. Voi conoscete il chirografo, quello che si chiede, quelli che la integrano, tutto. Poi abbiamo avuto la riunione della Commissione dei 15 cardinali che si occupano degli aspetti economici della Santa Sede. Provengono da tutte le parti del mondo. E lì, preparando questa riunione, si vide la necessità di fare una unica Commissione di riferimento per tutta l’economia della Santa Sede. Ossia fu affrontato il problema economico fuori agenda, però queste cose succedono quando nell’ufficio di governo uno va da una parte, ma gli tirano una pallonata dall’altra parte, e la devi parare. Non è così? Quindi la vita è così, ma anche questo è il bello della vita. Ripeto  la domanda che mi ha fatto sullo IOR, scusate, sto parlando in castigliano. Scusate, la risposta mi veniva in castigliano.
Con riferimento a quella domanda che faceva dello IOR, io non so come finirà lo IOR; alcuni dicono che, forse, è meglio che sia una banca, altri che sia un fondo di aiuto, altri dicono di chiuderlo. Mah! Si sentono queste voci. Io non so. Io mi fido del lavoro delle persone dello IOR, che stanno lavorando su questo, anche della Commissione. Il Presidente dello IOR rimane, lo stesso che era prima; invece il Direttore e il Vicedirettore hanno dato le dimissioni. Ma questo, io non saprei dirle come finirà questa storia, e questo è bello anche, perché si trova, si cerca; siamo umani, in questo; dobbiamo trovare il meglio. Ma questo sì; ma le caratteristiche dello IOR – sia banca, sia fondo di aiuto, sia qualsiasi cosa sia – trasparenza e onestà. Questo deve essere così.
Andrea Tornielli: Santo Padre, avrei una domanda un po’ forse  indiscreta: ha fatto il giro del mondo la fotografia, quando siamo partiti, di Lei che sale la scaletta dell’aereo portando una borsa nera, e ci sono stati articoli in tutto il mondo che hanno commentato questa novità: sì, del Papa che sale…non accadeva, diciamo, che il Papa salisse con il suo bagaglio a mano. Allora, ci sono state anche ipotesi su che cosa contenesse la borsa nera. Allora, le mie domande sono: uno, perché ha portato Lei la sua borsa nera e non l’ha portata un collaboratore, e due, se può dire che cosa c’era dentro…Grazie
Non c’era la chiave della bomba atomica! Mah! La portavo perché sempre ho fatto così: io, quando viaggio, la porto. E dentro cosa c’è? C’è il rasoio, c’è il breviario, c’è l’agenda, c’è un libro da leggere – ne ho portato uno su Santa Teresina di cui io sono devoto. Io sono sempre andato con la borsa quando viaggio: è normale. Ma dobbiamo essere normali…Non so...è un po’ strano per me quello che tu dici, che ha fatto il giro del mondo quella foto. Ma dobbiamo abituarci ad essere normali. La normalità della vita. Non so, Andrea, se ti ho risposto…
Aura Miguel: Santità, volevo chiedere perché Lei chiede così insistentemente che si preghi per Lei? Non è normale, abituale, ascoltare un Papa chiedere così tanto di pregare per Lui…
Io sempre ho chiesto questo. Quando ero prete lo chiedevo, ma non tanto frequentemente; ho cominciato a chiederlo con una certa frequenza nel lavoro di vescovo, perché io sento che se il Signore non aiuta in questo lavoro di aiutare il Popolo di Dio ad andare avanti, uno non può…Io davvero mi sento con tanti limiti, con tanti problemi, anche peccatore – voi lo sapete – e devo chiedere questo. Ma. Mi viene da dentro! Anche alla Madonna chiedo che preghi per me il Signore. E’ una abitudine, ma è un’abitudine che mi viene dal cuore e anche dalla necessità che ho per il mio lavoro. Io sento che devo chiedere…non so. È così…
Philip Pullela: Lei, nella ricerca di fare questi cambiamenti, mi ricordo che Lei ha detto al gruppo di America Latina che ci sono tanti santi che lavorano in Vaticano, ma anche persone che sono un po’ meno sante, no? Lei ha trovato resistenza a questo suo desiderio di cambiare le cose in Vaticano? Ha trovato resistenza? La seconda domanda è: Lei vive in un modo molto austero, è rimasto a Santa Marta, eccetera….Lei vuole che i Suoi collaboratori, anche i cardinali, seguano questo esempio e forse vivano in comunità, o è una cosa solo per Lei?
I cambiamenti…i cambiamenti vengono anche da due versanti: quello che noi cardinali abbiamo chiesto, e quello che viene dalla mia personalità. Lei parlava del fatto che sono rimasto a Santa Marta: ma io non potrei vivere da solo nel Palazzo, e non è lussuoso. L’appartamento pontificio non è tanto lussuoso! E’ largo, è grande, ma non è lussuoso. Ma io non posso vivere da solo o con un piccolo gruppetto! Ho bisogno di gente, di trovare gente, di parlare con la gente…E per questo quando i ragazzi delle scuolegesuite mi hanno fatto la domanda: “Perché LeiPer austerità, per povertà?”. No, no: per motivi psichiatrici, semplicemente, perché psicologicamente non posso. Ognuno deve portare avanti la sua vita, con il suo modo di vivere, di essere. I cardinali che lavorano in Curia non vivono da ricchi e da fastosi: vivono in un appartamento, sono austeri, loro, sono austeri. Quelli che conosco, questi appartamenti che l’APSA dà ai cardinali. Poi, mi sembra che ci sia un’altra cosa che volevo dire. Ognuno deve vivere come il Signore gli chiede di vivere. Ma l’austerità – un’austerità generale – credo che sia necessaria per tutti noi che lavoriamo a servizio della Chiesa. Ci sono tante sfumature sulle austerità…ognuno deve cercare il suo cammino. Rispetto ai santi, questo è vero, ce ne sono, santi: cardinali, preti, vescovi, suore, laici; gente che prega, gente che lavora tanto, e anche che va dai poveri, di nascosto. Io so di alcuni che si preoccupano di dare da mangiare ai poveri o poi, nel tempo libero, vanno a fare ministero in una chiesa o in un’altra… Sono preti. Ci sono santi in Curia. E anche c’è qualcuno che non è tanto santo, e questi sono quelli che fanno più rumore. Voi sapete che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. E questo a me fa dolore quando ci sono queste cose. Ma ci sono alcuni che danno scandalo, alcuni. Noi abbiamo questo monsignore in galera, credo che ancora prosegue in galera; non è andato in galera perché assomigliava alla beata Imelda precisamente, non era un Beato. Sono scandali, questi, che fanno male. Una cosa – questo non l’ho mai detto, ma ne sono accorto – credo che la Curia sia un poco calata dal livello che aveva un tempo, di quei vecchi curiali…il profilo del vecchio curiale, fedele, che faceva il suo lavoro. Abbiamo bisogno di queste persone. Credo…ci sono, ma non sono tanti come un tempo. Il profilo di vecchio curiale: io direi così. Dobbiamo averne di più, di questi. Se trovo resistenza? Mah! Se c’è resistenza, ancora io non l’ho vista. E’ vero che non ho fatto tante cose, ma si può parlare che sì, io ho trovato aiuto, e anche ho trovato gente leale. Per esempio, a me piace quando una persona mi dice: “Io non sono d’accordo”, e questo l’ho trovato. “Ma questo non lo vedo, non sono d’accordo: io lo dico, Lei faccia”. Questo è il vero collaboratore. E questo l’ho trovato in Curia. E questo è buono. Ma quando ci sono quelli che dicono: “Ah, che bello, che bello, che bello”, e poi dicono il contrario dall’altra parte…Ancora non me ne sono accorto. Forse sì, ci sono alcuni, ma non me ne sono accorto. La resistenza: in quattro mesi non si può trovare tanto…
Patricia Zorzan: La società è cambiata, i giovani sono cambiati e si vedono in Brasile tanti giovani. Lei non ha parlato sull’aborto, sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. In Brasile è stata approvata una legge che amplia il diritto all’aborto e ha permesso il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Perché non ha parlato su questo?
La Chiesa si è già espressa perfettamente su questo. Non era necessario tornarci, come non ho parlato neppure della frode, della menzogna o di altre sulle quali la Chiesa ha una dottrina chiara.
Patricia Zorzan: Ma è un argomento che interessa i giovani…
Sì, ma non era necessario parlare di questo, bensì delle cose positive che aprono il cammino ai ragazzi. Non è vero? Inoltre, i giovani, sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa.
Patricia Zorzan: Qual è la posizione di Vostra Santità, ce ne può parlare?
Quella della Chiesa. Sono figlio della Chiesa. 
Antoine-Marie IzoardA nome dei colleghi di lingua francese del volo – siamo 9 su questo volo. Per un Papa che non vuole fare interviste, veramente Le siamo grati. Lei dal 13 marzo già si presenta come il vescovo di Roma, con una grandissima, fortissima insistenza. Quindi, vorremmo capire qual è il senso profondo di questa insistenza, se per caso più che di collegialità si parla forse di ecumenismo, per caso, di essere primusinter pares della Chiesa?
Sì, in questo non si deve andare più avanti di quello che si dice. Il Papa è vescovo, Vescovo di Roma, e perché è Vescovo di Roma è successore di Pietro, Vicario di Cristo. Sono altri titoli, ma il primo titolo è “Vescovo di Roma”, e da lì viene tutto. Parlare che questo voglia dire essere primus inter pares, no, questo non è conseguenza di questo. Semplicemente, è il titolo primo del Papa: Vescovo di Roma. Ma ci sono anche altri…Credo che lei abbia detto qualcosa di ecumenismo: credo che questo favorisca un po’ l’ecumenismo. Ma soltanto questo…
Dario Menor Torres: Una domanda sui suoi sentimenti. Una settimana fa lei ha commentato di come un bambino le chiese come si sentiva, se qualcuno si poteva immaginare di essere Papa e se poteva desiderarlo di esserlo. Lei disse che bisognava essere pazzi per questo. Dopo la sua esperienza tra la moltitudine di gente, come sono stati questi giorni in Rio,può raccontare come si sente ad essere Papa, se è molto duro, se è felice di esserlo, e se ancora, in qualche modo, ha accresciuto la sua fede o. al contrario, ha avuto qualche dubbio.
Fare il lavoro di vescovo è una cosa bella, è bella. Il problema è quando uno cerca quel lavoro; questo non è tanto bello, questo non è del Signore. Ma quando il Signore chiama un prete a diventare vescovo, questo è bello. C’è sempre il pericolo di pensarsi un po’ superiori agli altri, non come gli altri, un po’principe. Sono pericoli e peccati. Ma il lavoro di vescovo è bello: è aiutare i fratelli ad andare avanti. Il vescovo davanti ai fedeli, per segnare la strada; il vescovo in mezzo ai fedeli, per aiutare la comunione; e il vescovo dietro ai fedeli, perché tante volte hanno il fiuto della strada. Il vescovo deve essere così. La domanda diceva se a me piaceva? A me piace fare il vescovo, mi piace. A Buenos Aires ero tanto felice, tanto felice! Sono stato felice, è vero. Il Signore mi ha assistito in quello. Ma come prete sono stato felice, e come vescovo sono stato felice. In questo senso dico: mi piace.
E fare il Papa?
Anche, anche! Quando il Signore ti mette lì, se tu fai quello che il Signore vuole, sei felice. Questo è il mio sentimento, quello che sento.
Salvatore Mazza: L’abbiamo vista pieno di energie anche a sera tardi; la stiamo vedendo adesso con l’aereo che balla, che sta tranquillamente in piedi, senza un attimo di esitazione. Volevamo chiederle: si parla molto di prossimi viaggi. Si parla dell’Asia, di Gerusalemme, dell’Argentina. Lei ha già un calendario più o meno definito per il prossimo anno, oppure è ancora tutto da vedere?
Definito-definito non c’è niente. Ma posso dirle qualcosa a cui si sta pensando. E’ definito – scusi – il 22 settembre a Cagliari. Poi, il 4ottobre ad Assisi. In mente, dentro l’Italia, io vorrei andare a trovare i miei, una giornata: andare con l’aereo la mattina e tornare con l’altro, perché loro, poverini, mi chiamano e abbiamo un buon rapporto. Ma soltanto un giorno. Fuori Italia: il patriarca Bartolomeo I vuole fare un incontro per commemorare i 50 anni di Athenagora e Paolo VI a Gerusalemme. Anche il Governo israeliano ha fatto un invito speciale per andare a Gerusalemme. Credo che il Governo dell’Autorità palestinese lo stesso. Questo si sta pensando: non si sa bene se si vada o non si vada…Poi, in America Latina credo che non ci sia possibilità di tornare, perché il Papa latinoamericano, il primo viaggio in America Latina…arrivederci! Dobbiamo aspettare un po’! Credo si possa andare in Asia, ma questo è tutto nell’aria. Ho avuto un invito per andare in Sri Lanka e anche nelle Filippine. Ma in Asia si deve andare. Perché Papa Benedetto non ha avuto tempo di andare in Asia, ed è importante. Lui è andato in Australia e poi in Europa e in America, ma l’Asia…Andare in Argentina: in questo momento io credo che si possa aspettare un po’, perché tutti questi viaggi hanno una certa priorità. Io volevo andare a Costantinopoli, il 30 settembre, per fare visita a Bartolomeo I, ma non è possibile, non è possibile per l’agenda mia. Se ci troviamo, lo faremo a Gerusalemme.
Fatima?
Fatima, anche c’è un invito a Fatima, è vero, è vero. C’è un invito ad andare a Fatima.
30 settembre o 30 novembre?
Novembre, novembre: Sant’Andrea.
Hada Messia: quando ha incontrato i giovani argentini Lei, un po’ scherzando, forse un po’ seriamente, ha detto che Lei pure, qualche volta, si sente ingabbiato; volevamo sapere a cosa si riferisse, esattamente.
Lei sa quante volte ho avuto voglia di andare per le strade di Roma, perché a me piaceva, a Buenos Aires, andare per la strada, mi piaceva tanto! In questo senso, mi sento un po'  ingabbiato. Ma, questo devo dirlo perché sono tanto buoni questi della Gendarmeria vaticana, sono buoni, buoni, buoni e sono riconoscente. Adesso mi lasciano fare qualcosa in più. Io credo… il loro dovere è custodire la sicurezza. Ingabbiato, in quel senso. A me piacerebbe andare per la strada, ma capisco che non è possibile: lo capisco. In quel senso l’ho detto. Perché la mia abitudine era – come diciamo noi a Buenos Aires – io ero un prete callejero
Marcio Campos: In Brasile, la Chiesa cattolica ha perso fedeli in questi ultimi anni. Il Movimento del Rinnovamento Carismatico è una possibilità per evitare che i fedeli frequentino la Chiesa pentecostale o altre Chiese pentecostali?
E’ molto vero quello che lei dice del calo dei fedeli: è vero, è vero. Ci sono statistiche. Abbiamo parlato con i vescovi brasiliani del problema, in una riunione che abbiamo avuto ieri. Lei domandava sul Movimento di Rinnovamento Carismatico. Io vi dico una cosa. Negli anni, alla fine degli anni  Settanta, inizio anni Ottanta, io non li potevo vedere. Una volta, parlando loro, avevo detto questa frase: “Questi confondono una celebrazione liturgica con una scuola di samba!”. Questo l’ho detto io. Poi, ho conosciuto meglio. E’ anche vero che il movimento, con buoni assessori, è andato su una bella strada. E adesso credo che questo movimento faccia tanto bene alla Chiesa, in generale. A Buenos Aires, io li riunivo spesso e una volta all’anno facevo una Messa con tutti loro in cattedrale. Li ho favoriti sempre, quando mi sonoconvertito, quando io ho visto il bene che facevano. Perché in questo momento della Chiesa – e qui allargo un po’ la risposta – credo che i movimenti siano necessari. I movimenti sono una grazia dello Spirito. “Ma come si può reggere un movimento che è tanto libero?”. Anche la Chiesa è libera! Lo Spirito Santo fa quello che vuole. Poi, Lui fa il lavoro dell’armonia, ma credo che i movimenti siano una grazia, quei movimenti che hanno lo spirito della Chiesa. Per questo che il Movimento del Rinnovamento carismatico non solo serva ad evitare che alcuni passino alle confessioni pentecostali. Ma no! Serve alla Chiesa stessa! Ci rinnova. E ciascuno cerca il proprio movimento secondo il proprio carisma, dove lo porta lo Spirito.
Jean – Marie Guénois: Lei ha detto che la Chiesa senza la donna perde fecondità. Quali misure concrete prenderà? Per esempio, il diaconato femminile o una donna a capo di un dicastero? E una piccolissima domanda tecnica: Le3i ha detto di essere stanco. Ha un allestimento speciale per il ritorno?
Cominciamo dall’ultimo. Quest’aereo non ha allestimenti speciali. Io sono davanti, una bella poltrona,comune, ma comune, quella che hanno tutti. Io ho fatto scrivere una lettera e una chiamata telefonica per dire che io non volevo allestimenti speciali sull’aereo: è chiaro? Secondo, la donna. Una Chiesa senza le donne è come il Collegio Apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto maternità, la mamma di famiglia, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa! Ma pensate che la Madonna è più importante degli Apostoli! E’ più importante!La Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa, è madre. Ma la donna, nella Chiesa, non solo deve…non so come si dice in italiano…il ruolo della donna nella Chiesa non solo deve finire come mamma. Come lavoratrice, limitata…No! E’ un’altra cosa! Ma i Papi…Paolo VI ha scritto una cosa bellissima sulle donne, ma credo che si debba andare più avanti nell’esplicitazione di ruolo e carisma della donna. Non si può capire una Chiesa senza donne, ma donne attive nella Chiesa, con il loro profilo, che portano avanti. Io penso un esempio che non ha niente a che vedere con la Chiesa, ma è un esempio storico: in America Latina, il Paraguay. Per me, la donna del Paraguay è la donna più gloriosa dell’America Latina. Tu sei Paraguay? Sono rimaste, dopo la guerra, otto donne per ogni uomo, e queste donne hanno fatto una scelta un po’ difficile: la scelta di avere figli per salvare: la Patria, la cultura, la fede e la lingua. Nella Chiesa, si deve pensare alla donna questa prospettiva: di scelte rischiose, ma come donne. Questo si deve esplicitare meglio. Credo che noi non abbiamo fatto ancora una profonda teologia della donna, nella Chiesa. Soltanto può fare questo, può fare quello, adesso fa la chierichetta, adesso legge la Lettura, è la presidentessa della Caritas…Ma c’è di più!Bisogna fare una profonda teologia della donna. Questo è quello che penso io.
Pablo Ordaz: Vorremmo sapere quale sia la sua relazione di lavoro, non solo di amicizia, e di collaborazione con Benedetto XVI. Non c’è stata prima una circostanza simile; e se ha contatti frequenti e la sta aiutando in questo lavoro.
Credo che l’ultima volta che ci sono stati due Papi, o tre Papi, non abbiano parlato tra loro, stavano lottando per vedere chi fosse quello autentico. Sono arrivati ad essere tre durante lo Scisma d’Occidente.
C’è qualcosa che qualifica il mio rapporto con Benedetto: io gli voglio tanto bene. Sempre gli ho voluto bene. Per me è un uomo di Dio, un uomo umile, un uomo che prega. Io sono stato tanto felice quando lui è stato eletto Papa. Anche quando lui ha dato le dimissioni, è stato per me un esmepio di grandezza! Un grande. Soltanto un grande fa questo! Un uomo di Dio e un uomo di preghiera. Lui adesso abita in Vaticano, e alcuni mi dicono: ma come si può fare questo? Due papi in vaticano! Ma non ti ingombra lui? Ma lui non ti fa la rivoluzione contro? Tutte queste cose che dicono, no? Io ho trovato una frase per dire questo: “E’ come avere il nonno a casa”, ma il nonno saggio. Quando in una famiglia il nonno è a casa, è venerato, è amato, è ascoltato. Lui è un uomo di una prudenza! Non si immischia. Io gli ho detto tante volte: “Santità, lei riceva, faccia la sua vita, venga con noi”. E’ venuto per l’inaugurazione e la benedizione della statua di San Michele. Ecco, quella frase dice tutto. Per me è come avere il nonno a casa: il mio papà. Se io avessi una difficoltà o un cosa che non ho capito, telefonerei”: “Ma, mi dica, posso farlo, quello?”. E quando sono andato per parlare di quel problema grosso, di Vatileaks, lui mi ha detto tutto con una semplicità…al servizio. E’ una cosa che non so se voi la sapete, credo di sì, ma non sono sicuro: quando ci ha parlato, nel discorso di congedo, il 28 febbraio, ci ha detto: “Fra voi c’è il prossimo Papa: io gli prometto obbedienza”. Ma è un grande; questo è un grande!
Anna Ferreira: Vorrei sapere, perché ieri Lei ha detto ai vescovi brasiliani della partecipazione delle donne nella nostra Chiesa. Vorrei capire meglio: come deve essere questa partecipazione di noi donne nella Chiesa? Se Lei, cosa ne pensa anche dell’ordinazione delle donne? Come deve essere la nostra posizione nella Chiesa?
Io vorrei spiegare un po’ quello che ho detto sulla partecipazione delle donne nella Chiesa: non si può limitare al fatto che faccia la chierichetta e la presidentessa della Caritas, la catechista…No! Deve essere di più, ma profondamente di più, anche misticamente di più, con questo che io ho detto della teologia della donna. E, con riferimento all’ordinazione delle donne, la Chiesa  ha parlato e dice: “No”. L’ha detto Giovanni Paolo II, ma con una formulazione definitiva. Quella è chiusa, quella porta, ma su questo voglio dirti una cosa. L’ho detto, ma lo ripeto. La Madonna, Maria, era più importante degli Apostoli, dei vescovi e dei diaconi e dei preti. La donna, nella Chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti; come? èquello che dobbiamo cercare di esplicitare meglio, perché credo che manchi una esplicitazione teologica di questo.
Gian Guido Vecchi: Padre Santo, Lei anche in questo viaggio ha parlato più volte di misericordia. A proposito dell’accesso ai Sacramenti dei divorziati risposati, c’è la possibilità che cambi qualcosa nella disciplina della Chiesa? Che questi Sacramenti siano un’occasione per avvicinare queste persone, anziché una barriera che li divide dagli altri?
Questo è un tema che si chiede sempre. La misericordia è più grande di quel caso che lei pone. Io credo che questo sia il tempo della misericordia. Questo cambio di epoca, anche tanti problemi della Chiesa – come una  testimonianza non buona di alcuni preti, ma anche problemi di corruzione nella Chiesa, anche il problema del clericalismo, per fare un esempio – hanno lasciato tanti feriti,tanti feriti. E la Chiesa è Madre: deve andare a curare i feriti, con misericordia. Ma se il Signore non si stanca di perdonare, noi non abbiamo altra scelta che questa: prima di tutto, curare i feriti. E’ mamma. La Chiesa, e deve andare su questa strada della misericordia.  E trovare una misericordia per tutti. Ma io penso, quando il figliol prodigo è tornato a casa, il papà non gli ha detto: “Ma tu, senti, accomodati: che cosa hai fatto con i soldi?” No! Ha fatto festa! Poi, forse, quando il figlio ha voluto parlare, ha parlato. La Chiesa deve fare così. Quando c’è qualcuno…non solo aspettarli: andare a trovarli! Questa è misericordia. E io credo che questo sia un kairòsquesto tempo è un kairòs di misericordia. Ma questa prima intuizione l’ha avuta Giovanni Paolo II, quando ha cominciato con Faustina Kowalska, la Divina Misericordia…lui aveva qualcosa, aveva intuito che era una necessità di questo tempo. Con riferimento al problema della Comunione alle persone di seconda unione, perché i divorziati possono fare la Comunione, non c’è problema, ma quando sono in seconda unione, non possono. Ma anche –una parentesi – gli Ortodossi hanno una prassi differente. Loro seguono la teologia dell’economia, come la chiamano, e danno una seconda possibilità, lo permettono. Ma credo che questo problema – chiudo la parentesi – si debba studiare nella cornice della pastorale matrimoniale. E per questo, due cose: uno dei temi da consultare con questi otto del Consiglio dei Cardinali, con i quali ci riuniremo l’1,il 2, il 3 ottobre, è come andare avanti nella pastorale matrimoniale, e questo problema uscirà lì. E, seconda cosa: è stato con me, quindici giorni fa, il segretario del Sinodo dei Vescovi, per il tema del prossimo Sinodo. Era un tema antropologico: la fede come aiuta la pianificazione della persona, ma nella famiglia, e andare quindi sulla pastorale matrimoniale. Siamo in cammino per una pastorale matrimoniale un po’ profonda. E questo è un problema di tutti, perché ci sono tanti, no? Per esempio, ne dico uno soltanto: il cardinale Quarracinoil mio predecessore, diceva che per lui la metà dei matrimoni sono nulli. Ma diceva così, perché? Perché si sposano senza maturità, si sposano senza accorgersi che è per tutta la vita, o si sposano perché socialmente si devono sposare. E in questo entra anche la pastorale matrimoniale. E anche il problema giudiziale della nullità dei matrimoni, quello si deve rivedere, perché i Tribunali ecclesiastici non bastano. E’ complesso, il problema della pastorale matrimoniale.
Carolina Pigozzi: Vorrei sapere se Lei, da quando è Papa, si sente ancora gesuita…
E’ una domanda teologica, perché i gesuiti fanno voto di obbedire al Papa. Ma se il Papa è gesuita, forse deve far voto di obbedire al Generale dei gesuiti…Non so come si risolve questo…Io mi sento gesuita nella mia spiritualità; nella spiritualità degli Esercizi, la spiritualità, quella che io ho nel cuore. Ma tanto mi sento così che fa tre giorni andrò a festeggiare la festa di Sant’Ignazio: dirò la Messa al mattino. Non ho cambiato spiritualità, no. Francesco, francescano: no. Mi sento gesuita e la penso come gesuita. Non ipocritamente, ma la penso come gesuita.
Nicole Winfield: Santità, grazie di nuovo per essere venuto “tra i leoni”.Santità, al quarto mese del suo pontificato, volevo chiederle di fare un piccolo bilancio. Ci può dire quale è stata la cosa migliore di essere Papa, un aneddoto, e quale la cosa peggiore, e quale è la cosa che l’ha sorpresa di più in questo periodo?
Ma non so come rispondere a questo, davvero. Cose grosse, cose grosse non sono state. Cose belle sì; per esempio, l’incontro con i Vescovi italiani è stato tanto bello, tanto bello. Come Vescovo della capitale d’Italia, mi sono sentito con loro a casa. E quello è stato bello, ma non so se sia stato il migliore. Anche una cosa dolorosa, ma che è entrata abbastanza nel mio cuore, la visita a Lampedusa. Ma quello è di piangere, mi ha fatto bene quello. Ma quando arrivano queste barche lì lasciano alcune migliaia prima della costa e loro devono, con la barca, arrivare da soli. E questo mi fa dolore perché penso che queste persone sono vittime di un sistema socio-economico mondiale. La ma cosa peggiore – mi scusi – che mi è venuta una sciatica – davvero! – che ho avuto il primo mese perché per fare interviste mi accomodavo in una poltrona e questo mi ha fatto un po’ male. E’ una sciatica dolorosissima, dolorosissima! Ma queste cose: parlare con la gente; l’incontro con i seminaristi e le religiose è stato bellissimo. Anche con gli alunni dei collegi gesuiti è stato bellissimo, cose buone.
Qual è la cosa che l’ha più sorpresa?
Le persone, le persone, le persone buone che ho trovato. Ho trovato tante persone buone in Vaticano. Ho pensato cosa dire, ma quello è vero. Io faccio giustizia, dicendo questo: tante persone buone. Tante persone buone, tante persone buone, tante persone buone.
Elisabetta Piqué: Si è spaventato quando ha visto la relazione su Vatileaks?
 No! Ti racconto un aneddoto sul rapporto “Vatileaks. Quando andai a trovare Papa Benedetto, dopo aver pregato nella cappella, siamo stati nel suo studio e ho visto una grande scatola e una grossa busta. Scusi… Benedetto mi ha detto, mi diceva: “In questa scatola grande ci sono tutte le dichiarazioni, le cose che hanno detto i testimoni, tutti lì. Ma il riassunto e il giudizio finale è in questa busta. E qui si dice ta-ta-ta…” Aveva tutto in testa! Ma che intelligenza! Tutto a memoria, tutto! Ma no, non mi sono spaventato, no.  No, no. Ma è un problema grosso, eh? Ma non mi sono spaventato.
Sergio Rubìn: Santità, due cose. Questa è la prima: lei ha insistito molto sul fermare la perdita di fedeli. In Brasile è stata molto forte. Spera che questo viaggio contribuisca a che la gente ritorni alla Chiesa, si senta più vicina. E la seconda, più familiare:  a lei piaceva molto l’Argentina e aveva molto nel cuore Buenos Aires. Gli argentini si chiedono se a lei non manchi tanto questa Buenos Aires, lei la percorreva in autobus, in pulman, camminava per le strade.
Io credo che un viaggio papale fa sempre bene. E credo che al Brasile questo farà bene, ma non soltanto la presenza del Papa, ma quello che in questa Giornata della Gioventù si è fatto, loro si sono mobilizzati e loro  faranno tanto bene, forse aiuteranno tanto la Chiesa. Ma questi fedeli che se ne sono andati, tanti non sono felici perché si sentono di appartenere alla Chiesa. Credo che questo sarà positivo, non solo per il viaggio, ma soprattutto per la Giornata: la Giornata è stato un vento meraviglioso. E di Buenos Aires, sì, alle volte mi manca. E quello si sente. Ma è una mancanza serena, è una mancanza serena, è una mancanza serena. Ma io credo che lei,Sergio, conosca meglio me di tutti gli altri, Lei può rispondere a questa domanda. Con il libro che ha scritto!
Alexey Bukalov: Santo Padre, tornando all’ecumenismo: oggi gli ortodossi festeggiano i 1025 anni del cristianesimo, ci sono grandissimi festeggiamenti in molte capitali. Se vuole fare un commento su questo fatto, sarò felice a questo proposito.
Nelle Chiese ortodosse, hanno conservato quella pristina liturgia, tanto bella. Noi abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione. Loro lo conservano, loro lodano Dio, cantano, il tempo non conta. Il centro è Dio, e questa è una ricchezza che vorrei dire in questa occasione in cui Lei mi fa questa domanda. Una volta, parlando della Chiesa occidentale, dell’Europa occidentale, soprattutto la Chiesa più  cresciuta, mi hanno detto questa frase: “Lux ex oriente, ex occidente luxus”. Il consumismo, il benessere, ci hanno fatto tanto male. Invece voi conservate questa bellezza di Dio al centro, la referenza. Quando si legge Dostoevskij – io credo che per tutti noi deve essere un autore da leggere e rileggere, perché ha una saggezza – si percepisce qual è l’anima russa, l’anima orientale. E’ una cosa che ci farà tanto bene. Abbiamo bisogno di questo rinnovamento, di questa aria fresca dell’Oriente, di questa luce dell’Oriente. Giovanni Paolo II lo aveva scritto nella sua lettera. Ma tante volte il luxus dell’Occidente ci fa perdere l’orizzonte. Non so, mi viene questo da dire.
Valentina Alazraki: Santità, grazie per aver mantenuto la promessa di rispondere alle nostre domande al ritorno..
Vi ho fatto ritardare la cena.
Non importa, non importa. La domanda, da parte di tutti i messicani sarebbe: quando andrà a Guadalupe?...Questa però è la domanda dei messicani….La mia sarebbe: lei canonizzerà due grandi Papi: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Vorrei sapere qual è – secondo lei – il modello di santità che emerge dall’uno e dall’altro e qual è l’impatto che hanno avuto nella Chiesa e in lei.
Giovanni XXIII è un po’ la figura del “prete di campagna”, il prete che ama ognuno die fedeli, che sa curare i fedeli e questo lo ha fatto da vescovo, come nunzio. Ma quante testimonianze di Battesimo false ha fatto in Turchia in favore degli ebrei! E’ un coraggioso, un prete di campagna buono,con un senso dell’umorismo tanto grande, tanto grande e una grande santità. Quando era nunzio, alcuni non gli volevano tanto bene in Vaticano, e quando arrivava per portare cose o chiedere, in certi uffici lo facevano aspettare. Mai si è lamentato: pregava il Rosario, leggeva il breviario, mai. Un mite, un umile, anche uno che si preoccupava per i poveri. Quando il cardinale Casaroli è tornato da una missione – credo in Ungheria o in quella che era la Cecoslovacchia di quel tempo, non ricordo quale delle due – è andato da lui a spiegargli come era stata la missione, in quella epoca della diplomazia dei “piccoli passi”. E hanno avuto l’udienza – 20 gironi dopo Giovanni XXIII sarebbe morto – e mentre Casaroli se ne andava, lo fermò: “Ah Eminenza – nonon era Eminenza – Eccellenza, una domanda: lei continua ad andare da quei giovani?” Perché Casaroli andava al Carcere minorile di Casal del Marmo e giocava con loro. ECasaroli ha detto: “Sì, sì”. “Non li abbandoni mai i ragazzi”. Ma è un  grande, un grande ! Poi quello del Concilio: è un uomo docile alla voce di Dio, perché quello gli è venuto dallo Spirito Santo, gli è venuto e lui è stato docile. Pio XII pensava di farlo, ma le circostanze non erano mature per farlo. Credo che questo (Giovanni XXIII) non abbia pensato alle circostanze: lui ha sentito quello e lo ha fatto. Un uomo che si lasciava guidare dal Signore. Di Giovanni paolo II mi viene  da dire “il grande missionario della Chiesa”: è un missionario, è un missionario, un uomo che portato il vangelo dappertutto, voi lo sapete meglio di me. Ma Lei quanti viaggi ha fatto? Ma andava! Sentiva questo fuoco di portare avanti la Parola del Signore. E’ un Paolo, è un san Paolo, è un uomo così; questo per me è grande. E fare la cerimonia di canonizzazione tutti e due insieme credo sia un messaggio alla Chiesa: questi due sono bravi, sono bravi, sono due bravi. Ma c’è in corso la causa di Paolo VI ed anche di Papa Luciani: queste due sono in corso. Ma, ancora una cosa che credo che io ho detto, ma non so se qui o da un’altra parte: la data di canonizzazione. Si pensava l’8 dicembre di quest’anno, ma c’è un problema grosso; quelli che vengono dalla Polonia, i poveri, perché quelli che hanno i mezzi possono venire con l’aereo, ma quelli che vengono, i poveri, vengono in bus e già a dicembre le strade hanno il ghiaccio e credo si debba ripensare la data. Io ho parlato con il cardinale Dziwsz e lui mi ha suggerito due possibilità: o Cristo Re di quest’anno, o la Domenica della Misericordia del prossimo anno. Credo che sia poco tempo Cristo Re di quest’anno, perché il Concistoro sarà il 30 settembre e a fine d’ottobre c’è poco tempo, ma non so, devo parlare con il cardinale Amato su questo. Ma credo che l’8 dicembre non sarà.
Ilze Scamparini: Vorrei chiedere il permesso di fare una domanda un po’ delicata: anche un’altra immagine ha girato un po’ il mondo, che è stata quella di mons. Ricca e delle notizie sulla sua intimità. Vorrei sapere, Santità, cosa intende fare su questa questione? Come affrontare questa questione e come Sua Santità intende affrontare tutta la questione della lobby gay?
Quello di mons. Ricca: ho fatto quello che il Diritto canonico manda a fare, che è la investigatio previa. E da questa investigatio non c’è niente di quello di cui l’accusano, non abbiamo trovato niente di quello. Questa è la risposta. Ma io vorrei aggiungere un’altra cosa su questo: io vedo che tante volte nella Chiesa, al di fuori di questo caso ed anche in questo caso, si vanno a cercare i “peccati di gioventù”, per esempio, e questo si pubblica. Non i delitti, eh? I delitti sono un’altra cosa: l’abuso sui minori è un delitto. No, i peccati. Ma se  una persona, laica o prete o suora, ha fatto un peccato e poi si è convertito, il Signore perdona, e quando il Signore perdona, il Signore dimentica e questo per la nostra vita importante. Quando noi andiamo a confessarci e diciamo davvero: “Ho peccato in questo”, il Signore dimentica e noi non abbiamo il diritto di non dimenticare, perché corriamo il rischio che il Signore non si dimentichi dei nostri peccati. E’ un pericolo quello. Questo è importante: una teologia del peccato. Tante volte penso a San Pietro: ha fatto uno dei peggiori peccati, che è rinnegare Cristo, e con questo peccato lo hanno fatto Papa. Dobbiamo pensare tanto. Ma tornando alla sua domanda più concreta: in questo caso, ho fatto l’investigatio previa e non abbiamo trovato. Questa è la prima  domanda. Poi, Lei parlava di lobby gay. Mah! Si scrive tanto della lobby gay. Io ancora non ho trovato chi mi dia la carta d’identità in Vaticano con “gay”. Dicono che ce ne sono. Credo che quando uno si trova con una persona così, deve distinguere il fatto di essere una persona gay, dal fatto di fare una lobby, perché le lobby, tutte non sono buone. Quello è cattivo. Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà (di autocontrollo), ma chi sono io per giudicarla? Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega in modo tanto bello questo, ma dice – aspetta un po’ come si dice … - e dice: “non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società”. Il problema non è avere questa tendenza, no, dobbiamo essere fratelli, perché questo è uno, ma se c’è un altro, un altro. Il problema è fare lobby di questa tendenza: lobby di avari, lobby di politici, lobby di massoni, tante lobby. Questo è il problema più grave per me. E la ringrazio tanto per aver fatto questa domanda

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