Differenziano politica, non diaspora culturale‏


In comunione con Benedetto XVI affinché la legittima differenziazione politica dei cattolici non diventi diaspora culturale

In prossimità di queste elezioni tra i cattolici cresce la consapevolezza  che viviamo in un momento delicato perché la crisi non è solo economica e sociale, ma soprattutto morale, etica e quindi chiede il contributo specifico della Chiesa nell’accompagnare e formare la coscienza. Nel Quarto Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, il 19 ottobre 2006, parlando del servizio della Chiesa alla Nazione, all’Europa e al mondo, Benedetto XVI osservava: “L’Italia di oggi si presenta a noi come un terreno profondamente bisognoso e al contempo molto favorevole per una testimonianza. Profondamente 
bisognoso, perché partecipa di quella cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita. Ne deriva una nuova ondata i illuminismo e di laicismo, per la quale sarebbe razionalmente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile, mentre sul piano della prassi la libertà individuale viene eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare. Così Dio rimane escluso dalal cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed estraneo. In stretto apporto con tutto questo, ha luogo una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. Si ha così un autentico capovolgimento del punto di partenza di questa cultura, che era una rivendicazione della centralità dell’uomo e della sua libertà. Nella medesima linea, l’etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso.Non è difficile vedere come questo tipo di cultura rappresenti un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e la direzione della nostra vita”.
Questa cultura sempre più egemone anche in Italia è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza. Ha colpito molto ciò che il Santo Padre ha detto a Natale, il suo augurio a Roma e all’Italia: che l’amore di Dio “favorisca lo spirito di collaborazione per il bene comune, induca a riflettere sulla gerarchia dei valori con cui attuare le scelte più importanti, ravvivi la volontà di essere solidali e doni a tutti la speranza che viene da Dio”. E’ la vera sfida di questo momento storico sia di fronte al fondamentalismo secolare e di alcune forme che si presentano come religiose ben lontane dal Dio che possiede un volto umano, Gesù Cristo che ci ha amato sino alla fine, ogni persona e l’umanità nel suo insieme.
In questi giorni due cose appaiono fondamentali:
-         un rinnovamento interno ai partiti e una attenta selezione dei candidati; nei programmi una indispensabile equità sociale.
-         Sapere come ci si schiera nei confronti dei “valori non negoziabili” proprio perché sono i valori che fondano una sana società civile, come la famiglia, le questioni bioetiche, la libertà religiosa e di educazione. Pur differenziati nelle scelte politiche, pur dovendo tener conto dei limiti di quello che democraticamente è possibile ottenere nelle varie aggregazioni, i cattolici non possono ritenere che tali argomenti possano essere considerati importanti ma meno urgenti, da lasciare alla coscienza individuale dei futuri parlamentari. Perché queste  non sono né questioni confessionali né di natura privata ma hanno una valenza pubblica e dunque politica. Al fondo c’è una concezione antropologica ed etica dell’uomo e della società, presente nella nostra Costituzione e che il futuro governo del nostro Paese non può non avere come riferimento e dunque richiedeuna esplicita presa di posizione. Non basta battersi per una sacrosanta giustizia sociale e non farlo per i valori primi dell’esistenza umana. Il cardinale Agostino Vallini, Vicario del papa per la Diocesi di Roma, in un colloquio pubblicato sul Corriere della sera di venerdì 18 gennaio ha affermato: “Tra la difesa della vita ed una maggiore equità, ad esempio, il maggior peso valoriale spetta alla prima, anche secondo lo spirito e la lettera della CostituzioneDetto questo bisogna impegnarsi al tempo stesso a perseguire la seconda”.
Pastoralmente, però, trattandosi di formazione, di cultura, dovremmo puntare, perché sia completa la Nuova Evangelizzazione, ad educare alla fede anche alla luce della Dottrina sociale della Chiesa e quindi ad un rinnovamento generale nei partiti cioè a una nuova cultura riprendendo ciò che Paolo VI ha riconosciuto definendo la politica la più alta forma della carità sociale e Benedetto VI, nella Caritas in veritate, ha parlato della gratuità di imprese, accanto a quelle legittime di guadagno e statali, come valore imprescindibile per una società giusta e solidale e quindi in pace. L’alta missione, vocazione di rappresentare il popolo deve essere incarnato da cittadini che siano anzitutto di specchiata moralità personale e che abbiano, però, anzitutto una specchiata moralità personale e un curriculum che testimoni rettitudine, competenza e passione per il bene comune. Sempre il card.Vallini: “E’ diventato molto frequente venire a conoscenza di comportamenti gravi – penso in particolare a quanti ricoprono cariche pubbliche-, abusi di potere, sottrazione di denaro pubblico…Ma pensiamo anche alla piaga dell’aborto, alla volontà di teorizzare il superamento della famiglia naturale, al fine vita, alla violenza sulle donne, alle sofferenze dei poveri, alle morti bianche, alle vittime della malavita organizzata, allo sfruttamento del lavoro, agli ostacoli all’integrazione degli immigrati. Il filo rosso che questi fenomeni patologici è una falsa concezione della libertà individuale, che si vuole senza limiti. Naturalmente non sono questi, grazie a Dio, i comportamenti della maggioranza degli italiani. Ma alla cura e alla promozione del bene comune siamo chiamati tutti, istituzioni e cittadini”.
Al IV Convegno ecclesiale di Verona il Santo Padre ha pensato anche a una possibile testimonianza: “L’Italia però, come accennavo, costituisce al tempo stesso un terreno assai favorevole per la testimonianza cristiana. La Chiesa, infatti, qui è una realtà molto viva, che conserva una presenza capillare in mezzo alla gente di ogni età e condizione. Le tradizioni cristiane sono spesso ancora radicate e continuano a produrre frutti, mentre è in atto un grande sforzo di evangelizzazione e catechesi, rivolto in particolare alle nuove generazioni, ma più sempre anche alle famiglie. E’ inoltre sentita con crescente chiarezza l’insufficienza di una razionalità chiusa in se stessa e di un’etica troppo individualista: in concreto, si avverte la gravità del rischio di staccarsi dalle radici cristiane della nostra civiltà. Questa sensazione si è diffusa nel popolo italiano, viene formulata espressamente e con forza da parte di molti e importanti uomini di cultura, anche tra coloro che non condividono o almeno non praticano la nostra fede. La Chiesa e i cattolici italiani sono dunque chiamati a cogliere questa grande opportunità, e anzitutto ad esserne consapevoli. Il nostro atteggiamento non dovrà mai essere, pertanto, quello di un rinunciatario ripiegamento su noi stessi: occorre invece mantenere vivo e se possibile incrementare il nostro dinamismo, occorre aprirsi con fiducia a nuovi rapporti, non trascurare alcuna delleenergie che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia. Tocca a noi infatti – non con le nostre povere risorse, ma con la forza che proviene dallo Spirito santo – dare risposte positive e convincenti alle attese e agli interrogativi della nostra gente: se sapremo farlo, la Chiesa in Italia renderà un grande servizio non solo a questa Nazione, ma anche all’Europa e al mondo, perché è presente ovunque l’insidia del secolarismo e altrettanto universale è la necessità di una fede vissuta in rapporto alle sfide del nostro tempo”
“Alla comunità cristiana – sempre Vallini -, sottola guida del magistero della Chiesa, è chiesto di formare le coscienze ad una integrale concezione della vita personale, sociale e politica. Ai cristiani laici, in quanto cittadini,di impegnarsi nei diversi settori della vita sociale, non ultimo quello delle istituzioni, perché nel rispetto delle regole democratiche promuovano la vita sociale: secondo quella visione che è ispirata al diritto naturale e al vangelo ed è espressa concretamente nella dottrina sociale della Chiesa”.

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