Preghiera


Martedì 11 dicembre 2012

L’Emmanuele, il Dio che con il parto verginale di Maria possiede un volto umano, ci è sempre vicino e ci ama: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme
mi libera, mi guarisce o mi sostiene, mi consola

La sofferenza fa parte dell’esistenza umana. Essa non viene da Dio ma deriva, da una parte, dalla nostra finitezza, dall’altra dall’azione malefica e dalla massa di colpa che, nel corso della storia, si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile. Certamente bisogna non solo pregare, agire, ma fare tutto il possibile
per diminuire la sofferenza: impedire, per quanto possibile, soprattutto la sofferenza degli innocenti; calmare i dolori anche con le medicine; aiutare a superare le sofferenze psichiche. Sono tutti doveri sia della giustizia che dell’amore che rientrano nelle esigenze fondamentali dell’esistenza cristiana e di ogni vita veramente umana. Nella lotta contro il dolore fisico si è riusciti a fare grandi progressi; ma la sofferenza degli innocenti e anche le sofferenze psichiche sono piuttosto aumentate nel corso degli ultimi decenni. Sì, dobbiamo fare di tutto per superare la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità semplicemente perché non possiamo scuoterci di dosso. L’azione del Maligno cesserà al compimento della storia.
La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e colsofferente. Questo vale per il singolo e per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la com – passione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana, com’era la società pagana prima del cristianesimo e come rischia di ritornare con la scristianizzazione, con la secolarizzazione cioè vivere come se Dio non esistesse, non fosse con noi, non venissimo tutti da Lui e a Lui destinati. La società, però, non può accettare i sofferenti e sostenerli nella loro sofferenza, se i singoli non sono essi stessi capaci di ciò e, d’altra parte, il singolo non può accettare la sofferenza dell’altro se egli personalmente non riesce a trovare nella sofferenza un senso, un cammino di purificazione e di maturazione, un cammino di speranza, di amore. Accettare l’altro che soffre significa, infatti, assumere in qualche modo la sua sofferenza, cosicché essa diventa anche mia. Ma proprio perché ora è divenuta sofferenza condivisa, nella quale c’è la presenza di un altro, questa sofferenza è penetrata dalla luce dell’amore. La parola latina con – solatio, consolazione e la nostra è anche preghiera di consolazione, lo esprime in maniera molto bella suggerendo un essere – con nella solitudine, che allora non è più solitudine. Ma anche la capacità di accettare la sofferenza per amore del bene, della verità e della giustizia è costitutiva per la misura dell’umanità, perché se, in definitiva, il mio benessere, la mia incolumità è più importante della verità e della giustizia, allora vige il dominio del più forte, del più sano, del più ricco; allora regnano la violenza e la menzogna. La verità e la giustizia devono stare al di sopra della mia comodità ed incolumità fisica, altrimenti la mia stessa vita diventa menzogna. E infine, anche il “sì” all’amore esige sempre espropriazione del mio io, nelle quali mi lascio potare e ferire. L’amore non può affatto esistere senza questa rinuncia anche dolorosa a me stesso, altrimenti diventa puro egoismo e, con ciò, annulla se stesso come tale.
Soffrire con l’altro, per gli altri; soffrire per amore della verità e della giustizia; soffrire a causa dell’amore e per diventare una persona che ama veramente – questi sono gli elementi fondamentali di umanità, l’abbandono dei quali  distruggerebbe l’uomo stesso. Ma ancora una volta sorge la domanda: siamo capaci? E’ l’altro sufficientemente importante, perché per lui io diventi una persona che sa soffrire? E’ per me la verità tanto importante da ripagare la sofferenza? E’ così grande la promessa dell’amore da giustificare il dono di me stesso? Della meta cioè del Paradiso possiamo essere sicuri ed è così grande da giustificare la fatica del cammino? Alla fede cristiana, nella storia dell’umanità, spetta proprio questo merito di aver suscitato nell’uomo in maniera nuova e a una profondità nuova la capacità di tali modi di soffrire che sono decisivi per la sua umanità. Ci ha mostrato, infatti, che Dio – la Verità e l’Amore in persona – ha voluto soffrire per noi e con noi, con me e per me: il Dio che possiede un volto umano e che ci ha amato sino alla fine, ciascuno e tutti insieme è sempre con me, soprattutto nella sofferenza, nel culmine della sofferenza cioè nella morte. Dio non può patire, ma può compatire. Ogni uomo, del suo compiacimento come hanno cantato gli angeli nella notte santa, ha per Dio un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Nascita e della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno,l’Emmanuele cioè il Dio sempre con noi, con me, che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con – solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza. Il metodo di Dio è quello dell’umiltà – Dio si fa uno di noi, in tutto come noi, tranne che nel peccato –è il metodo realizzato nell’Incarnazione nella semplice casa di Nazareth e nella grotta di Betlemme, come stiamo celebrando, quella della parabola del granellino di senape. Occorre non temere l’umiltà dei piccoli passi, della malattia, degli abbandoni e confidare nel lievito che penetra la pasta e lentamente la purifica, la fa crescere nell’amore gratuito, l’unica realtà che in morte portiamo con noi. In quest’anno della fede è necessario un recupero di semplicità natalizia, un ritornare all’essenziale della fede: la Buona Notizia di un Dio che è reale e concreto, un Dio che si interessa di noi, tentati,maleficiati, ammalati, soli, abbandonati, un Dio – Amore che si fa vicino a noi in Gesù Cristo nel parto verginale di Maria, fino alla Croce e che nella Risurrezione ci dona la speranza e ci apre ad una vita, ad una storia che non ha fine né per l’anima, né per il corpo, né per il cosmo, la vita eterna, la vita vera. E l’esperienza, la consapevolezza di questo suo amore è per noi garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è”veramente vita”, senza più l’azione del demonio, senza più malattia ed è tanto il bene che mi aspetto da passar sopra ad ogni pena.

(136) 1. Dio s’è fatto come noi, per farci come Lui R) Vieni Gesù, resta con noi! Resta con noi!
2. Vien dal grembo di una donna, la Vergine Maria. R) Vieni Gesù…
3. Tutta la storia lo aspettava: il nostro Salvatore. R) Vieni Gesù…
4. Egli era un uomo come noi e ci ha chiamato amici. R) Vieni Gesù…
5. Egli ci ha dato la sua vita, insieme a questo pane. R) Vieni Gesù…
6. Noi, che mangiamo questo pane, saremo tutti amici. Vieni Gesù…
7. Noi, che crediamo nel suo amore, vedremo la sua gloria. Vieni Gesù…
8. Vieni Signore, in mezzo a noi: resta con noi per sempre. R)Vieni Gesù…

Sì don Gino la grande speranza, la speranza affidabile,in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino: è tanto il bene che mi aspetto che….Certo, ma siamo convenuti anche in questo secondo martedì di dicembre e aspettiamo il sacramentale dell’olio con cui il Risorto ci tocca nelle nostre molteplici sofferenze e prove perché abbiamo bisogno anche delle nostre piccole o grandi speranze – di una visita benevola a Natale, della guarigione da ferite interne ed esterne, della risoluzione di una crisi matrimoniale, familiare, sociale, del lavoro e così via. Nelle prove minori questi tipi di speranza possono anche essere sufficienti. Ma nelle prove veramente gravi, nelle quali devo far mia la decisione definitiva di anteporre la verità al benessere, alla carriera, al possesso, la certezza della vera, grande speranza diventa necessaria. Anche per questo abbiamo bisogno di testimoni, di martiri, che si sono donati totalmente, per farcelo da loro di mostrare – giorno dopo giorno. Ne abbiamo bisogno per preferire, anche nelle piccole alternative della quotidianità, il bene alla comodità, la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno per la crisi, senza perdere lo slancio, il gusto della vita, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto con la presenza del Maligno e delle cattiverie umane. Diciamola ancora una volta: la capacità di soffrire per amore di verità, per passar sopra  è misura di umanità. Questa capacità di soffrire, tuttavia, dipende dal genere e dalla misura della speranza che portiamo dentro di noi e sulla quale costruiamo. I santi poterono percorrere il grande cammino dell’essere uomo nel modo in cui Cristo lo ha percorso prima di noi, perché erano ricolmi della grande speranza. Accetti di diventare mamma – Maria era fidanzata a Giuseppe per il matrimonio – senza il rapporto con uomo, senza il seme maschile ma per opera dello Spirito Santo. Avvenga in me la volontà di Dio. Giuseppe, uomo giusto,accetti la paternità per la tua sposa perché la fecondità in lei senza di te è opera dello Spirito Santo.
Meraviglioso anche il pensiero di poter “offrire” le piccole fatiche del quotidiano, che ci colpiscono sempre di nuovo come punzecchiature più o meno fastidiose, conferendo così ad esse un senso. Che cosa vuol dire “offrire”? Si tratta di poter inserire nel grande com-patire di Cristo le piccole fatiche quotidiane, che entrano così a far parte in qualche modo del tesoro di compassione di cui il genere umano ha bisogno. In questa maniera anche le piccole seccature quotidiane della vita coniugale familiare, sociale, professionale acquistano un senso e contribuiscono all’economia del bene, dell’amore tra gli uomini. Forse dovremmo chiederci davvero se una tale cosa, così presente nella spiritualità della nostra tradizione, non potrebbe ridiventare una prospettiva sensata anche per noi che ci ritroviamo ogni secondo martedì del mese.
Dai Vangeli noi vediamo come Gesù, cioè Dio, si interessa di ogni situazione umana che incontra, si immerge nella realtà degli uomini e delle donne del suo tempo e come Dio di ogni tempo, con una fiducia piena nell’aiuto del Padre che vede e provvede con una onnipotenza più grande delle nostre necessità. E i discepoli, che vivono con Gesù, le folle che lo incontrano, vedono la sua reazione ai problemi più disparati, vedono come parla, come si comporta: vedono in Lui l’azione dello Spirito Santo, l’azione continua di Dio. Gesù agisce e insegna, partendo sempre da un intimo rapporto con Dio Padre. Quello stile diventa un’indicazione essenziale per conformarci a Lui e rispondere a tutte le domande, i bisogni del nostro tempo.

(133) 1. Di quale immenso amore Iddio ci ha amati, da darci il Figlio suo e far di noi suoi figli. R) Godiamo ed esultiamo: per noi il Cristo è nato, andiamo al Redentor.
2. Dall’albero di Iesse è germogliato  il fiore, s’innalza tra le genti, vessillo di salvezza. R) Godiamo ed esultiamo…
3. Il Re dell’universo in un presepe nasce: Colui che regna in cielo vagisce in una grotta. R) Godiamo ed esultiamo…
4. I vigili pastori, dall’Angelo avvertitiaccorron al presepe, adorano il Bambino. R) Godiamo ed esultiamo…
5. Il Sole di giustizia s’eleva sopra il mondo: la Luce dell’Eterno risplende sulla terra. R) Godiamo ed esultiamo…
6. I Magi dall’oriente al segno d’una stella, raggiungono Betlemme, recando i loro doni. R) Godiamo ed esultiamo…
7. Nel Verbo fatto uomo la Trinità lodiamo: al Dio uno e Trino sia lode sempiterna. R) Godiamo ed esultiamo…

Venire processionalmente, incominciando da quelli in fondo alla Chiesa, per l’unzione con l’olio benedetto è il sacramentale cioè l’essere toccati dal Risorto mentre abbiamo presente quelle piccole speranze per cui siamo qui convenuti questa sera in preghiera, pur nell’orizzonte della grande speranza. Attendendo seduti possiamo tornare, attraverso i fogli, su qualche punto che lo Spirito Santo ci ha fatto particolarmente comprendere, gustare in rapporto al nostro vissuto personale, coniugale, familiare, comunitario e quindi cantare o ascoltare il canto proposto.

Per la benedizione eucaristica:

(398) 1. Venite, fedeli, l’Angelo  c’invita, venite, venite a Betlemme. Nasce per noi Cristo Salvatore. R) Venite, adoriamo, venite, adoriamo, venite adoriamo il Signore Gesù.
2. Il Figlio di Dio, re dell’universo, si è fatto bambino a Betlemme. Nasce per noi Cristo Salvatore. R) Venite, …
Hai dato loro un pane disceso dal cielo
Che porta in sé ogni dolcezza

Preghiamo. Signore Gesù Cristo, che nel mirabile Sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa che adoriamo con viva fede il santo Mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi, soprattutto in quest’Anno della fede, i benefici della Redenzione. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Amen

Dio sia benedetto,
Benedetto il suo santo Nome. Benedetto Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
Benedetto il nome di Gesù. Benedetto il suo sacratissimo Cuore.
Benedetto il suo preziosismo Sangue. Benedetto Gesù nel santissimo Sacramento dell’altare.
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito. Benedetta la gran Madre di Dio, Maria Santissima.
Benedetta la sua santa e immacolata concezione. Benedetta la sua gloriosa Assunzione.
Benedetto il nome di Maria, vergine e Madre. Benedetto san Giuseppe, suo castissimo sposo. Benedetto Dio nei suoi angeli e nei suoi santi.

Ed ora il sacramentale dell’acqua esorcizzata:

Preghiamo. O Dio, per salvare tutti gli uomini hai racchiuso nell’acqua i segni più grandi della tua grazia. Ascolta la nostra preghiera e infondi in quest’acqua la tua + benedizione perché assunta a servizio dei tuoi misteri, sia portatrice dell’efficacia della tua grazia per mettere in fuga i demoni e debellare le malattie. Tutto ciò che con essa verrà asperso sia liberato da ogni influsso del Maligno; nelle dimore dei tuoi fedeli non abiti più lo spirito del Male e sia allontanata ogni insidia: Grazie all’invocazione del tuo santo nome, possano i tuoi fedeli uscire illesi da ogni assalto del nemico. Per Cristo nostro Signore.

Amen

Prossimo incontro martedì 8 gennaio 2013. Buon Natale!

(59) Alma Redemptoris Mater, quae pervia coeli porta maneset stella marissuccurrecadenti, surgere qui curatpopulo: tu quae genuisti, natura mirante, tuum sanctumGenitoremVirgo prius ac posteriusGabrieli ab ore su,mens illud Ave, peccatorummiserere.

Commenti

Post popolari in questo blog

Anglicani

I peccati che mandano più anime all'inferno

Sulla bellezza della Messa “Tridentina”