Preghiera 35


PER LA LIBERAZIONE, LA GUARIGIONE, LA CONSOLAZIONE
E’ NECESSARIO UN RAPPORTO DI MENTE E DI CUORE CONTINUO CON CRISTO
CIOE’ PREGARE SEMPRE

Quanto è importante, per saper vivere e morire da cristiani, prendere coscienza che ci sono due modi di affrontare questa vita e  la morte:
-         il primo è il “sistema, il corpo di Cristo cioè la Chiesa”, a cui l’assemblea, soprattutto domenicale, è felice di appartenere,
-         il secondo è il “sistema terrestre anti – Regno, anti alleanza, anti – Domenica, anti – Chiesa”, messo in atto dall’influsso del Maligno, il quale, ingannando gli
uomini, vuole realizzare un mondo opposto a quello voluto e dato da Cristo cioè da Dio, togliendo la capacità di saper vivere bene anche nelle prove, nella malattia  e di saper morire con speranza.”Dobbiamo essere ben coscienti – ha detto il Papa ai governanti del Libano – che il male non è una forza anonima che agisce nel mondo in modo impersonale o deterministico. Il male, il demonio (è una persona), passa attraverso la libertà umana, attraverso l’uso della nostra libertà. E’ così che avendo offeso il primo comandamento, l’amore di Dio, viene a pervertire il secondo, l’amore del prossimo. Con lui, l’amore del prossimo sparisce a vantaggio della menzogna o dell’invidia, dell’odio e della morte. Ma è possibile non lasciarsi vincere dal male e vincere il male con il bene (Rm 12,21)(questa è la fiducia che nell’Anno della fede, vogliamo far crescere). E’ a questa conversione del cuore che siamo chiamati. Senza di essa, le “liberazioni” umane (mediche, psicologiche, politiche) tanto desiderate deludono, perché si muovono nello spazio ridotto concesso dalla ristrettezza dello spirito dell’uomo, dalla sua durezza, dalle sue intolleranze, dai suoi favoritismi di rivincita e dalle sue pulsioni di morte. La trasformazione in profondità dello spirito e del cuore (attraverso la preghiera) è necessaria per ritrovare una certa chiaroveggenza e una certa imparzialità, il senso profondo della giustizia e quello del bene comune”.
Quanto è importante saper leggere in profondità la storia che ognuno di noi e l’umanità sta vivendo oggi, imparando a discernere con la fede gli avvenimenti, facili  e difficili, di salute e di malattia, di vita e di morte, di ciò che è naturale cioè umano o preternaturale cioè demoniaco, per non essere schiavi né dell’illusione e né della paura, pieni di fiducia e di quella speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il presente, anche un presente faticoso che può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande, così presente in ogni circostanza e in ogni scelta, da giustificare la fatica del cammino della vita. E questa opera di lettura e di discernimento, come di predicazione, è legata soprattutto alla preghiera convenendo alla Messa almeno della Domenica e possiamo essere aiutati anche dalla preghiera di liberazione, di guarigione e di consolazione, che culmina con l’unzione, di ogni secondo martedì del mese qui a Santa Toscana.
Questa sera parliamo della preghiera, alla scuola di Benedetto XVI, nell’Apocalisse, l’ultimo libro del Nuovo Testamento. Un libro difficile, ma di una grande ricchezza anche per quanto riguarda il maligno che chiama con diversi nomi: demonio (colui che divide), satana (colui che spinge all’odio), serpente antico (colui che inganna), dragone (colui che spinge a dissolvere la grammatica della creazione, della legge naturale). Ma soprattutto ci mette in contatto con la preghiera viva e palpitante dell’assemblea cristiana, radunata “nel giorno del Signore” (Ap 1,10), la Domenica quando l’Apocalisse fu ispirata a san Giovanni.
Dopo l’appello insistente del Crocefisso risorto (l’icona dell’agnello sgozzato e ritto in piedi cioè ucciso e risorto) nell’assemblea domenicale che nella prima parte dell’Apocalisse, per ben sette volte ha detto: “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice continuamente alla Chiesa”, l’assemblea viene invitata a salire in Cielo cioè nella zona di Dio per guardare la realtà storica con gli occhi di Dio; e qui troviamo tre simboli, tre punti di riferimento da cui partire per capire la storia ( in quel momento era ancora forte la persecuzione dei cristiani, provocata dal dragone attraverso Nerone fino a Domiziano, azione del dragone che continuamente si è ripetuta in altri contesti storici (Hitler, Stalin), si ripete   oggi da parte di chi, con una grande potenza mediatica, vuol trattare l’uomo come un animale): il trono di Dio, l’Agnello e il libro ( (Ap 4,1 – 5,14).
Primo simbolo è il trono di Dio, sul quale sta seduto un personaggio che Giovanni non descrive, perché supera qualsiasi rappresentazione umana; può solo accennare al senso di bellezza e di gioia che prova trovandosi davanti a Lui. Questo personaggio misterioso è Dio, Dio onnipotente che non è rimasto chiuso nel suo Cielo come dicevano i filosofi greci indifferente ad ogni individuo e all’umanità, ma si è fatto ed è vicino ad ogni uomo, entrando in alleanza cioè in solidarietà con lui; Dio che si fa sentire nella storia, in modo misterioso ma reale, la sua voce simboleggiata dai lampi e tuoni. Vi sono vari elementi che appaiono attorno al trono di Dio, come i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi, che rendono lode incessantemente all’unico Signore della storia.
Secondo simbolo è il libro, che contiene il piano di Dio sugli  avvenimenti e sugli uomini il cui futuro, a motivo della libertà, non è mai totalmente prevedibile, programmabile: è chiuso ermeticamente da sette sigilli e nessuno è in grado di leggerlo. Di fronte a questa incapacità di scrutare il progetto di Dio, Giovanni sente una profonda tristezza che lo porta al pianto. Ma c’è un rimedio allo smarrimento dell’uomo di fronte al mistero della storia di ogni persona e dell’umanità intera: qualcuno è in grado di aprire il libro e di illuminarlo.
E qui appare il terzo simbolo: Cristo, l’Agnello immolato, sgozzato nel Sacrificio della Croce, ma che è in piedi, segno della sua Risurrezione. Ed è proprio l’Agnello, il Cristo morto e risorto, che progressivamente apre i sigilli e svela il piano di Dio, il senso profondo della storia, di ciascuno personalmente e di tutta l’umanità, la storia, del mondo intero. La risurrezione non è un semplice ritorno alla nostra vita terrena come è avvenuto per Lazzaro; è invece la più grande” mutazione” mai accaduta nella storia, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente  diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con Lui anche ciascuno di noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo. Egli l’Agnello poteva lasciarsi uccidere, ma non poteva soccombere definitivamente alla morte: in concreto nell’Ultima Cena, che rendiamo attuale in ogni messa soprattutto della Domenica, egli ha anticipato e accettato per amore la propria morte in croce, trasformandola così nel dono di sé, quel dono che ci dà vita, ci libera e ci salva: ecco la Messa di ogni Domenica. La sua risurrezione è come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé.

(234) 1.Nei cieli un grido risuonò: alleluia! Cristo Signore trionfò! Alleluia! R) Alleluia, Alleluia, Alleluia!
2. Morte di croce egli patì, alleluia! Ora al suo cielo risalì, alleluia! R)Alleluia…
3. Cristo ora è vivo in mezzo noi, alleluia! Noi risorgiamo insieme a lui, alleluia! R)…

Che cosa dicono questi simboli? Essi ci ricordano qual è la strada per saper leggere i fatti della storia e della nostra stessa vita. Alzando lo sguardo al Cielo di Dio, cioè mente a cuore a lui che è la preghiera continua, nel rapporto costante con Cristo, aprendo a Lui il nostro cuore e la nostra mente nella preghiera personale e comunitaria, familiare, parrocchiale, noi impariamo a vedere le cose in modo nuovo e a coglierne il senso più vero: è la liberazione, la guarigione, la consolazione vera. La preghiera è come una finestra aperta che ci permette di tenere lo sguardo rivolto verso Dio, non solo per ricordarci l’origine da cui veniamo e la meta verso cui siamo diretti, ma anche per lasciare che la volontà di Dio illumini il nostro cammino terreno e ci aiuti a viverlo con intensità e impegno in ogni circostanza facile o difficile, senza soccombere nella tentazione e liberati dal male (maleficio, vessazione, ossessione, possessione) che viene dalla persona malvagia del maligno.
In che modo il Signore guida ciascuno di noi e la comunità cristiana per illuminare tutta la famiglia umana ad una lettura più profonda di ciò che accade nella storia? Anzitutto invitandola a considerare con realismo il presente che stiamo vivendo. L’Agnello apre allora i primi quattro sigilli del libro e la Chiesa vede il mondo in cui è inserita per liberarlo, un mondo in cui vi sono vari elementi negativi. Vi sono i mali che l’uomo compie, come la violenza, che nasce dal desiderio di possedere, di prevalere gli uni sugli altri, tanto da uccidersi (secondo sigillo); oppure l’ingiustizia, perché gli uomini non rispettano le leggi che si sono date (terzo sigillo). A questi si aggiungono i mali che l’uomo deve subire, come la morte, la fame, la malattia, le azioni tipicamente preternaturali del demonio ( quarto sigillo). Davanti a queste realtà spesso drammatiche, la fede di ogni credente nel noi della comunità ecclesiale è invitata a non perdere mai la speranza, a credere fermamente che l’apparente onnipotenza del Maligno (non è un dio cattivo, ma una povera creatura nella situazione infernale da non avere più niente di rimediabile) si scontra con la vera onnipotenza che è quella di Dio, di quel Dio che possiede un volto umano, crocifisso e risorto (Agnello sgozzato e ritto in piedi) è presente e operante attraverso la Scrittura, i Sacramenti e i sacramentali, come l’unzione dell’olio benedetto di questa sera. E il primo sigillo che scioglie l’Agnello contiene proprio questa messaggioNarra Giovanni: “E vidi: ecco, un cavallo biancoColui che cavalcava aveva un arco; gli fu data una corona ed egli uscì vittorioso per vincere ancora” (Ap 6,2). Nella storia di ogni uomo e della famiglia umana è entrata la forza di Dio, che non solo è in grado di bilanciare il male; ma addirittura di vincerlo, sapendo trarre il bene anche dal male; il colore bianco richiama la Risurrezione che riguarda Gesù di Nazareth che risorto è diventato il Cristo, ma con lui anche ciascuno di noi, tutta la famiglia umana, la storia per cui il futuro è dalla parte di chi crede alla verità, al bene e all’amore cioè a Dio con la sola forza della verità e dell’amore e l’intero universo destinato a cieli nuovi e terra nuova: al compimento della storia il maligno non potrà più nuocere. Dio si è fatto così vicino da scendere nell’oscurità della tentazione e della morte per illuminarle con lo splendore della sua vita divina; ha preso su di sé il male del mondo per purificarlo col fuoco del suo amore. La fede che accade incontrando Gesù risorto, presente sacramentalmente come adesso,”dà alla vita un nuovo orizzonte” di liberazione, di guarigione di consolazione.
Come crescere in questa lettura cristiana della realtà, del vissuto, soprattutto in quest’Anno della fede? L’Apocalisse ci dice che la preghiera alimenta in ciascuno di noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità questa visione di luce e di speranza, questa vita e questo mondo nuovo che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé. Ci invita a non lasciarci mai vincere dal male, ma a vincere il male con il bene, a guardare alla presenza sacramentale del Cristo Crocefisso e Risorto che ci associa alla sua vittoria. Noi, la Chiesa vive nella storia,non si chiude in se stessa, ma affronta con coraggio il suo cammino in mezzo a difficoltà e sofferenze, affermando con forza che il male, il Maligno che agisce attraverso l’uso della nostra libertà,in definitiva non vince il bene, il buio non offusca lo splendore di Dio. Questo è un punto importante per noi da ravvivare come certezza di fede; come cristiani non possiamo mai essere pessimisti; sappiamo bene che nel cammino della nostra vita incontriamo spesso, tentati e vessati dal diavolo, da satana, dal serpente antico, dal dragone, violenza, menzogna, odio, persecuzione, ma questo non ci scoraggia mai. Soprattutto la preghiera ci educa a vedere i segni di Dio, la sua presenza e azione, anzi ad essere noi stessi luci di bene, che diffondono speranza e indicano che la vittoria, nonostante le apparenze immediate, è solo di Dio.

(125) 1. Credo in te Signor, credo in te! Grande quaggiù il mister, ma credo in te.
R) Luce soave, gioia perfetta sei. Credo in te, Signor, credo in te.
2. Spero in te, Signor, ma spero in te. Debole sono ognor, ma spero in te. R) Luce soave…
3. Amo te, Signor, amo te. O crocifisso Amor, amo te. R) Luce soave…
4. Resta con me, Signor, resta con me; pane che dai vigor, resta con me. R) Luce soave…


Questa prospettiva, alimentata in quest’Anno della fede ogni secondo martedì convenendo in preghiera, porta ad elevare mente e cuore a Dio e All’Agnello il ringraziamento e la lode continua: i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi cantano insieme il “cantico nuovo” che celebra l’opera di Cristo Agnello, il quale renderà “nuove tutte le cose” (Ap 21,5). Elevare mente e cuore continuamente a Dio ci garantisce da ogni azione demoniaca. Ma questo rinnovamento è anzitutto un dono da chiedere continuamente. E qui troviamo un altro elemento che deve caratterizzare la nostra preghiera di liberazione, di guarigione, di consolazione: invocare il Signore con insistenza di non soccombere nella tentazione, di non essere abbandonati, di essere liberati da ogni male preternaturale, demoniaco, perché venga il regno di Dio, che ogni uomo abbia il cuore docile alla signoria di Dio, goda di sentirsi creatura del Creatore, dono del Donatore divino, che sia la sua volontà ad orientare la nostra vita e quella del mondo, che sia gioioso il nostro dipendere di creature dal Donatore divino del proprio e altrui essere dono, come di tutto il mondo che circonda. Nella visione dell’Apocalisse questa preghiera di domanda è rappresentata da un particolare importante: “i ventiquattro anziani” e “quattro esseri viventi” tengono in mano, insieme alla cetra che accompagna il loro canto, “delle coppe d’oro piene di incenso” (5,8°) che, come viene spiegato, “sono le preghiere dei santi” (5,8b), di coloro, cioè, che hanno già raggiunto Dio, ma anche di tutti noi che ci troviamo in cammino. E vediamo che davanti al trono di Dio, un angelo tiene in mano un turibolo d’oro in cui mette continuamente i grani di incenso,  cioè nostre preghiere, il suo soave odore viene offerto insieme alle preghiere che salgono al cospetto di Dio (Ap 8,1-4). E’ un simbolismo che ci dice come tutte le nostre preghiere – con tutti i limiti, la fatica, la povertà, l’aridità, le imperfezioni che possono avere – vengono quasi purificate e raggiungono il cuore di Dio. Dobbiamo essere certi, cioè, che non esistono preghiere superflue, inutili; nessuna va perduta, anche non ottenendo quello che riteniamo di chiedere. Ed esse trovano risposta, anche se a volte misteriosa, perché Dio è Amore e Misericordia infinita. L’angelo – scrive Giovanni -  “prese l’incensiere, lo riempì del fuoco preso dall’altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono tuoni, rumori, fulmini e scosse di terremoto” (Ap 8,5). Questa immagine significa che Dio non è mai insensibile alle nostre suppliche, interviene e fa sentire la sua potenza e la sua voce sulla terra, fa tremare e sconvolge il sistema del Maligno. Spesso, di fronte al male si ha la sensazione di non poter far nulla, ma è proprio la nostra preghiera la risposta prima e più efficace che possiamo dare e che rende forte il nostro quotidiano impegno nel diffondere il bene. La potenza di Dio rende feconda la nostra debolezza (Rm 8,26-27).
Vorrei concludere – Benedetto XVI – con qualche cenno al dialogo finale (Ap 22,6-21). Gesù ripete varie volte: “Ecco, io vengo presto” (Ap 22,7.12). Questa affermazione non indica solo la prospettiva futura alla fine dei tempi, ma anche quella presente: Gesù viene, pone la sua dimora in chi crede in Lui e lo accoglie. L’assemblea, allora noi qui convenuti questa sera, guidati dallo Spirito santo ripetiamo a Gesù l’invito pressante a rendersi più vicino: “Vieni” (Ap 22,12°). E’ come la “sposa” (22,17) che aspira ardentemente alla pienezza della nuzialità. Per la terza volta ricorre l’invocazione: “Amen. Viene, Signore Gesù” (22,20b); e il lettore conclude con un’espressione che manifesta il senso di questa presenza: “La grazia del Signore Gesù sia con tutti” (22,21).
L’Apocalisse, pur nella complessità dei simboli, ci coinvolge in una preghiera molto ricca, per cui anche noi ascoltiamo, lodiamo, ringraziamo, contempliamo il Signore, gli chiediamo perdono. La sua struttura di grande preghiera liturgica comunitaria è anche un forte richiamo a riscoprire la carica straordinaria e trasformante che ha l’Eucaristia; in particolare vorrei invitare con forza a essere fedeli, soprattutto in quest’anno della fede, alla Santa Messa domenicale nel giorno del Signore, la Domenica, vero centro della settimana! La ricchezza della preghiera nell’Apocalisse ci fa pensare a un diamante, che ha una serie affascinante di sfaccettature, ma la cui preziosità risiede nella purezza dell’unico nucleo centrale. Le suggestive forme di preghiera che incontriamo nell’Apocalisse fanno brillare allora la preziosità unica e indicibile di Gesù Cristo che libera, guarisce, consola.

Umilmente ci rivolgiamo alla tua maestà gloriosa:
liberaci da ogni potere inganno e perversità degli spiriti infernali,
e conservaci incolumi da ogni male!

Venire processionalmente. Incominciando da quelli in fondo alla Chiesa, per l’unzione con l’olio benedetto è il sacramentale cioè l’essere toccati dal Risorto mentre pensiamo alla grazia o alle grazie per cui siamo qui convenuti in preghiera. Attendendo seduti possiamo tornare, attraverso i fogli, su qualche punto che lo Spirito Santo ci ha fatto particolarmente gustare in rapporto al nostro vissuto personale e quindi cantare o ascoltare il canto proposto.

Per la benedizione eucaristica:
270 aAdoriamo il Sacramento
che Dio Padre ci donò.
Nuovo patto, nuovo rito
nella fede si compì.
Al mistero è fondamento
la parola di Gesù.
Gloria al Padre onnipotente,
gloria al Figlio Redentor,
lode grande, sommo onore
all’eterna Carità.
Gloria immensa, eterno amore
alla Santa Trinità. Amen

Hai dato loro un pane disceso dal cielo
Che porta in sé ogni dolcezza

Preghiamo. Signore Gesù Cristo, che nel mirabile Sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo corpo e del tuo sangue, per sentire sempre in noi, soprattutto in quest’Anno della fede, i benefici della redenzione. Tu che vivi e regni  nei secoli dei secoli.
Amen
Dio sia benedetto,
Benedetto il suo santo Nome. Benedetto Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
Benedetto il nome di Gesù. Benedetto il suo sacrati sismo Cuore.
Benedetto il suo preziosissimo Sangue. Benedetto Gesù nel santissimo Sacramento dell’altare.
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito. Benedetta la gran Madre di Dio, Maria Santissima.
Benedetta la sua santa e immacolata concezione. Benedetta la sua gloriosa Assunzione.
Benedetto il nome di Maria, vergine e Madre. Benedetto san Giuseppe, suo castissimo sposo. Benedetto Dio nei suoi angeli e nei suoi santi.

Ed ora il sacramentale dell’acqua esorcizzata.

Preghiamo. O io, per salvare tutti gli uomini hai racchiuso nell’acqua i segni più grandi della tua grazia. Ascolta la nostra preghiera e infondi in quest’acqua la tua + benedizione perché assunta a servizio dei tuoi misteri, sia portatrice dell’efficacia della tua grazia per mettere in fuga i demoni e debellare le malattie. Tutto ciò che con essa verrà asperso sia liberato da ogni influsso del Maligno; nelle dimore dei tuoi fedeli non abiti più lo spirito del Male e sia allontanata ogni insidia: Grazie all’invocazione del tuo santo nome, possano i tuoi fedeli uscire illesi da ogni assalto del nemico. Per Cristo nostro Signore.
Amen

Prossimo incontro martedì 13 novembre

(224) 1. C’è una terra silenziosa dove ognuno vuol tornare…una terra e un dolce volto con due segni  di violenza; sguardo intenso e premuroso, che ti chiede di affidare la tua vita e il tuo mondo in mano a Lei.  R) Madonna, Madonna Nera, è dolce esser tuo figlio! Oh, lascia, Madonna Nera ch’io viva vicino a te!

Commenti

Post popolari in questo blog

Anglicani

I peccati che mandano più anime all'inferno

Sulla bellezza della Messa “Tridentina”