Compito specifico dei laici‏


Il compito specifico dei fedeli laici è l’animazione cristiana delle realtà temporali all’interno delle quali agiscono di propria iniziativa e in modo autonomo, alla luce della fede e dell’insegnamento della Chiesa

“Rendo omaggio alla generosità dei laici chiamati a partecipare a uffici e incarichi nella Chiesa (can. 228 & 1), dando così prova di una disponibilità per la quale quest’ultima è profondamente riconoscenteE’ però opportuno, d’altra parte, ricordare che il compito specifico dei laici è l’animazione cristiana delle realtà temporali all’interno delle quali agiscono di propria iniziativa e in modo autonomo, alla luce della fede e dell’insegnamento della Chiesa (Gaudium et spesn. 4). È dunque necessario vegliare sul rispetto della differenza esistente tra il sacerdozio comune di tutti i fedeli e il sacerdozio ministeriale
di quanti sono ordinati al servizio della comunità,differenza non solo di grado ma anche di natura (Lumen gentium, n. 10). D’altro canto occorre restare fedeli al deposito integrale della fede così come è insegnata dal Magistero autentico e professata da tutta la Chiesa. Ineffetti, “la stessa professione della fede è un atto personale ed insieme comunitarioE’ la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede” (Porta fidei, n. 10). Tale professione di fede trova nella liturgia la sua professione più alta. E’ importante che questa collaborazione si situi sempre nel quadro della comunione ecclesiale attorno al Vescovo, che ne è il garante, comunione per la quale la Chiesa si manifesta come unasanta, cattolica e apostolica.
Quest’anno celebrate il sesto centenario della nascita di Giovanna d’Arco. A tale proposito ho sottolineato che “uno degli aspetti più originali della santità di questa giovane è proprio questo legame tra esperienza mistica e missione politica. Dopo gli anni di vita nascosta e di maturazione interiore segue il biennio breve, ma intenso, della sua vita pubblica: un anno di  azione e un anno di passione” (Udienza Generale, 26 gennaio 2011). Avete in lei un modello di santità laica al servizio del bene comune.
Vorrei inoltre sottolineare l’interdipendenza esistente tra “il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società” (Gaudium et spesn. 25), dal momento che la famiglia “è il fondamento della società” (ibidem, n.52). Quest’ultima è minacciata in molti luoghi, come conseguenza di una concezione della natura umana che si dimostra manchevole. Difendere la vita e la famiglia nella società non è assolutamente un atto retrogado, ma piuttosto profetico, poiché significa promuovere valori che permettono il pieno sviluppo della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26). Abbiamo qui di fronte una vera sfida da raccogliere. In effetti, “grande è il bene che la Chiesa e l’intera società s’attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastoraleMatrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno recato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale (Sacramentumcaritatisn. 29) (Benedetto XVI, Al Gruppo degli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale di Francia, 21 settembre 2012).
“E’ trascorso un lustro dal nostro precedente in contro ed in questo tempo l’impegno dei cristiani nella società non ha cessato di essere vivace fermento per un miglioramento delle relazioni umane e della condizioni di vita. Questo impegno non deve conoscere flessioni o ripiegamenti, ma al contrario va profuso con rinnovata vitalità, in considerazione del persistere e, per alcuni versi, dell’aggravarsi delle problematiche che abbiamo dinnanzi.
Un rilievo crescente assume l’attuale situazione economica, la cui complessità e gravità giustamente preoccupa, ma dinnanzi alla quale il cristiano è chiamato ad agire e ad esprimersi con spirito profetico, capace cioè di cogliere nelle trasformazioni in atto l’incessante quanto misteriosa presenza di Dio nella storia, assumendo così con realismo, fiducia e speranza le nuove emergenti responsabilità. “La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, diventando così occasione di discernimento e di nuova progettualità” (Caritas in veritaten. 21).
E’ in questa chiave, fiduciosa e non rassegnata, che l’impegno civile e politico può ricevere nuovo stimolo ed impulso nella ricerca di un solido fondamento etico, la cui assenza in campo economico ha contribuito a creare l’attuale crisi finanziaria globale. Il contributo politico ed istituzionale di cui voi siete portatori non potrà quindi limitarsi a rispondere alle urgenze di una logica di mercato, ma dovrà continuare ad assumere come centrale ed imprescindibile la ricerca del bene comune, rettamente inteso, come pure la promozione e la tutela dellainalienabile dignità della persona umana. Oggi risuona quanto mai attuale l’insegnamento conciliare secondo cui “nell’ordinare le cose ci si deve adeguare all’ordine delle persone e non il contrario” (Gaudium et spes26). Un ordine, questo della persona, che “ha come fondamento la verità, si edifica nella giustizia” ed “è vivificato dall’amore” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1912) ed il cui discernimento non può procedere senza una costante attenzione alla Parola di Dio ed al Magistero della Chiesa, particolarmente da parte di coloro che, come voi, ispirano la propria attività ai principi ed ai valori cristiani.
Sono purtroppo molte e numerose le offerte di risposte sbrigative, superficiali e di breve respiro ai bisogni più fondamentali e profondi della persona. Ciò fa considerare tristemente attuale il monito dell’Apostolo, quando mette in guardia il discepolo Timoteo dal giorno “in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma pur, di dire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole” (2 Tm 4,3).
Gli ambiti nei quali si esercita questo decisivo discernimento sono proprio quelli concernenti gli interessi più vitali e delicati della persona, lì dove hanno luogo le scelte fondamentali inerenti il senso della vita e la ricerca della felicità. Tali ambiti peraltro non sono separati, ma profondamente collegati, sussistendo tra di essi un evidente continuum costituito dal rispetto della dignità trascendente della persona umana (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929), radicata nel suo essere immagine del Creatore e fine ultimo di ogni giustizia sociale autenticamente umana. Il rispetto della vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino al suo esito naturale con conseguente rifiuto dell’aborto procurato, dell’eutanasia e di ogni pratica eugenetica – è un impegno che si intreccia con quello del rispetto del matrimonio, come unione indissolubile tra un uomo e una donna e come fondamento a sua volta della comunità di vita familiare. E’ nella famiglia, “fondata sul matrimonio e aperta alla vita” (Discorso alle Autorità, Milano, 2 giugno 2012), che la persona sperimenta la condivisione, il rispetto e l’amore gratuito, ricevendo al tempo stesso – dal bambino al malato, all’anziano – la solidarietà che gli occorre. Ed è ancora la famiglia a costituire il principale e più incisivo luogo educativo della persona, attraverso i genitori che si mettono al servizio dei figli per aiutarli a trarre fuori ( “e-ducere”) il meglio di sé. La famiglia, cellula della società, è pertanto radice che alimenta non solo la singola persona, ma anche le stesse basi della convivenza sociale. Correttamente quindi il Beato Giovanni Paolo II aveva incluso tra i diritti umani il “diritto a vivere in una famiglia unita e in un ambiente morale, favorevole allo sviluppo della propria personalità” (Centesimus annus,44).
Un autentico progresso della società umana non potrà dunque prescindere da politiche di tutela e promozione del matrimonio e della comunità che ne deriva, politiche che spetterà non solo agli stati ma alla stessa Comunità internazionale adottare, al fine di invertire la tendenza di un crescente isolamento dell’individuo, fonte di sofferenza e di inaridimento sia per il singolo sia per la stessa comunità
Onorevoli Signore e Signori, se è vero  che della difesa della dignità della persona umana “sono rigorosamente e responsabilmente debitori gli uomini e le donne in ogni congiuntura della storia” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1920), è altrettanto vero che tale responsabilità concerne in modo particolare quanti sono chiamati a ricoprire un ruolo di rappresentanza. Essi, specialmente se animati dalla fede cristiana, devono essere “capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza” (Gaudium etspes31). Utilmente risuona in questo senso il monito del libro della Sapienza, secondo cui “il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto” (Sap6,5); monito dato però non spaventare, ma per spronare e incoraggiare i governanti, ad ogni livello, a realizzare tutte le possibilità di bene di cui sono capaci, secondo la misura e lamisisone che il Signore affida a ciascuno” (Benedetto XVI, Ai partecipanti all’incontro promosso dall’Internazionale Democratico – Cristiana, 22 settembre 2012).

Il ruolo di rappresentanza cristiana a livello politico non può non avvenire se non nel rispetto della dignità trascendente della vita di ogni persona umana dal concepimento fino al suo esito naturale con conseguente rifiuto dell’aborto,  e se si esclude ogni accanimento, si esclude anche ogni forma, palese o larvata di eutanasia, di ogni pratica eugenetica. E’ questo un impegno sacrosanto e laicissimo nel ruolo di rappresentanza cristiana che sin intreccia con quello del rispetto del matrimonio, come unione indissolubile tra un uomo e una donna e come fondamento a sua volta della comunità di vita familiare. La famiglia, cellula della società, è pertanto radice che alimenta non solo la singola persona, ma anche le stesse basi della convivenza sociale.

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