Necessità del'incontro con Cristo nei Sacramenti‏


Fatevi discepoli e battezzate. Perché non è sufficiente  per il discepolato conoscere le dottrine di Gesù, conoscere i valori cristiani? Perché è necessario essere battezzati?

“Abbiamo già sentito che le ultime parole del Signore su questa terra ai suoi discepoli, sono state: “Andate, fate discepoli tutti i popoli e battezzateli nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo” (Mt 28,19)Fate discepoli e battezzate. Perché non è sufficiente per il discepolato conoscere le dottrine di Gesù, conoscere i valori cristiani? Perché è necessario essere battezzati? Questo il tema della nostra riflessione, per capire la realtà, la profondità delSacramento del Battesimo.
Una prima porta si è aperta se leggiamo attentamente queste parole del Signore. La scelta della parola
nel nome del Padre” nel testo greco è molto importante: il Signore dice “eis” e non “en”, cioè non “in  nome” della Trinità – come noi diciamo che un viceprefetto parla “in nome” del prefetto, un ambasciatore parla “in nome” del governo: no. Dice “eis sto onoma”,cioè una immersione nel nome della Trinità, un essere inseriti nel nome della Trinità, una interpenetrazione dell’essere di Dio e del nostro essere, un essere immerso nel Dio Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, così come nel matrimonio, per esempio, due persone diventano una carne, diventano una nuova, unica realtà, con un nuovo, unico nome.
Il Signore ci ha aiutato a capire ancora meglio questa realtà nel suo colloquio con i sadducei circa la risurrezione. I sadducei riconoscevano dal canone dell’Antico Testamento solo i cinque libri di Mosè e in questi non appare la risurrezione; perciò la negavano. Il Signore proprio da questi cinque Libri dimostra la realtà della risurrezione e dice: Voi non sapete che Dio si chiama Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe? (Mt 22,31-32). Quindi, Dio prende questi tre e proprio nel suo nome essi diventano il nome di Dio. Per capire chi è questo Dio si devono vedere queste persone che sono diventate il nome di Dio, chi è immerso in Dio, è vivo perché Dio – dice il Signore – è un Dio non dei morti, ma dei vivi, e se è Dio di questi, è Dio dei vivi; i vivi sono vivi perché stanno nella memoria, nella vita di Dio. E proprio questo succede nel nostro essere battezzati; diventiamo inseriti nel nome di Dio, così che apparteniamo a questo nome e il Suo nome diventa il nostro nome e anche noi potremo, con la nostra testimonianza – come i tre dell’Antico Testamento -, essere testimoni di Dio, segno di chi è questo Dio, nome di questo Dio (Benedetto XVI, San Giovanni in Laterano, 11 giugno 2012).

Perché per fare discepoli tutti i popoli non basta far conoscere le dottrine, i valori cristiani, occorre battezzare? “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). E ora abita tra noi, soprattutto eucaristicamente e sacramentalmente e attraverso il volto dei suoi. E’ carnalmente, attraverso il volto dei suoi, che il Verbo si rende visibile “qui e ora” in continuità ecclesiale da due mila anni; è attraverso il suo corpo umano, concepito nel ventre di una donna, che la gloria, lo splendore possente di verità dell’Essere divino e la sua realtà di Vita filiale, di amore sponsale, si lascia incontrare e partecipare rendendoci liberi (Gv 1, 14c e Gv 1, 1-2)
Il Verbo si è fatto carne, e non semplicemente parola. Egli non si rivela a noi, non ci vien incontro attraverso una illuminazione puramente interiore occasionata dalla predicazione di un messaggio: si da a noi in persona, ci viene incontro attraverso mediazioni “materiali” come i segni sacramentali, attraverso volti umani molto “carnali” che possono colpirci per la bellezza, emozionarci per la sensibilità, suscitare ammirazione per le capacità, o rigetto e misericordia per le situazioni di povertà e miseria. La bontà racchiusa in questa umiliazione del Verbo (nel vissuto prima di morire e risorgere ha nascosto la divinità, nella presenza sacramentale anche l’umanità) non finisce mai di commuoverci e di stupirci, a causa della tenera accondiscendenza che egli mostra nei nostri confronti, tenendo conto della nostra costituzione corporeo – spirituale.
La logica dell’Incarnazione dà all’incontro col Signore vivo in mezzo a noi un significato tutt’altro che evanenescente, ma assai materiale ed assai concreto. Solo salvaguardando questa logica dentro la nostra esistenza personale e nelle nostre comunità, saremo capaci di saldare la nostra fede al mistero del Verbo incarnato. Saremo allora immunizzati contro l’insidia di cadere in una concezione di Gesù Cristo come “personaggio del passato”, di cui resta viva la dottrina o esemplare la vita, riducendo la ricchezza del messaggio cristiano ad una sapienza puramente umana, quasi una scienza del ben vivere o a codici di comportamento incapaci di cambiare il cuore dell’uomo. Insidia tutt’altro che assente dalle nostre comunità da superare nel prossimo anno della Fede.

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