Il Salvatore

Dio Padre ha inviato il “Salvatore” per liberarci da quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere il padrone della vita e della morte.

“Così lo invoca un’antica antifona liturgica: “O Emmanuele, nostro re e legislatore, speranza e salvezza dei popoli: vieni a salvarci, o Signore nostro Dio” Veni ad salvandum nos! Vieni a salvarci! Questo è il grido dell’uomo di ogni tempo, che sente di non farcela da solo a superare difficoltà e pericoli. Ha bisogno di mettere la sua mano in una mano più grande e più forte, una mano che dall’alto si tenda verso di lui. Cari fratelli e sorelle, questa mano è Cristo, nato a Betlemme dalla Vergine Maria. Lui è la mano che Dio ha teso all’umanità per farla uscire dalle sabbie mobili del peccato e metterla in piedi sulla roccia, la salda roccia della sua Verità e del suo Amore (Sal 40,3).
Sì, questo significa il nome di quel Bambino, il nome che, per volere di Dio, gli hanno dato Maria e
Giuseppe: si chiama Gesù, che significa “Salvatore” (Mt 1,21; Lc 1,31). Egli è stato inviato da Dio Padre per salvarci soprattutto dal male profondo, radicato nell’uomo e nella storia: quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere il padrone della vita e della morte (Gn 3,1-7). Questo è il grande male, il grande peccato, da cui noi uomini non possiamo salvarci se non affidandoci all’aiuto di Dio, se non gridando a Lui: “Veni ad salvandum nos! – Vieni a salvarci!”.
Il fatto stesso di elevare al Cielo questa invocazione, ci pone già nella giusta condizione, ci mette nella verità di noi stessi: noi infatti siamo coloro che hanno gridato a Dio e sono stati salvati. Dio è il Salvatore, noi quelli che si trovano nel pericolo. Lui è il medico, noi i malati. Riconoscerlo, è il primo passo verso la salvezza, verso l’uscita dal labirinto in cui noi stessi ci chiudiamo con il nostro orgoglio. Alzare gli occhi al Cielo, protendere le mani e invocare aiuto è la via di uscita, a patto che ci sia qualcuno che ascolta, e che può venire in nostro soccorso.
Gesù Cristo è la prova che Dio ha ascoltato il nostro grido. Non solo! Dio nutre per noi un amore così forte, da non poter rimanere in Se stesso, da uscire da Se stesso e venire in noi. Condividendo fino in fondo la nostra condizione (Es 3,7-12). La risposta che Dio ha dato in Gesù al grido dell’uomo non può essere soltanto umana, ma divina. Solo il Dio che è amore e l’amore che è Dio, poteva sceglierci di salvarci attraverso questa via, che è certamente la più lunga, ma è quella  che rispetta la verità sua e nostra: la via della riconciliazione, del dialogo, della collaborazione.
Perciò, cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, in questo Natale 2011, rivolgiamoci al Bambino di Betlemme, al Figlio della Vergine Maria, e diciamo: “Vieni a salvarci!”. Lo ripetiamo in unione spirituale con tante persone che vivono situazioni particolarmente difficili, e facendoci voce di chi non ha voce” (Benedetto XVI, Messaggio Urbi et Orbi, Natale 2011).

Congiungere la verità cioè la realtà in tutti gli ambiti anche negativi con la speranza è frutto, dono della fede nella presenza anche oggi del Salvatore, del Dio che possiede un volto umano fin da Betlemme e che ci ha amato fino a lasciarsi uccidere, senza soccombere perché ogni atto d’amore è divino, non finisce mai, per liberarci dal peccato e dalla morte cioè dall’odio verso Dio che è amore e verso la vita stessa cui ci spinge continuamente Satana. Fin dalle origini l’uomo, soccombendo alla tentazione del Maligno, ha ferito il proprio essere in quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere padrone della vita e della morte: questo il peccato originale cioè la tendenza al male presente in noi fin dal concepimento. Questo  il grande male a monte anche della attuale crisi economica e finanziaria che si fonda sulla crisi etica che minaccia il Vecchio Continente dissolvendo le radici cristiane del suo essere. Anche se valori come la solidarietà, l’impegno per gli altri, la responsabilità per i poveri e i sofferenti sono teoreticamente in gran parte indiscussi, manca spesso alla volontà, alla libertà la forza motivante, capace di indurre il singolo e i grandi gruppi sociali a rinunce e sacrifici. La conoscenza e la volontà non vanno necessariamente di pari passo. La volontà che difende l’interesse personale e oscura la conoscenza e la conoscenza indebolita non è in grado di rinfrancare la volontà. Perciò da questa crisi emergono domande molto fondamentali anche per l’emergenza educativa: dove è la luce che possa illuminare la nostra conoscenza non soltanto di idee generali, ma di imperativi concreti, quotidiani? Dove è la forza che solleva in alto la nostra volontà? Sono domande che ci rendono coscienti del grande male, del grande peccato, da cui noi uomini non possiamo salvarci se non affidandoci all’aiuto di Dio, se non gridando a Lui nella preghiera: vieni a salvarci! Il fatto stesso, però, di elevare al Cielo cioè alla zona di Dio questa invocazione, ci pone già nella giusta condizione, ci converte, ci mette nella verità di noi stessi: noi infatti siamo coloro che hanno gridato a Dio e sono stati salvati. Dio è Salvatore sempre, noi quelli che si trovano nel pericolo. Lui il medico, noi i malati. Riconoscerlo, è il primo passo verso la salvezza, verso l’uscita anche oggi dal labirinto in cui noi stessi ci chiudiamo con il nostro orgoglio.

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