Comune testimonianza

Nell’avvicinamento cattolici – ortodossi diviene nuovamente visibile la nostra comune responsabilità nel presentare al mondo il Signore Risorto

“In questo gioioso giorno della Festa di Sant’Andrea Apostolo, insieme a tutti i fratelli e sorelle cattolici, mi unisco a Lei nel rendimento di grazie a Dio per le meraviglie che egli ha compiuto, nella sua infinita misericordia, attraverso la vita e il martirio di sant’Andrea. Gli Apostoli, offrendo la loro vita in sacrificio per il Signore e per i loro fratelli, hanno dato testimonianza alla Buona Novella da essi proclamata sino ai confini del mondo allora conosciuto. La Festa dell’Apostolo, che cade in questo giorno nei calendari liturgici dell’Oriente e dell’Occidente, rappresenta, per tutti coloro che
per la grazia di Dio e il dono del Battesimo hanno accettato il messaggio di salvezza, un forte invito a rinnovare la propria  fedeltà all’insegnamento degli Apostoli e a divenire annunciatori instancabili della fede in Cristo, con la parola e la testimonianza della vita.
In questo nostro tempo, tale invito è urgente come non mai e interpella tutti i cristiani. In un mondo segnato da una crescente interdipendenza e solidarietà, siamo chiamati a proclamare con rinnovata convinzione la verità del Vangelo e a presentare il Signore Risorto come la risposta alle più profonde domande e aspirazioni spirituali degli uomini e delle donne di oggi.
Per poter riuscire in questo grande compito, dobbiamo continuare a progredire sul cammino verso la piena comunione, mostrando di avere già unito i nostri sforzi per una comune testimonianza al Vangelo di fronte agli uomini del nostro tempo. Per questa ragione vorrei esprimere la mia sincera gratitudine a Vostra Santità e al Patriarcato Ecumenico per la generosa ospitalità offerta lo scorso ottobre sull’isola di Rodi ai Delegati delle Conferenze Episcopali d’Europa, che si sono riuniti con i rappresentanti delle Chiese Ortodosse d’Europa per il II Forum cattolico – ortodosso sul tema “Rapporti Chiesa – Stato: prospettive  teologiche e storiche”.
Santità, seguo con attenzione i Suoi saggi sforzi per il bene dell’Ortodossia e per la promozione dei valori cristiani in molti contesti internazionali. AssicurandoLe, in questa Festa di Sant’Andrea Apostolo, il ricordo nelle mie preghiere, rinnovo l’augurio di pace, salute e abbondanti benedizioni spirituali su di Lei e su tutti i fedeli” (Benedetto XVI, Messaggio a Sua Santità Bartolomeo I, 30 novembre 2010).

“Ritengo – Luce del mondo pp.131 -132  - che sia molto importante che il grande mondo ortodosso, insieme alle tensioni interne che lo caratterizzano, veda anche la profonda unità che c’è con la diversa Chiesa universale latina. Che, nonostante tutte le differenze sorte nel corso dei secoli e condizionate da divisioni culturali e di altro genere, veramente ci incontriamo e ci comprendiamo di nuovo nella nostra più intima vicinanza spirituale. Su questo piano stiamo compiendo progressi. Non si tratta di progressi di natura tattica o politica, ma di un avvicinamento che scaturisce dall’essere profondamente rivolti gli uni verso gli altri. Trovo questo qualcosa di molto confortante.

Ma – Peter Seewald -  perché, come Lei ha detto, questo avvicinamento dovrebbe rivestire un grande significato per il “futuro del mondo”?

Perché in questo avvicinamento diviene nuovamente visibile la nostra comune responsabilità per il mondo. Possiamo litigare in continuazione su tutto. Oppure, a partire proprio da ciò che abbiamo in comune, possiamo rendere un servizio comune. E il mondo, questo ha evidenziato il nostro dialogo, ha bisogno di una forte dose di testimonianza motivata, fondata spiritualmente e ragionevolmente, dell’unico Dio che ci parla in Cristo. Per questo il nostro stare insieme è di enorme importanza. Anche Kiril lo sottolinea, soprattutto per quel che riguarda lo scontro sulle grandi questioni etiche. Non siamo moralisti, ma a partire dal fondamento della fede, siamo portatori di un messaggio etico che dà orientamento agli uomini. E fare questo insieme è della massima importanza nella crisi dei popoli”.
La cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita rappresenta un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità: non è in grado quindi di instaurare un vero dialogo con le altre culture nell’attuale crescente interdipendenza tra i popoli, nei quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e la direzione della nostra vita. Perciò questa cultura è contrassegnata da una profonda crisi, ma anche da un grande e inutilmente bisogno di speranza cioè
di chi proclami insieme con rinnovata convinzione la verità del Vangelo e a presentare il Signore Risorto come la risposta alle più profonde domande e aspirazioni spirituali degli uomini e delle donne di oggi.

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