Pedofilia

Nessuna correlazione tra il celibato, una delle espressioni più ampie, belle e nobili dell’amore di Dio per noi, e la pedofilia

 Il sacerdote canossiano Amedeo Cencini è anche lo psicologo, lo psicoterapeuta che nell’esercizio della sua professione ha ascoltato le storie di adulti con il macigno nel cuore di un abuso sessuale subito in tenera età. E sul suo lettino si sono sdraiate le vite di sacerdoti caduti nella pedofilia.  Sul
settimanale diocesano Verona Fedele del 18 aprile ha concesso un’intervista sottolineando che nella piaga “dobbiamo cogliere in quanto sta succedendo l’invito a programmare cammini formativi iniziali e permanenti che consentano al prete di vivere autenticamente il proprio celibato, come una delle espressioni più ampie, grandi, belle e nobili dell’amore di Dio per noi”.

Nessuna correlazione tra celibato e pedofilia
Il problema è molto più ampio. Rifacendosi a Freud per cui “la sessualità è al centro della geografia inter-psichica”, afferma che tutto l’io è maschile o femminile e quindi la sessualità non si identifica con la genitalità, con la sua gratificazione: è bisogno di relazione, di stima di sé, di affermazione di se stessi promuovendo l’altro nella reciprocità. E’ importante quindi che il giovane che si sente chiamato a realizzarsi nell’amore, nella carità pastorale anziché nella modalità coniugale deve sviluppare tutti gli altri aspetti della sessualità, rinunciando alla gratificazione genitale che, tra l’altro, è solo periodica in rapporto alla fecondità anche nel matrimonio.
Secondo Cencini può accadere che la persona che sceglie il celibato lo “carichi di grandi valori spirituali, ma cerchi in”altro” lo sfogo compensativo di quell’energia che non libera nella sessualità. La compensazione la può trovare nella carriera, nel denaro, nell’eccessivo attaccamento alla famiglia, nelle glorie personali e ancora peggio nella pedofilia. Il prete pedofilo è in crisi vocazionale? Nemmeno per sogno! Egli continua a sentirsi un sacerdote perché ha trovato il suo equilibrio abnorme in questa tendenza aberrante. Per questo dico: per favore non consideriamo la pedofilia solo come qualcosa di patologico, ma una delle tante compensazioni attraverso le quali il prete compensa, appunto, ciò a cui ha rinunciato con il celibato”.
Non è corretto considerare la pedofilia sempre e comunque una malattia da affrontare solo dal punto di vista psichiatrico. “Se il fenomeno – sempre Cenciniviene trattato solo dal versante psichiatrico, la pedofilia è una sorta di dato costitutivo della persona e quindi invincibile che riguarda solo determinate persone che, se sacerdoti, non avrebbero mai dovuto diventarlo. Quindi il problema è risolto mettendo tali individui nella condizione di non nuocere. Ma questo mi sembra un approccio parziale. E’ più completo quello psicodinamico per cui la pedofilia è un avvertimento abnorme di uno squilibrio che si è formato progressivamente nella persona, come conseguenza di un certo stile di vita che non ha compreso il senso autentico dell’opzione celibataria”, o per chi si sposa nell’amore coniugale

Perché è importante nella pedofilia distinguere fra dato costitutivo e avvertimento abnorme di uno squilibrio che si è formato progressivamente nella persona sia nella modalità celibataria e sia nella modalità coniugale della sessualità?
“Per due motivi – sempre Cencini-. Nel suo aspetto psicodinamico la pedofilia può essere prevenuta e anche risolta, tramite un percorso psicoterapeutico che quanto meno può aiutare la persona a tenere sotto controllo questa tendenza, anche quando la pedofilia è una malattia”. Teniamo sempre conto del connubio fede, incontro sacramentale con Cristo e ragione, scienza psicologica, terapia.
L’altro motivo: “L’approccio psicodinamico ci impone di interrogarci sul tema della formazione iniziale dei sacerdoti. La formazione alla sessualità nei seminari non può essere messa tra parentesi ritenendo che una generica opzione per Cristo metta automaticamente la persona nella condizione di poter vivere in maniera adeguata, intelligente, creativa, responsabile. Si deve dare al giovane tutti gli elementi per comprendere che la sua scelta per Cristo deve essere tale da invadere tutti gli altri bisogni. Di scoprire qualcosa di così grande da dare la forza di sopportare il peso della rinuncia e di non dover ricorrere alle compensazioni perché da esse deriva sempre l’abuso”. L’avvenimento esistenziale dell’incontro con la Persona viva di Gesù Cristo, il di più di umanità del suo amore e di poter veicolarlo con gioia nel noi della fraternità sacramentale della carità pastorale dando alla vita un preciso orizzonte e con ciò la direzione, il riempimento decisivo dei propri desideri non è solo all’inizio della vocazione sacerdotale, ma un cammino continuo, una necessità che non può venir meno.  Questa è una possibilità sempre, ma mai una costrizione perché Dio dal volto umano cioè il Risorto che dona il Suo Spirito, il Suo amore attraverso la Sua presenza sacramentale non può costringere, perché un rapporto costretto non è mai un rapporto di amore e questo sia nella modalità celibataria, verginale e sia nella modalità coniugale. Quindi la vigilanza di fronte ai rischi di crisi di fede è sempre una necessità. “A livello psicodinamico – sempre Cencini – il pedofilo è colui che cerca la gratificazione sessuale al di fuori di una relazione vera e propria, quindi paritaria. Un altro aspetto che a livello psichiatrico emerge meno è la componente dell’abuso. L’abuso dell’altro quindi, del minore, ma anche abuso di se stesso, dell’essere adulto, tanto più se in una posizione privilegiata  come il prete”, il cui agire rimanda alla persona di Cristo. Ma anche in famiglia, per il sacramento del matrimonio, i genitori rimandano a Cristo e le statistiche dicono che la gran parte degli abusi sessuali avviene in famiglia. Ma perché il pedofilo prete, sposato per esercitare questo potere, questo abuso cerca un bambino e non una donna o un uomo adulti? “Innanzitutto – sempre Cencini – perché il pedofilo in generale non è in grado di avere una relazione paritaria. Entrando nello specifico, invece, il sacerdote vede nel bambino la possibilità di poter ottenere la gratificazione sessuale senza suscitare particolari sospetti, quando invece il risvolto morale nel rapporto con una donna sarebbe subito evidente. Infatti l’autentico pedofilo ha un comportamento nei confronti dell’altro sesso ineccepibile. Inoltre nella sua mente confusa mette insieme l’offerta della propria vita a Dio nel celibato con un atteggiamento nei confronti dei piccoli che lui vede semplicemente come particolarmente affettuoso, carino, dolce, comprensivo. Ho presente casi di sacerdoti che mi dicevano: “In fondo non faccio nulla di male. Il bambino ha bisogno di affetto e io sono pronto a darglielo”.

Esiste un legame tra omosessualità e pedofilia?
Sono due concetti – sempre Cencinievidentemente diversi. Ma sono le statistiche a dircelo: nel clero nordamericano l’80% degli abusi è avvenuto in ambito omosessuale.  Soprattutto nell’omosessualità strutturale (cioè che appartiene alla struttura  della persona a differenza di quella legata ad episodi che è trattabile sul piano psicoterapeutico) la difficoltà più grande è quella relazionale. L’omosessualità stenta ad accettare il diverso in quanto tale e l’attenzione sessuale verso l’altro sesso è il punto finale di un atteggiamento interiore che porta la persona ad omologare l’altro. Anche nella pedofilia c’è la paura di una relazione, di un rapporto sessuale paritario con una persona adulta, diversa”.

IL capitolo più doloroso è quello delle vittime
“ La letteratura internazionale – sempre Cencini – riporta che il 30% di coloro che hanno subito violenza da piccoli sembra destinato a diventare un pedofilo attivo, mentre il restante 70% si porterebbe comunque dietro il peso dell’abuso, in maniera più o meno grave, con conseguenze sulla vita relazionale in particolare su quella sessuale. L’elemento discriminante che porta la persona a diventare un abusante è la mancata elaborazione di quanto è accaduto. Questo è il modo più grave e doloroso: molto spesso la vittima non è creduta e quando il suo dramma non viene preso seriamente in considerazione è come se venisse ancora una volta violentata. Questo non la porta certo a elaborare l’abuso e non l’aiuta a cercare un percorso psicoterapeutico che è laborioso, faticoso e discretamente lungo. Ma assolutamente necessario. Perché un abuso sessuale vissuto nella prima infanzia è qualcosa che disorganizza mentalmente, emotivamente, affettuosamente e sessualmente la persona. Quindi c’è bisogno di intervenire in maniera professionale in modo da ristabilire la fiducia che la persona ha perduto nel rapporto con l’altro”. Alla richiesta se padre Cencini ha avuto in terapia persone che hanno subito violenza da bambini, la risposta è “Sì”. Con buoni risultati? “In tutti i casi il percorso psicoterapeutico ha portato dei benefici. Devo però anche ammettere che non sempre purtroppo, la persona ha recuperato in pieno la possibilità di un rapporto autentico con l’altro in particolare sul piano emotivo e sessuale”.
Accogliamo l’invito di Benedetto XVI: “Adesso sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati vediamo che poter fare penitenza è grazia e vediamo come si necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita: aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perché è rinnovamento, è opera della misericordia divina”.

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