Scelte coraggiose

Come trovare la forza per scelte coraggiose per la vita veramente vita, per una speranza affidabile?

“Ecco, cominciamo con questa parola dura per noi: rinunce. Le rinunce sono possibili e, alla fine, diventano anche belle se hanno un perché e se questo perché giustifica poi anche la difficoltà della rinuncia. San Paolo ha usato, in questo contesto, l’immagine delle olimpiadi e degli atleti impegnati per le olimpiadi (1 Cor 9,24 – 25). Dice: Loro, per arrivare finalmente alla medaglia – in quel tempo alla corona – devono vivere una disciplina molo dura, devono rinunciare a tante cose, devono esercitarsi nello sport che praticano e fanno grandi sacrifici e rinunce perché hanno una motivazione, ne vale la pena. Anche se alla fine, forse, non sono tra i vincitori, tuttavia è una bella cosa aver disciplinato se stesso ed essere stato capace di fare queste cose con una certa perfezione. La stessa cosa vale, con questa immagine di san Paolo, per le olimpiadi, per tutto lo sport, vale anche per tutte le altre cose della vita. Una vita professionale buona non si può raggiungere senza rinunce, senza una preparazione adeguata, che sempre esige una disciplina, esige che si debba rinunciare a qualche cosa, e così via, anche nell’arte e in tutti gli elementi della vita. Noi tutti comprendiamo che per raggiungere uno scopo, sia professionale, sia sportivo, sia artistico, sia culturale, dobbiamo rinunciare, imparare per andare avanti. Proprio anche l’arte di vivere, di essere se stesso, l’arte di essere uomo esige rinunce, e le rinunce vere, che ci aiutano a trovare la strada della vita, l’arte della vita, ci sono indicate dalla Parola di Dio e ci aiutano a non cadere – diciamo – nell’abisso della droga, dell’alcool, della schiavitù della sessualità, della schiavitù del denaro, della pigrizia. Tutte queste cose, in un primo momento, appaiono come azioni di libertà. In realtà, non sono azioni di libertà, ma inizio di una schiavitù che diventa sempre più insuperabile. Riuscire a rinunciare alla tentazione del momento, andare avanti verso il bene crea la vera libertà e fa preziosa la vita. In questo senso, mi sembra, dobbiamo vedere che senza un “no” a certe cose non cresce il grande “sì” alla vera vita, come lo vediamo nelle figure dei santi. Pensiamo a san Francesco, pensiamo ai santi del nostro tempo. Madre Teresa, don Gnocchi e tanti altri, che hanno rinunciato e sono divenuti non solo liberi loro stessi ma anche una ricchezza per il mondo e ci mostrano come si può vivere. Così alla domanda “chi mi aiuta”, direi che ci aiutano le grandi figure della storia della Chiesa, ci aiuta la Parola di Dio, ci aiuta la comunità parrocchiale, il movimento, il volontariato, eccetera. E ci aiutano le amicizie di uomini che “vanno avanti”, che hanno già la strada giusta. Preghiamo il Signore che ci doni sempre degli amici, delle comunità che ci aiutano a vedere la strada del bene e a trovare così la vita bella e gioiosa” (Benedetto XVI, Incontro con i giovani, 25 marzo 2010).

Immediatamente fa paura Gesù che al giovane ricco invita a lasciare tutto e a seguirlo, lui che se ne andò via triste. In molti giovani nasce l’interrogativo: io come lui faccio fatica a seguirlo, perché ho paura di lasciare le mie cose e talvolta, anzi spesso la Chiesa appare oggi come colei che esige delle rinunce difficili, tanti “no” nell’attuale cultura secolarizzata. Spesso, a livello educativo, pastorale, non emerge soprattutto, prioritariamente quel grande “sì” che in Gesù Cristo Dio ha detto e dice ad ogni uomo, comunque ridotto, e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà (Dio non può costringere perché è amore e un rapporto costretto non è più un rapporto di amore), di intelligenza, di onnipotenza nel perdono; come, pertanto non emerge soprattutto la fede nel Dio dal volto umano che porta anche oggi  la gioia al mondo e una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino.

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