Scienza e fede

Gli autentici ricercatori della verità di Dio sono capaci di vivere sempre la profonda sintonia che c’è tra ragione e fede, scienza e rivelazione nella scoperta di un nuovo volto di Dio, di una nuova regalità: quella ell’amore

“La stella e le Sacre Scritture furono le due luci che guidarono il cammino dei Magi, i quali ci appaiono come modelli degli autentici cercatori della verità.

Essi erano dei sapienti, che scrutavano gli astri e conoscevano la storia dei popoli. Erano uomini di scienza in un senso ampio, che osservavano il cosmo ritenendolo quasi una grande libro pieno di segni e di messaggi divini per l’uomo.

Il loro sapere, pertanto, lungi dal ritenersi autosufficiente, era aperto ad ulteriori rivelazioni ed appelli divini. Infatti, non si vergognavano di chiedere istruzioni ai capi religiosi dei Giudei. Avrebbero potuto dire: facciamo da soli, non abbiamo bisogno di nessuno, evitando, secondo la nostra mentalità odierna, ogni “contaminazione” tra la scienza e la Parola di Dio. Invece i Magi ascoltano le profezie e le accolgono: e, appena si rimettono in cammino verso Betlemme, vedono nuovamente la stella, quasi a conferma di una perfetta armonia tra la ricerca umana e la Verità divina, un’armonia che riempì di gioia i loro cuori di autentici sapienti (Mt 2,10).

Il culmine del loro itinerario di ricerca fu quando si trovarono davanti “il bambino con Maria sua Madre” (Mt 2,11). Dice il Vangelo che “prostratisi lo adorarono”. Avrebbero potuto rimanere delusi, anzi, scandalizzati. Invece, da veri sapienti, sono aperti al mistero (cioè al divino attraverso l’umano, l’Infinito attraverso il piccolo) che si manifesta in maniera sorprendente; e con i loro doni simbolici dimostrano di riconoscere in Gesù il Re e il Figlio di Dio. Proprio in quel gesto si compiono gli oracoli messianici che annunciano l’omaggio delle nazioni al Dio d’Israele.

Un ultimo particolare conferma, nei Magi, l’unità tra intelligenza e fede: è il fatto che “avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2,12). Sarebbe stato naturale ritornare a Gerusalemme, nel palazzo di Erode e nel Tempio, per dare risonanza alla loro scoperta.

Invece, i Magi, che hanno scelto come loro sovrano il Bambino, la custodiscono nel nascondimento, secondo lo stile di Maria, o meglio di Dio stesso e, così, come erano apparsi, scompaiono nel silenzio, appagati, ma anche cambiati dall’incontro con la Verità.

Avevano scoperto un nuovo volto di Dio, una nuova regalità: quella dell’amore.

Ci aiuti la Vergine Maria, modello di vera sapienza, ad essere autentici ricercatori della verità di Dio, capaci di vivere sempre la profonda sintonia che c’è tra ragione e fede, tra scienza e rivelazione” (Benedetto XVI, Angelus, 6 gennaio 2010).

Molti hanno visto il segno straordinario della stella, solo pochi hanno capito il messaggio e sospinti dallo Spirito si sono messi in cammino. Gli studiosi della Scrittura, i più famosi esegeti della Bibbia di quel tempo, conoscevano la parola di Dio dalla a alla zeta. Erano in grado di dire senza difficoltà che cosa si poteva trovare nella Scrittura riguardo al luogo in cui il Messia sarebbe nato. Ma sono guide che offrono tante utili conoscenze utilizzate dai Magi, che indicano la via, ma che non si muovono, non si lasciano muovere dallo Spirito.

Qual è la ragione per cui nella ricerca razionale della verità di Dio e della sua Parola alcuni trovano e altri no, alcuni si mettono in cammino e altri no? Che cosa dobbiamo fare per entrare a fra parte di coloro che vedono e si mettono in cammino? Sarebbe troppo semplice dire che i ricchi e gli intelligenti non ce l’hanno fatta, mentre i poveri e i semplici, gli ignoranti hanno trovato la strada. Perché è vero che i poveri e i semplici, i pastori, sono stati i primi. Ma poi vengono i Magi, che non sono ignoranti, e secoli dopo addirittura dei veri re. E viceversa, tra coloro che non lasciarono Gerusalemme per recarsi a Betlemme, c’erano di sicuro molti poveri. Per cui questa distinzione appare troppo semplice e ideologica. La cultura può essere di ostacolo, ma può anche aiutare a vedere, come pure le ricchezze e il potere. Che cos’è che serve? Che cosa apre gli occhi e il cuore? Oppure, viceversa, che cosa manca a coloro che pur ricchi e potenti, pur teologi ed esegeti restano indifferenti, che cosa manca a coloro che offrono tante utili conoscenze ma non si muovono?

L’impedimento prima di tutto è una certa sicurezza di sé e una certa presunzione. Essi sanno com’è la realtà e nessuno gliela dà a intendere. Hanno formulato un giudizio definitivo sulle cose, pretendono teorizzare e prevedere il futuro senza tener conto della libertà di Dio e dell’uomo e tutto il resto come carismi, apparizioni in fondo appare loro come stravagante, con cui non vogliono avere a che fare. Sono sicuri di sé e del fatto,loro, si sono fatti un’idea del mondo, di quello che Dio può fare, che gli uomini possono realizzare e al di là di quella non esiste più niente. Per loro tutto il resto è fantasticheria, non si lasciano sconvolgere nell’intimo dell’avventura di un Dio davvero vivo, mai totalmente prevedibile e programmabile. E poi, a questa sicurezza di sé che non si lascia più impressionare, poiché è così ragionevole e realistica, si unisce un po’ di grettezza e di ristrettezza di vedute. Si ha più fiducia in se stessi che in Dio. Non è possibile per loro che Dio sia tanto grande da potersi fare piccolo, da potersi davvero avvicinare a noi, interessarsi di chi non ha nessuna rilevanza. E infine, in questo atteggiamento, c’è anche un certo spirito gregario. Che cosa direbbero gli altri se di colpo cominciassimo ad essere così strani da uscire di casa per andare ancora a Messa, in pellegrinaggio ad eventuali apparizioni? E se cominciassimo a osservare e ad educare a vivere tutti i comandamenti e i precetti? Non ci si vuole esporre al sospetto di essere così fuori moda in una società trasgressiva.

Se mettiamo insieme tutte queste cose, la sicurezza di sé nella pretesa di poter teorizzare razionalisticamente tutto e prevedere tutto, la grettezza e lo spirito gregario, possiamo ben dire che manca l’umiltà autentica, nel suo duplice significato: quello dell’umiltà che sa sottomettersi a ciò che è più grande di lei, ma anche quel coraggio di credere a ciò che è veramente grande, di credere che Dio ci vede, attende senza costringere mai e ci accoglie con un amore che arriva al perdono. Se vogliamo dirlo con le parole dello stesso Gesù Cristo, manca la capacità di essere bambini nel cuore. Il bambino stesso che anche quando cade guarda chi lo ama e si rialza senza vergogna è la strada. Oggi nella scienza teologica e biblica per l’eccessiva specializzazione e conoscenza dei particolari, per la troppa sicurezza ed esperienza, per un moralismo terribile come l’immoralità, viene meno la capacità di vedere e comunicare l’essenziale cioè il tutto, di dire il messaggio del tutto, il Dio che anche oggi parla attraverso il creato, che anche oggi si avvicina a noi nel mistero del successore di Pietro e degli Apostoli, come dei Sacramenti, in eventuali carismi e apparizioni. Manca la capacità di stupirsi e di uscire da sé per rincamminarsi.

Noi tutti abbiamo le nostre tentazioni, come le avevano gli abitanti di Gerusalemme, perché è normale per l’uomo comportarsi in quel modo. Ma noi sappiamo anche che il Signore ha il potere di farci superare queste tentazioni incontrandolo bambino, presente sacramentalmente, nella fede della Chiesa, come è avvenuto per i Magi che per altra via tornarono. Non possono più tornare da quei esegeti che non si mettono in cammino, da Erode, non possono più essere alleati con quel sovrano potente e crudele. Sono stati condotti sulla strada del bambino, di un nuovo volto di Dio, di una nuova regalità cioè quella dell’amore. Loro intelligenti e sapienti sono stati condotti sulla strada del bambino, e ormai la loro strada sarà sempre quella strada, che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questi mondo e li porterà a colui che ci aspetta tra i poveri che non puntano né a possedere né ad essere posseduti ma liberi nell’appartenenza a Dio. La strada sarà la strada del Dio che si è fatto bambino, la strada dell’amore che solo può trasformare il mondo non solo personalmente ma anche, come afferma la Caritas in veritate, in ambito sociale, cioè culturale, economico e politico, per quanto inerme possa sembrare di fronte alla strada dello forza e della costrizione.

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