Riconciliazione

In questo nostro mondo di oggi dobbiamo riscoprire il Sacramento della penitenza e della riconciliazione nelle sue diverse dimensioni

“La chiamata che san Paolo ha rivolto ai Corinzi possiede proprio oggi una nuova attualità: “In nome di Cristo siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio!” (2 Cor 5,20).Se l’uomo non è riconciliato con Dio, è in discordia anche con la creazione. Non è riconciliato con se stesso, vorrebbe essere altro da quel che è ed è pertanto non riconciliato neppure con il prossimo. Fa inoltre parte della riconciliazione la capacità di riconoscere la colpa e chiedere perdono – a Dio e all’altro. E infine appartiene al processo della riconciliazione la disponibilità alla penitenza. La disponibilità a soffrire fino in fondo per una colpa e a lasciarsi trasformare. E ne fa parte la gratuità, di cui l’Enciclica “Caritas in veritate” parla ripetutamente: ad andare oltre il necessario, a non fare conti, ma ad andare al di là di ciò che richiedono le semplici condizioni giuridiche. Ne fa parte quella generosità di cui Dio stesso ci ha dato l’esempio. Pensiamo alla parola di Gesù: “Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23s.) Dio che sapeva che non siamo riconciliati, che vedeva che abbiamo qualcosa contro di Lui, si è alzato e ci è venuto incontro, benché Egli solo fosse dalla parte della ragione. Ci è venuto incontro fino alla Croce, per riconciliarci. Questa è la gratuità: la disponibilità a fare il primo passo. Per primi andare incontro all’altro, offrirgli la riconciliazione, assumersi la sofferenza che comporta la rinuncia al proprio aver ragione. Non cedere nella volontà di riconciliazione: di questo Dio ci ha dato l’esempio, ed è questo il modo di diventare simili a Lui, un atteggiamento di cui sempre di nuovo abbiamo bisogno nel mondo. Dobbiamo oggi apprendere nuovamente le capacità di riconoscere la colpa, dobbiamo scuoterci di dosso l’illusione di essere innocenti. Dobbiamo apprendere la capacità di far penitenza, di lasciarci trasformare; di andare incontro all’altro e di farci donare da Dio il coraggio e la forza per un rinnovamento. In questo nostro mondo di oggi dobbiamo riscoprire il Sacramento della penitenza e della riconciliazione. Il fatto che esso in gran parte sia scomparso dalle abitudini esistenziali dei cristiani è sintomo di una perdita di veracità nei confronti di noi stessi e di Dio; una perdita, che mette in pericolo la nostra umanità e diminuisce la nostra capacità di pace. San Bonaventura era dell’opinione che il Sacramento della penitenza fosse un Sacramento dell’umanità in quanto tale, un Sacramento che Dio aveva istituito nella sua essenza già immediatamente dopo il peccato originale e la penitenza imposta ad Adamo, anche se ha potuto ottenere la sua forma completa solo in Cristo, che è personalmente la forza riconciliatrice di Dio e ha preso su di sé la nostra penitenza. In effetti, l’unità di colpa, penitenza e perdono è una delle condizioni fondamentali della vera umanità, condizioni che nel Sacramento ottengono la loro forma completa, ma che a partire dalle loro radici, fanno parte dell’essere persone umane come tale. Il Sinodo dei Vescovi per l’Africa ha pertanto a ragione incluso nelle sue riflessioni anche rituali di riconciliazione della tradizione africana come luoghi di apprendimento e di preparazione per la grande riconciliazione che Dio dona nel Sacramento della penitenza. Questa riconciliazione, però, richiede l’ampio “atrio” del riconoscimento della colpa e dell’umiltà della penitenza. Riconciliazione è un concetto pre – politico e una realtà pre – politica, che proprio per questo è della massima importanza per il compito della stessa politica. Se non si crea nei cuori la forza della riconciliazione, manca all’impegno politico per la pace il presupposto interiore. Nel Sinodo i Pastori della Chiesa si sono impegnati per quella purificazione interiore dell’uomo che costituisce l’essenziale condizione preliminare per l’edificazione della giustizia e della pace. Ma tale purificazione e maturazione interiore verso una vera umanità non possono esistere senza Dio” (Benedetto XVI, Discorso alla Curia, 21 dicembre 2009).

Riconciliazione ha diverse dimensioni per cui è compito importante anche della politica. Ma perché si possa giungere a questo occorre che accada nei cuori con il dono dello Spirito del Risorto la forza della riconciliazione e ciò è una realtà pre – politica cioè pastorale, propria della Chiesa. Compito pastorale dei Vescovi e quindi dei sacerdoti curare l’incontro con Cristo nella Chiesa perché accada nei cuori la forza della riconciliazione, presupposto interiore per lo stesso impegno politico per la pace, senza cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche. Certo la questione concreta davanti alla quale i pastori si trovano continuamente ad affrontare è questa: come essere realisti e pratici, senza arrogarci competenza politica che non ci spetta?E’ il problema di giungere ad una laicità positiva, praticata e interpretata in modo giusto.

Urgente, come ricorda Benedetto XVI nella Lettera per l’Anno sacerdotale, è recuperare e mettere al centro delle preoccupazioni pastorali non solo un’inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza ma anche il metodo del “dialogo di salvezza” nell’unità di colpa, penitenza cioè l’umiltà per il cambiamento di orizzonte e perdono, fondamentale dell’essere persone umane, condizione essenziale perché da fedeli laici si giunga anche all’impegno politico.

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