Credenti credibili

C’è oggi bisogno di persone che siano “credenti” e “credibili”

“San Venceslao, emblema storico della nobile Nazione ceca, questo grande Santo, che voi amate chiamare “eterno” Principe dei Cechi, ci invita a seguire sempre e fedelmente Cristo, ci invita ad essere santi. Egli stesso è modello di santità per tutti, specialmente per quanti guidano le sorti delle comunità e dei popoli. Ma ci chiediamo: ai nostri giorni la santità è ancora attuale? O non è piuttosto un tema poco attraente ed importante? Non si cercano oggi più il successo e la gloria degli uomini? Quanto dura, però, e quanto vale il successo terreno?

Il secolo passato – e questa vostra Terra ne è stata testimone – ha visto cadere non pochi potenti, che parevano giunti ad altezze quasi irraggiungibili. All’improvviso si sono ritrovati privi del loro potere. Chi ha negato e continua a negare Dio (cioè la ricerca del vero e del bene) e, di conseguenza, non rispetta l’uomo, sembra avere via facile e conseguire un successo materiale. Ma basta scrostare la superficie per costatare che, in queste persone, c’è tristezza e insoddisfazione. Solo chi conserva nel cuore il santo “timore di Dio” ha fiducia nell’uomo e spende la sua esistenza per costruire un mondo più giusto e fraterno. C’è oggi bisogno di persone che siano “credenti” e “credibili”, pronte a diffondere in ogni ambito della società quei principi e ideali cristiani ai quali si ispira la loro azione. Questa è la santità, vocazione universale di tutti i battezzati, che spinge a compiere il proprio dovere con fedeltà e coraggio, guardando non al proprio interesse egoistico, bensì al bene comune, e cercando in ogni momento la volontà divina. (…)Il loro esempio incoraggia chi si dice cristiano ad essere credibile, cioè coerente con in principi e la fede che professa. Non basta infatti apparire buoni e onesti; occorre esserlo realmente. E buono e onesto è colui che non copre con il suo io la luce di Dio, non mette davanti se stesso, ma lascia trasparire Dio (attraverso il desiderio del vero e la disponibilità al bene).

Questa è la lezione di vita di san Venceslao, che ebbe il coraggio di anteporre il regno dei cieli al fascino del potere terreno. Il suo sguardo non si staccò mai da Gesù Cristo, il quale patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme. Quale docile discepolo del Signore, il giovane sovrano Venceslao si mantenne fedele agli insegnamenti evangelici che gli aveva impartito la santa nonna, la martire Ludmilla. Seguendoli, ancor prima di impegnarsi nel costruire una convivenza pacifica all’interno della Patria e con i Paesi confinanti, si adoperò per propagare la fede cristiana, chiamando sacerdoti e costruendo chiese. Nella prima “narrazione” paleoslava si legge che “soccorreva i ministri di Dio e abbellì anche molte chiese” e che “beneficava i poveri, vestiva gli ignudi, dava da mangiare agli affamati, accoglieva i pellegrini, proprio come vuole il Vangelo. Non tollerava che si facesse ingiustizia alle vedove, amava gli uomini, poveri o ricchi che fossero”. Imparò dal Signore ad essere “misericordioso e pietoso” ed animato da spirito evangelico giunse persino a perdonare il fratello, che aveva attentato alla sua vita. Giustamente, pertanto lo invocate come “Erede” della vostra Nazione, e, in un canto a voi ben noto, gli domandate di non permettere che essa perisca” (Benedetto XVI, Omelia, 28 settembre 2009).

Per la convinzione della chiesa cattolica di tutti i tempi la politica appartiene alla sfera della ragione comune a tutti, la ragione naturale restaurata dalla fede. La politica quindi è un lavoro che implica l’uso della ragione e va governata dalle virtù naturali della prudenza, della temperanza, della giustizia, della fortezza animate dalla ricerca del vero cioè di Dio e dall’amore verso ogni uomo. Il campo della politica è il campo della ragione comune, che deve svolgersi nella reciproca comprensione. La politica non si desume solo dalla fede, ma dal rendere ragione della fede, e la distinzione tra la sfera della politica e la sfera della fede appartiene proprio alla tradizione centrale del cristianesimo: la troviamo nella parola di Cristo “Date all’imperatore quanto è dell’imperatore, a Dio quanto è di Dio”. In questo senso lo Stato è uno Stato laico, nel senso positivo.

Ma quando la ragione non ricerca più la verità e si piega davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo senza possibilità di un’etica la fede può illuminare la ragione, può sanare una ragione ammalata, una coscienza comune oscurata. Non nel senso che questo influsso della fede trasferisca il campo della politica dalla ragione alla fede, ma nel senso che restituisce la ragione a se stessa, aiuta la ragione ad essere se stessa, senza alienarla. Ecco perché anche oggi c’è bisogno di persone che siano “credenti” e “credibili” rendendo ragione come san Venceslao, santi pronti a compiere il proprio dovere con fedeltà, guardando non al proprio interesse egoistico, bensì al bene comune a cominciare dai poveri, e ricercando in ogni momento la volontà divina cioè il vero e il bene.

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